In Brasile il primo decesso a causa del Covid-19 si è registrato il 23 gennaio. Ma solo a metà marzo sono state prese le prime misure di restrizione agli spostamenti, di controllo alle frontiere e di acquisto di dispositivi sanitari e di analisi, perché il governo brasiliano ha tardato molto a prendere le misure necessarie.

A São Paulo, la maggior città del Brasile, il lockdown è partito soltanto il 24 marzo. Il governatore João Dória ha decretato misure restrittive obbligatorie per tutto lo Stato, andando contro le richieste degli imprenditori e contro le raccomandazioni del presidente della Repubblica Bolsonaro. Potevano restare in attività soltanto i servizi essenziali, le persone dovevano restare in casa.

Eletto nel 2018 da una coalizione di destra, Jair Bolsonaro, criticando scienziati e ricercatori, ha fatto partire una campagna negazionista contro la situazione di pandemia che si manifestava ormai in tutto il mondo. Il 10 marzo ha sostenuto che la crisi del Covid-19 era una “fantasia” e che il virus altro non era se non “quello che i media diffondono in tutto il mondo”. Dieci giorni dopo ha dichiarato che il virus era un’“influenzina” e il 24 marzo ha criticato i governatori degli Stati e i sindaci che stavano predisponendo l’isolamento sociale e altre misure restrittive.

Il ministro della Sanità, Luiz Henrique Mandetta, è invece andato in direzione opposta a quella del presidente della Repubblica, incoraggiando gli Stati e i sindaci a promuovere misure d’isolamento e di restrizione, nonché di chiusura delle attività commerciali. Il virus  ha dunque provocato un conflitto tra i governatori degli Stati – appoggiati dal ministro della Sanità – e il presidente della Repubblica, di fatto politicamente isolato.

Nel pieno di questa polemica, i brasiliani hanno aderito con forza all’isolamento sociale. Le università, le scuole e le altre istituzioni formative hanno sospeso tutte le loro attività. Anche le imprese pubbliche e private si sono fermate e le attività commerciali hanno funzionato a orari ridotti.

Il 17 aprile Bolsonaro, al centro di varie polemiche, ha sfiduciato il ministro della Sanità, mentre in un mese si erano registrati oltre 2 mila decessi. Tenendo conto del ritardo del governo federale nel riconoscere la crisi e nel predisporre misure obbligatorie in tutto il Brasile, il quadro generale è molto peggiore di quanto non mostrino i dati ufficiali. Si stima che il numero dei contagiati sia molto superiore ai 33.500 registrati il 17 aprile perché mancano i risultati delle analisi nella maggior parte delle città brasiliane. In alcuni centri si deve attendere anche una settimana per avere i risultati dei tamponi.

In un Paese il cui presidente della Repubblica si oppone alla lotta contro il virus, le singole istituzioni pubbliche hanno preso posizioni opposte ai discorsi e alle azioni del capo dello Stato. Il Parlamento e il potere giudiziario, assumendo anch’essi posizioni critiche, hanno invalidato le misure che potevano impedire l’isolamento sociale. Durante tutta la crisi sanitaria, Jair Bolsonaro ha continuato a partecipare a manifestazioni pubbliche, provocando assembramenti di persone in bar e locali pubblici, andando dunque in direzione opposta rispetto a tutte le raccomandazioni ufficiali. Bolsonaro continua a salutare gente per la strada, a partecipare a manifestazioni spontanee, a riunirsi quotidianamente con i suoi sostenitori.

Il Brasile dispone di un sistema sanitario pubblico e universale (Sus) che è uno dei più grandi al mondo e che cura gratuitamente i brasiliani e gli stranieri residenti nel Paese. I governatori degli Stati, unitamente ai sindaci e alle università, hanno creato ospedali d’emergenza nelle capitali dei singoli Stati e hanno aumentato il numero dei letti e dei ventilatori meccanici. Evitando in questo modo, nonostante lo scarso aiuto del governo federale, una vera e propria tragedia.

