Ci sono molti modi per considerare i cambiamenti culturali e i loro riflessi sulla formazione delle giovani generazioni, pochi fenomeni si prestano tuttavia ad essere considerati anche quantitativamente. La composizione del corpo accademico è uno di questi:
La proposta di Pietro Grasso di abolire le tasse universitarie per tutti produrrebbe effetti fortemente regressivi, rubando ai poveri per dare ai ricchi. Il motivo è semplice. Chi proviene da contesti familiari che presentano difficoltà economiche e sceglie di non proseguire gli studi non lo fa per colpa delle tasse
Ci possono essere molte ragioni per ritenere improvvida la proposta di azzerare le tasse universitarie, ma la critica secondo cui sarebbe regressiva e a favore dei ricchi è un errore.
Perché le tasse della scuola dell’obbligo (materna, media, secondaria) sono sostanzialmente nulle? Perché la nostra legislazione ritiene che il valore dell’istruzione abbia carattere universale, indipendentemente dal vantaggio particolare che ne trae colui che la riceve:
Alla proposta avanzata da Liberi e uguali di totale abolizione delle tasse universitarie conviene dedicare qualche considerazione di merito, indipendente dalle polemiche di stampo prettamente elettorale che subito si sono levate.
La proposta ha diversi meriti. Il primo è quello di porre all’attenzione la questione universitaria in Italia. E proprio l’accavallarsi di commenti, alcuni dei quali davvero bizzarri, mostra quanto sia utile discuterne.
Insegno da ormai più di trent’anni nella scuola pubblica – materie letterarie: italiano, latino, ultimamente anche geo-storia – fra biennio e triennio di un liceo scientifico nella marca trevigiana. Ho accumulato, credo, una discreta esperienza nella relazione didattica con ragazzi nella fascia d’età 14-19 anni alle prese con discipline importanti ai fini formativi; ma forse, talora, un tantino sottovalutate, non sempre e non solo dai ragazzi (perché, si sa, con la cultura, soprattutto umanistica, non si mangia).