Il 6 aprile 2009, alle 3:32, un sisma di magnitudo 6,3 con epicentro a Colle Miruci, comune dell’Aquila, provoca 309 vittime, oltre 1.500 feriti e circa 70.000 sfollati. Ancora oggi, otto anni dopo, è molto facile trovare sulla stampa un incipit simile sulla città dell’Aquila.

Il terremoto è presente in ogni strada del centro, nei discorsi delle persone, negli articoli dei giornali locali.

In realtà, a più di un anno dal sisma che ha distrutto Amatrice e altri borghi vicini, la terra continua a tremare nell’Appenino centrale, minando la fiducia delle comunità locali impegnate nei processi di ricostruzione. Le tensioni sulla sicurezza degli edifici scolastici logorano la tenuta di un clima sociale già sfibrato da anni di difficoltà.

La ricostruzione del centro storico dell’Aquila e delle altre località colpite dal sisma del 2009 era stata a lungo paralizzata da problemi politici e amministrativi. I ritardi e gli errori della prima fase provocavano frustrazioni e proteste diffuse. Il rischio di ricostruire una città destinata a rimanere vuota appariva molto concreto (si veda F. Erbani, Il disastro. L’Aquila dopo il terremoto: le scelte e le colpe, Laterza, 2010). La svolta è giunta con la restituzione dei poteri alle autorità locali e si deve principalmente a Fabrizio Barca, il quale, come ministro della Coesione territoriale con delega per la ricostruzione dell’Aquila, è riuscito a sciogliere i nodi che bloccavano i processi (i principali dati sull’uso dei finanziamenti pubblici per la ricostruzione sono pubblicati nel portale OpenDataRicostruzione).

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Un punto centrale del nuovo approccio è la destinazione di una quota dei fondi per la ricostruzione al finanziamento di un programma di sviluppo dell’area colpita dal terremoto, affidato a un Tavolo permanente con le istituzioni locali e le organizzazioni sociali, sotto la regia della Regione Abruzzo (cfr. Comitato interministeriale per la programmazione economica, Delibera 49/2016, all. 1).

I primi risultati sono già visibili. L’Aquila è oggi una città viva. Fuori dal centro la ricostruzione è quasi ultimata e anche dentro le mura si scopre un mondo in rinascita. Ogni settimana aprono nuovi locali, soprattutto bar e ristoranti; le serate sono piene di giovani nella movida tra piazza Chiarino e la Fontana Luminosa. Un bando (Fare Centro) per stimolare la nascita o il ritorno delle attività economiche nel centro storico ha avuto un successo superiore alle attese.

Non sono mancati negli ultimi anni programmi strategici volti a immaginare il futuro della città, dopo la ricostruzione fisica. Il più importante è forse quello promosso dall’Ocse con un Rapporto sull’Abruzzo post-terremoto, realizzato da un gruppo internazionale di esperti dopo un’ampia consultazione della comunità locale (Policy Making after Disasters: Helping Regions Become Resilient. The case of Post-earthquake Abruzzo, Oecd Publishing, 2013). La strategia che ne è emersa si basa sull’integrazione di quattro diverse idee di città, adattate al contesto specifico dell’Aquila: 1) città della conoscenza; 2) città intelligente; 3) città della creatività; 4) città aperta e inclusiva.

Il sistema locale di creazione e diffusione delle conoscenze già svolge un ruolo cruciale per la vita economica e sociale della città. I soggetti principali, nel campo dell’alta formazione e della ricerca, sono l’Università dell’Aquila, il Gran Sasso Science Institute (Gssi), scuola di dottorato internazionale nata recentemente proprio per rafforzare tale sistema, e i Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare.

Fin dagli anni Settanta l’Università dell’Aquila ha collaborato con le imprese del territorio, e in particolare con quel «polo elettronico» le cui alterne vicende hanno segnato fortemente la vita della città. Malgrado il ridimensionamento subito dagli anni Ottanta, il comparto dell’Ict-aerospazio è ancora importante nel territorio e rappresenta quindi un punto di partenza naturale per le strategie di sviluppo locale. Negli ultimi anni sono stati inaugurati i nuovi stabilimenti di Thales Alenia Space (telecomunicazioni satellitari) e di Leonardo (avionica). La società cinese Zte ha annunciato l’apertura di un centro di ricerche nel settore telefonico. L’Aquila è stata inserita nella rosa di cinque città in cui partirà la sperimentazione della piattaforma di telecomunicazioni 5G, in collegamento con i progetti dell’Ateneo per una rete ottica sperimentale e altre infrastrutture e servizi di comunicazione per la città. Resta forte la collaborazione con il grande stabilimento di Avezzano della L-Foundry (componentistica elettronica), recentemente acquisito dal gruppo cinese Smic.

Progetti importanti, in cui è impegnata l’Università dell’Aquila, coinvolgono anche altri settori. Nel campo dei sistemi di trasporto intelligenti verranno presto avviate attività di ricerca sui veicoli connessi, condotte dai gruppi Fca e Ansaldo, in collaborazione con le imprese dell’automotive abruzzese. I Laboratori del Gran Sasso ospiteranno un grande progetto internazionale sulla materia oscura, con importanti applicazioni industriali. Attività rilevanti si svolgono anche nel polo di innovazione Capitank, a cui partecipano le maggiori imprese farmaceutiche presenti in Abruzzo e le tre università regionali.

