Per ogni pensionamento per Quota 100 ci sarà un nuovo posto di lavoro per i nostri giovani! Così hanno tuonato le grancasse governative per far digerire anche ai non beneficiati una misura che uccide il futuro di un Paese e penalizza proprio i giovani, che dovranno pagare i prepensionamenti dei loro padri (v. C. Mazzaferro, Chi pagherà le pensioni dei giovani di oggi?, “il Mulino”, n. 3/2019). Che nel settore privato questa fosse una palese bufala lo sapevamo; speravamo, però, che almeno potesse essere mantenuta la promessa per lo meno per il settore che dipende direttamente dal governo, quello pubblico. In particolare la scuola, dove il numero di dipendenti è significativo e il precariato penalizza non solo i precari stessi ma soprattutto gli studenti. Invece niente.

Dei 25.000 docenti che andranno in pensione anticipata per Quota 100, almeno metà non sarà sostituito da docenti di ruolo. A questi si sommeranno quelli che non saranno sostituiti perché le graduatorie sono esaurite e manca personale (anche precario) che può insegnare quelle materie. Corrado Zunino ha stimato che delle quasi 60.000 assunzioni autorizzate metà non saranno coperte per assenza di candidati (C. Zunino, Scuola, 40 mila in pensione e non saranno sostituiti. A settembre i supplenti saranno 170 mila, “la Repubblica”, 16.7.2019). In particolare per alcune materie scientifiche (per esempio matematica), per il sostegno, e in alcune aree geografiche (concentrate nel Nord del Paese). Il totale sarà di almeno 41.000 posti che avrebbero dovuto coprire con personale assunto a tempo indeterminato e invece rischia di essere oggetto della indecorosa giostra di supplenti. Chi non ha figli a scuola non può saperlo, ma su un solo posto capita di avere il supplente del supplente del supplente del titolare (che non c’è): tre stipendi per un posto!

Sul precariato un solo dato per dare l’idea di come basti poco per disfare ciò che si è faticosamente costruito: quando nella scorsa legislatura si insediò il governo Renzi, circa il 20% delle cattedre era coperto da supplenti; cinque anni dopo questa percentuale era dimezzata. Lo scorso anno, primo della nuova “gestione”, siamo risaliti al 15% e il prossimo andrà probabilmente peggio, tornando secondo alcune stime ai livelli pre-Renzi. Cinque anni di lavoro per riportare il precariato a livelli fisiologici, un anno di governo del cambiamento e torna a livelli patologici.

I governi di centrosinistra della scorsa legislatura avevano iniziato a disinnescare questo meccanismo perverso, regolarizzando la cadenza dei concorsi (da 1 ogni 10 anni a 1 ogni 2 anni), assumendo molti precari, ma soprattutto imponendo una rigida programmazione della formazione e delle assunzioni dei nuovi docenti. Quelle cattedre sarebbero state coperte da docenti formati e stabili, invece saranno coperte da precari se va bene annuali, oppure con le cosiddette «supplenze brevi» per docenti quasi mai abilitati. Con la riforma Renzi-Gentiloni (o più precisamente Giannini-Fedeli), i primi docenti appositamente formati sarebbero entrati a scuola per l’anno di tirocinio (coprendo la cattedra per tutto l’anno) proprio a settembre 2019; dal 2020 avrebbero cominciato ad insegnare anche i giovani neolaureati (abbassando così anche l’età media del corpo docente, esigenza fondamentale di cui si parla troppo poco). Ma soprattutto sarebbe partito un meccanismo che per sua caratteristica intrinseca avrebbe raggiunto un duplice scopo: coprire automaticamente tutti i posti vacanti con personale di ruolo e impedire la formazione di nuovo precariato.

Bussetti ha irresponsabilmente bloccato tutto per l’ossessione di cancellare la famigerata “Buona scuola”, ma creando nei fatti le condizioni per una maxi sanatoria (anzi due) e per giustificare l’abolizione di qualsiasi forma di preparazione specifica per i futuri docenti. Basterà la laurea: per fare prima, si dirà (come si è detto per i presidi quando, sempre Bussetti, ha abolito il corso e il tirocinio sul campo). Abbassano la qualità della selezione e della formazione dei docenti, salvo poi dirsi preoccupati per gli esiti delle prove Invalsi… A subire le conseguenze di queste scelte scellerate saranno la qualità della scuola e gli studenti. E anche i precari e i giovani, che entreranno in ruolo con uno, due se non tre anni di ritardo rispetto a quanto prevedeva il precedente governo; che dovranno pagare per fare “percorsi speciali” anziché essere pagati come previsto dalle norme previste dai governi di centrosinistra.

L’attuale esecutivo sembra disprezzare i giovani tre volte: li lascia precari, non dà loro professori stabili e formati adeguatamente per una scuola di qualità, ma soprattutto li beffa, lasciando a loro il conto da pagare per il banchetto al quale altri si sazieranno.