Bari è stata colpita relativamente poco dalla crisi sanitaria, come il resto del Centro Sud. Non sembra aver avuto più di tanto problemi per il rientro di tantissimi studenti e lavoratori dal Nord: forse le preoccupazioni erano eccessive, forse la quarantena degli immigrati è stata risolutiva. Chi può dirlo? Complessivamente, la città ha reagito con una grande compostezza alle disposizioni di chiusura; con comportamenti civici che, per quanto probabilmente rafforzati dalla paura, nessuna delle narrazioni correnti sul Sud avrebbe fatto supporre.

L’unico protagonista attivo della vita pubblica è stato il sindaco Antonio De Caro, molto amato e reduce da un trionfo elettorale. Ha condotto una efficace campagna per il rispetto delle regole; anche con strumenti di comunicazione creativi che gli hanno procurato anche momenti di fama mondiale. Complessivamente meno presente il presidente della Regione Emiliano, concentrato sul non sbagliare mosse in vista della prossima difficile scadenza elettorale. È stato protagonista di alcune sparate mediatiche, scomparse rapidamente sotto l’incedere dei fatti: ma complessivamente poco rispetto al fastidioso, deleterio, iper-presenzialismo degli altri presidenti regionali. Ha centrato alcune importanti scelte, come quella del coordinatore dell’emergenza: competente, attento e misurato.

A parte queste voci, Il tratto che contraddistingue Bari è uno straordinario, del tutto inconsueto, silenzio. In cui covano gli interrogativi per il futuro.

Per il lavoro. Bari è città terziaria; paga e pagherà molto la chiusura e la complessa riapertura di esercizi commerciali e uffici, della sua offerta gastronomica, ricreativa, culturale, punto di riferimento di un hinterland vasto e relativamente forte. È città divenuta negli ultimi anni – per la prima volta nella sua storia – un frequentato e vivace polo turistico internazionale, specie grazie al boom dei collegamenti aerei low cost con l’estero. Ha visto svanire in un attimo anni di investimenti e di risultati: nell’intera regione negli ultimi dieci anni l’occupazione era aumentata del 30% negli alberghi e ristoranti e del 20% nei trasporti e nelle comunicazioni. Città del Sud, ha tanto impiego debole: part-time involontari (nella regione: tre quarti di quelli totali) e tempi determinati (nella regione, un quarto dell’occupazione dipendente); e poi tanto lavoro grigio, precario. Che ne sarà? Sono purtroppo molti i motivi per temere una forte crisi occupazionale, e le sue conseguenze tanto sull’economia quanto sulla società. 

Per la coesione. Più che altre città del Sud, Bari dispone di una discreta rete di servizi sociali, che si è immediatamente attivata per raccogliere le richieste di sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Nei primissimi giorni sono entrate in funzione venti linee telefoniche, che hanno raccolto richieste di aiuto di un migliaio di famiglie. Nell’impossibilità di rispondere a tutti, è stato attivato un modulo online. Nei giorni successivi sono arrivate ulteriori ottomila richieste, su 137.0000 famiglie che abitano a Bari. Gli uffici del Comune si sono dedicati a controllarle e a rispondere. Su un primo gruppo, ne è stato escluso almeno un quarto a un primo controllo (doppioni o fuori comune): c’è, inevitabile, incertezza sulle cifre; agli altri si è cominciato a fornire buoni pasto (con un sensibile sconto praticato dalla grande distribuzione organizzata locale) o direttamente kit alimentari, cominciando dalle famiglie assolutamente povere, con un Isee inferiore a 3.000 euro. Si stanno facendo e si faranno controlli più serrati: ma la priorità, necessariamente, va agli interventi.

Il dato che più rileva è che un terzo circa delle richieste proviene da famiglie totalmente sconosciute ai Servizi sociali del Comune: non considerate povere, non beneficiarie di strumenti di Welfare né di reddito di cittadinanza. Sono i “nuovi poveri del coronavirus”? Per loro dovrebbe finalmente scattare quel reddito di emergenza richiesto dal Forum Disuguaglianze e Diversità; dovrebbe essere urgentemente rifinanziato lo stanziamento di risorse per i buoni pasto ai Comuni. Sono, con tutta probabilità, famiglie senza risparmi, rimaste senza reddito con la chiusura e non coperte da nessuno dei pure ampi ombrelli nazionali. Dall’amministrazione comunale segnalano che da questi moduli non emergono solo, o tanto, richieste di aiuto, ma l’ansia di raccontare le proprie storie, di spiegare come all’improvviso sia venuta meno la possibilità di sostenersi, di giustificare con dignità la richiesta di sostegno.

Per i servizi. Ci sono le emergenze della salute territoriale: le famiglie, gli anziani, rimasti senza supporto medico-infermieristico, per le quali il Comune ha coordinato l’intervento domiciliare di medici volontari e di assistenti sociali. E le emergenze dell’istruzione, ancora più insidiose: vi è evidenza episodica che molte scuole si siano prontamente attivate, ma è impossibile sapere quanto i servizi davvero funzionino, e quanti ragazze e ragazzi più deboli si stiano ulteriormente allontanando dalla frequenza e dall’apprendimento, specie nei quartieri più deboli della città. Per mancanza o scarsa qualità dell’offerta, per carenza di connessioni digitali (i dati dell’Istat sui divari sono chiarissimi), per le carenze nei contesti familiari. In questi casi non si tratta solo di contenere l’emergenza (per immediate forniture di tablet il Comune ha stanziato mezzo milione di euro) ma anche di rimettere in piedi e migliorare fondamentali reti di servizi di cittadinanza.

Che cosa succederà quando i baresi ricominceranno ad uscire da casa? Nipotini del popolo di formiche raccontato tanti anni fa da Tommaso Fiore, non brillano per cultura e grande progettualità, ma sono attivi, imprenditivi, grandi lavoratori. È difficile immaginarli piegati. Ce la faranno ad affrontare mesi che potrebbero rivelarsi ancora più difficili di quelli della grande chiusura nelle case? La speranza si nutre anche dei segnali che emergono in questi giorni: l’esplosione della solidarietà, con i consistenti versamenti di denaro, il grande, ininterrotto, flusso di donazioni alimentari, il vero e proprio esercito di volontari che si è andato formando. Della possibilità che il popolo delle formiche si rimetta anche questa volta in moto. Staremo a vedere.

 

 

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