Emerge dunque il quadro di una «città della conoscenza» in fase di sviluppo, con una rete fitta di rapporti tra i centri di ricerca e formazione e le maggiori imprese ad alta intensità tecnologica. Intanto procede il tentativo di usare le opportunità della ricostruzione per introdurre innovazioni nelle tecniche di edilizia e restauro, nelle infrastrutture di pubblica utilità e nei servizi che definiscono il paradigma di una «città intelligente». Anche la vita culturale, malgrado le difficoltà create dai ritardi nella ricostruzione del centro storico, riprende gradualmente vivacità, dando credibilità all’ambizione di fare dell’Aquila una «città della creatività», in cui le istituzioni accademiche collaborino con le associazioni culturali per suscitare o attrarre energie imprenditoriali.

Delle quattro idee-guida del Rapporto Ocse, la più rilevante – e la più vulnerabile – è quella della «città aperta e inclusiva». Negli ultimi anni non sono mancati i tentativi dei cittadini di partecipare ai processi decisionali sulla ricostruzione e sulla ripresa dell’area colpita dal terremoto. Le istituzioni locali hanno espresso l’intenzione di tenerne conto, sperimentando metodi diversi di coinvolgimento. Il Festival della Partecipazione, che L’Aquila ospita dal 2016, è un’importante occasione di dibattito nazionale sulle forme e sui contenuti dell’impegno politico dei cittadini. Tuttavia, non si può dire che sia emerso in città un meccanismo istituzionale di partecipazione civica, paragonabile a quelli nati in altre realtà colpite da disastri naturali. Nel frattempo i problemi e i ritardi di una ricostruzione difficile hanno fatto diffondere sentimenti di frustrazione e sfiducia.

Il cambiamento di clima è emerso clamorosamente nei risultati delle ultime elezioni amministrative. All’Aquila come altrove un centrosinistra ormai privo di una chiara identità culturale e politica ha consegnato alla destra le chiavi della città. È ancora presto per valutare l’operato della nuova amministrazione. In campagna elettorale le forze politiche che la sostengono hanno evidentemente saputo ascoltare meglio di altre le esigenze e le paure di molti cittadini. Tuttavia, hanno proposto ricette semplicistiche («gli aquilani prima di tutto», «all’Aquila è giusto che lavorino le imprese aquilane»), basate sull’idea che le cause principali dei problemi siano esterne al sistema locale. Il programma del nuovo sindaco è intitolato Agenda per una città accogliente, ma non dedica una sola parola agli immigrati e alle centinaia di operai stranieri «invisibili», che lavorano nei cantieri della ricostruzione.

La storia dell’Aquila è invece un caso esemplare della relazione positiva tra apertura esterna e progresso economico e sociale. Già nella sua fondazione questa «città-territorio» rappresentò un fenomeno straordinario di integrazione tra le diverse comunità locali che abitavano nei castelli del circondario. Le sue fortune, nel Trecento e nel Quattrocento, furono costruite da un ceto mercantile spesso proveniente da altri territori, capace di connettere le produzioni locali della lana e del prezioso zafferano ai mercati esterni, da Firenze a Napoli e anche più lontano, dopo che il re Roberto d’Angiò ebbe concesso l’esenzione dai dazi doganali su importazioni ed esportazioni. Dall’esterno veniva anche Adamo di Rotwill, che alla fine del Quattrocento portò all’Aquila la grande innovazione dell’arte della stampa. Alla lenta e difficile ripresa dal catastrofico terremoto del 1703 contribuirono in misura significativa «forestieri» attratti dall’economia della ricostruzione, e in particolare maestranze lombarde (cfr., tra gli altri, A. Clementi e E. Piroddi, Le città nella storia d’Italia. L’Aquila, Laterza, 1986 e G. Sabatini, Proprietà e proprietari a L'Aquila e nel contado tra XVI e XVII secolo. Le rilevazioni catastali in età spagnola, Esi, 1995, pp. 27-37).

Anche oggi i protagonisti principali della nuova «città della conoscenza» hanno un grado elevato di integrazione internazionale. Questo vale naturalmente per i principali centri di ricerca, ma è vero anche per le maggiori imprese del territorio, che sono in gran parte partecipate da multinazionali estere, e per diversi soggetti che hanno manifestato interesse a investire nella città. Vale inoltre per le famiglie di immigrati che, anche all’Aquila, stanno contribuendo a frenare il declino demografico e a ravvivare la qualità della vita sociale.

Compito della politica non è dunque quello di rinchiudere il sistema locale in un recinto identitario, che non corrisponde né alla storia, né agli interessi dei suoi abitanti. Quando la ricostruzione sarà finita, la città della conoscenza, intelligente, creativa e inclusiva che potrà emergerne sarà necessariamente una città aperta, capace di attrarre e integrare immigrati, studenti, turisti e capitali esteri, valorizzando in questo modo il suo straordinario patrimonio di arte, cultura e lavoro.

 

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