Nove anni dopo la grande crisi del 2008, il Trentino-Alto Adige (e in particolare la provincia di Bolzano) è al primo posto fra le regioni italiane in termini di ricchezza prodotta e di reddito pro capite. Nella speciale classifica delle regioni stilata dall’Unione europea, l’Alto Adige risulta al 21o posto in Europa, con un Pil pro capite pari a 40.500 euro (dati 2015, Eurostat, Ufficio statistico Ue), riportando un aumento rispetto all’anno precedente (nel 2014 era 39.500 euro pro capite). La ricchezza prodotta nel 2015 è stata complessivamente di 21 miliardi 488 milioni di euro, con una popolazione di circa mezzo milione di abitanti, che si aggiunge ai 18 miliardi 608 milioni prodotti dal Trentino con altrettanta popolazione.

Come ha rilevato la Camera di Commercio di Bolzano, la redditività delle imprese altoatesine ha superato ormai i valori registrati prima della grande crisi, con prospettive di ulteriore crescita per il futuro.

Un territorio ricco, dunque, proiettato verso l’Europa e il mondo tedesco, dove il tasso di disoccupazione è pari al 6,4% in Trentino e al 3,4% in Alto Adige, rispetto all’11,9% della media italiana. La popolazione attiva raggiunge il 74,3% in Alto Adige e poco meno in Trentino, quando la media europea è del 72,3% (media italiana 64%). L’export a Bolzano supera i 4,4 miliardi di euro, a Trento raggiunge i 3,4 miliardi.

Negli anni della crisi economica, il Trentino-Alto Adige ha potenziato i propri legami produttivi e di scambio commerciale con la Germania e il mondo tedesco. Se nei primi anni Duemila, fino al 2005, Bolzano ha seguito il mercato italiano (a cominciare dal turismo), negli anni successivi ha abbandonato l’arrancante Italia per agganciarsi alla locomotiva tedesca. E questo ha avuto benefici effetti sull’intero sistema dell’economia, e quindi anche della spesa pubblica (in Trentino-Alto Adige vige di fatto la devoluzione fiscale e la spesa è legata al flusso delle entrate finanziarie: se l’economia va bene, crescono, altrimenti si riducono). Ciò è risultato evidente, per esempio, sul fronte del turismo. Negli anni della crisi italiana, sono andati molto bene i comprensori turistici che hanno convertito la loro clientela puntando sul mondo tedesco, o comunque estero, promuovendo specifiche azioni di marketing sui mercati europei più che su quello italiano.

Le risorse dell’Autonomia speciale non bastano a spiegare l’effetto positivo dell’economia del Trentino-Alto Adige, anche perché a Statuto speciale sono pure regioni come la Sardegna e la Sicilia, e quest’ultima ha a disposizione risorse pro capite superiori, ma con altro livello di servizi e altri risultati economici.

L’aspetto interessante degli ultimi 5-8 anni è, infatti, l’aumento della ricchezza complessiva e del reddito prodotto a fronte di un calo vistoso delle risorse pubbliche. Fino al 2009 il rapporto fra le risorse pubbliche disponibili e il gettito fiscale prodotto dal territorio era vantaggioso a favore del Trentino-Alto Adige. In sostanza segnava un indice pari al 107%: ciò significa che l’intero gettito fiscale rimaneva sul territorio (per pagare le scuole, le strade, l’università, tutti i servizi che altrove sono erogati dallo Stato), ma il Trentino-Alto Adige beneficiava pure di ulteriori trasferimenti statali. Oggi, a seguito di accordi con lo Stato nazionale (dal Patto di Roma al Patto di Milano, ai contributi di solidarietà), le risorse sono notevolmente diminuite, scendendo al 70%.

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Questo vuol dire che le due Province autonome hanno dovuto rivedere in maniera radicale la loro spesa pubblica, riducendo di molto le risorse riversate sul territorio che ovviamente muovevano l’intera economia.

Proprio la crisi economica e la drastica riduzione delle risorse pubbliche hanno spinto quindi l’economia regionale e l’imprenditoria a proiettarsi di più sui mercati stranieri, traendo vantaggio dalla lingua tedesca, dalla collocazione geografica, ma anche da una competitività di sistema territoriale favorevole per le imprese e per la qualità della vita (servizi pubblici che funzionano, grado della giustizia, specie civile, tra i più veloci d’Italia, bassa criminalità, forti investimenti nella scuola, nell’università e in genere nella formazione e nel trilinguismo, grande attenzione all’ambiente).

Per tali motivi la crisi, certamente avvertita anche in questi territori, è stata fortemente ridimensionata rispetto al resto del Paese, tanto da portare nel giro di pochi anni a superare i livelli di benessere precedenti al 2008.