Anche le università pubbliche brasiliane hanno partecipato a questo sforzo, aiutando la popolazione con gli ospedali universitari e con la produzione di disinfettante e di presidi igienici per la protezione personale. Le istituzioni pubbliche stanno dunque unendo i loro sforzi per combattere il virus, ignorando le affermazioni del presidente della Repubblica che in questo momento sembra politicamente isolato.

Nei giorni scorsi un gruppo di giuristi ha denunciato Bolsonaro al Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità, “per aver messo a rischio la vita di cittadini brasiliani mediante azioni concrete che favoriscono il contagio e la proliferazione del virus”.

Di fronte a tutte queste polemiche i brasiliani sono divisi. Mentre una gran parte della popolazione ha aderito al confinamento e ha sostituito gli incontri personali e professionali con attività online, una parte minoritaria della popolazione appoggia il presidente e chiede la fine delle misure restrittive e dell’isolamento sociale, nonché il ritorno alle attività quotidiane. In alcune città questo gruppo minoritario ha promosso manifestazioni con colonne di automobili per chiedere il ritorno alle normali attività. Questi manifestanti – appartenenti ai ceti più abbienti – sono arrivati a mettere in discussione le stesse istituzioni democratiche chiedendo la chiusura del Parlamento. Per quanto possa sembrare impossibile, nel 2020 esiste effettivamente in Brasile un gruppo di persone che vuole la fine dei governi democratici.

La stampa brasiliana ha criticato con energia le azioni del presidente della Repubblica e ha affiancato le università, gli Stati, i municipi e gli ospedali nella lotta contro il virus. Alcune reti televisive e alcuni giornali promuovono campagne a favore dell’isolamento sociale e della restrizione negli spostamenti. Nelle città, la fornitura di prodotti alimentari e di altri beni è stata normale. I supermercati e i negozi sono stati in grado di rifornirsi regolarmente, al netto, di qualche carenza di disinfettante e di carta igienica, risolta in pochi giorni.

Nei centri maggiori l’inquinamento si è ridotto a causa del minor numero di automobili in circolazione e, dalle spiagge, si sono viste con maggior frequenza le tartarughe. In Brasile l’autunno inizia il 20 marzo e il 21 giugno inizierà l’inverno: non si sa però se la diminuzione della temperatura potrà avere conseguenze rilevanti per i casi di Coronavirus.

Ancora oggi il numero dei contagi e dei decessi sta aumentando e non è quindi possibile prevedere la dimensione che l’epidemia raggiungerà nella società e nell’economia brasiliana. Quello che si può dire per ora è che le istituzioni brasiliane (nonostante gli interventi negazionisti e incontrollati del presidente della Repubblica) hanno reagito con prudenza e stanno tentando di contenere gli effetti della pandemia.

 

 

:: La pandemia degli altri :: Parigi [Francesca Barca] / Barcellona [Steven Forti] / Bruxelles [Eleonora Medda] / Philadelphia [Massimo Faggioli] / Berlino [Fernando D’Aniello] / Tirana [Stefano Romano] / Amsterdam [Maria Panattoni] / Nur-Sultan [Stefano Raimondi] / Essen [Pasquale Guadagni] / Istanbul [Filippo Cicciù] / Umeå [Simone Scarpa] / Mosca [Loris Marcucci] / Bristol [Iacopo Di Girolamo] / Lugano [Eleonora Failla] / Zagabria [Giovanni Vale] / Lisbona [Simone Tulumello] / Toronto [Nicola Melloni] / Washington DC [Lorenza Pieri] / Leiden [Adriano Martufi] / Melbourne [Chiara De Lazzari] / Buenos Aires [Gioia Greco] / Okinawa [Eugenio Goi] / Maputo [Andreea R. Torre, Alessio Cangiano] / Chapel Hill [Serenella Iovino] / Londra [Elena Besussi] / Oslo [Roberta Cucca] / Rio de Janeiro [Gustavo Siqueira]