A questo si aggiunge un dato particolare, che riguarda la provincia di Bolzano: la stabilità politica. La presenza di un partito «di raccolta», la Volkspartei, che ha superato indenne (o quasi) i contraccolpi del post-muro di Berlino e le trasformazioni politiche avvenute in Italia negli ultimi trent'anni, ha dato governabilità e guida sicura al Land altoatesino, permettendo non solo di accompagnare la crescita economica e imprenditoriale del territorio, ma di guidarla, di indirizzarla, di proiettarla con vigore su orizzonti europei.

Ritenuta a lungo una forma-partito destinata ad esaurirsi in quanto Sammelpartei «di raccolta», e a trasformarsi in un polo dell’alternanza dentro una democrazia compiuta anche per l’Alto Adige all’interno di un’autonomia territoriale e non più etnica, in realtà la Volkspartei, stando ferma su se stessa, si è ritrovata partito post-moderno, in grado di offrire sicurezza e senso di marcia al proprio elettorato dentro la nuova epoca della globalizzazione. Paradossalmente, oggi l’Svp è un riferimento stabile per la popolazione altoatesina, indicando una rotta precisa, una governabilità efficace, una capacità di garantire un certo ricambio della classe dirigente, in grado di realizzare un’agenda popolar-riformista, utile all’espansione economica e alla coesione sociale del territorio. La presenza della Volkspartei è riuscita ad assorbire i movimenti di protesta (anche dell’area tedesca), le formazioni politiche più urlanti e demagogiche, i gruppi di base anti-sistema, le piattaforme sovraniste. Un dato indicativo: l’Alto Adige è stato uno dei pochi territori in Italia in cui ha prevalso con decisione il «sì» al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Dalla popolazione, e soprattutto dalla classe dirigente altoatesina, è stata fatta una valutazione di tipo politico non sulla figura del premier Matteo Renzi e del suo governo, ma sull’utilità o meno che la riforma avrebbe portato al sistema Paese in relazione all’Europa, e al territorio. E per questo ha prevalso l’indirizzo comune per il «sì».

Certo, la preoccupazione per l’andamento del Paese, per le sorti politiche dei prossimi anni, per i rischi di ingovernabilità e di populismo antieuropeo che minacciano il funzionamento del sistema-Italia, è fortemente presente anche in Trentino-Alto Adige. Per certi versi ancor di più che nel resto d’Italia, perché il benessere della popolazione è visibilmente percepito come legato all’ancoraggio europeo, alla moneta unica dell’euro, alla forza del mercato della Ue, alla stabilità politica di un’Unione, che è vista con estrema positività, pur con la zavorra della burocrazia e del centralismo di Bruxelles. L’europarlamentare della regione ha una presenza continua sul territorio per indicare le opportunità che l’Europa offre, per raccogliere istanze su temi sensibili come l’agricoltura di montagna o il traffico di valico, per indirizzare la regione sempre più verso orizzonti europei, ritenuti l’unica prospettiva di sviluppo e di scambio pacifico fra territori differenti, che nei secoli hanno subito in maniera drammatica le divisioni e le ferite nazionaliste.

Un esempio concreto di tale visione «diversa» lo si è visto lo scorso anno di fronte all’ipotesi del governo austriaco di erigere una barriera al Brennero. Subito si è registrata una forte presa di posizione da parte delle due Province autonome, specie Bolzano, su Vienna e sul Land Tirolo, per fermare tale sciagurata prospettiva. Grazie anche all’azione dei vertici istituzionali regionali, fu riallacciato un dialogo fra il ministro dell’Interno italiano e quello austriaco, e si scongiurò di riportare indietro le lancette della storia di settant’anni.

Un altro esempio è il forte investimento politico che l’Alto Adige, insieme allo Stato italiano e a quello austriaco, sta facendo sul tunnel di base del Brennero, la nuova galleria che collegherà il Nord con il Sud Europa, garantendo il transito di 400 treni merci e passeggeri ad alta velocità lungo il corridoio Helsinki-La Valletta. Nella provincia di Bolzano stanno procedendo in maniera rapida i lavori di collegamento e la costruzione di gallerie di accesso, nella convinzione che dall’alta capacità e velocità il territorio può avere enormi vantaggi.

A Bolzano, quindi, si tifa con convinzione Europa. La speranza è che l’Unione europea esca rafforzata dai prossimi mesi, dopo il voto che ha premiato l’europeismo di Macron e in attesa di altri appuntamenti cruciali. Altrimenti saranno guai, non solo per l’economia, ma anche per la pacifica convivenza interetnica, che in questi decenni in Trentino-Alto Adige è stata raggiunta.

 

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