Adriana Zarri ha saputo conciliare una profonda tensione spirituale con la partecipazione appassionata al rinnovamento cattolico e alle grandi battaglie sociali della seconda metà del Novecento. Questo libro di Mariangela Maraviglia ne ricostruisce per la prima volta la biografia, dall’infanzia in provincia di Bologna alla giovinezza nella Compagnia di San Paolo, alla maturazione di una scelta eremitica nella campagna piemontese. Ne ripropone la ricerca religiosa ispiratrice di una originale teologia mistica e trinitaria, la partecipazione con voce propria e distinta alle stagioni riformatrici prima e dopo il Concilio Vaticano II, la pratica di un monachesimo autonomo dalle strutture ecclesiastiche. 

Leggevo Adriana Zarri su «Rocca» negli anni Settanta, affascinata dalle sue Lettere dall’eremo, la seguivo attraverso i suoi libri. Vi scoprivo il suo cristianesimo radicale, che realizzava con originalità il forte spirito del Concilio Vaticano II; apprezzavo il suo prendere parola, il suo riuscire, prima donna laica, a farsi ascoltare nella Chiesa italiana restia a riconoscere dignità e valore alla voce dei laici e delle donne. Mi intrigava quel suo essere teologa ed eremita, due attributi suggestivi che esprimevano il preciso significato di aver fatto della ricerca di Dio il cuore della propria vita, per lei centro intellettuale e scommessa esistenziale su cui tutto si giocava.

[...] a confermare la singolarità dell’esperienza di Adriana Zarri, c’era quel suo essere maestra di preghiera e firma combattiva del quotidiano «il manifesto», saper unire il primato della contemplazione ai pungenti interventi sull’attualità nella trasmissione televisiva Samarcanda. Immersa pienamente nelle questioni del tempo pur esprimendo con la vita quanto affermava il teologo Karl Rahner, da lei amato e seguito, in uno dei suoi detti più noti: il cristianesimo del futuro o sarà mistico o non sarà. [...] Agli inizi del nuovo millennio la sua vicenda si configurava oltretutto come precorritrice di esperienze religiose ed ecclesiali che erano nate e avevano acquisito realtà e consistenza nel secolo della «morte» e del «ritorno» di Dio. Adriana, come diceva un po’ ironicamente di sé, era infatti in Italia il «capo storico» di una valorosa schiera di teologhe che si è andata affermando sulla scena delle Chiese cristiane, ed era forse la prima donna – di sicuro la prima conosciuta – che aveva scelto l’eremitismo, la vita solitaria scomparsa da secoli e rinata nel nostro paese a partire dai tardi anni Sessanta.

[...] Sulla scorta di scritti e testimoni si può riassaporare l’atmosfera dei suoi eremi rigogliosi di creature vegetali e animali, reinterpretazioni del giardino dell’Eden, spazi di respiro spirituale per credenti e non credenti, come Rossana Rossanda che molto ne condivise «la quiete densa e pacificante». E insieme a Rossanda incontrare le amicizie conosciute che arricchirono la vita  di Adriana: il vescovo Luigi Bettazzi, padre Benedetto Calati, il biblista Paolo De Benedetti, il teologo Giannino Piana, il politico Pietro Ingrao; scoprirne di inedite: il domenicano francese Marie-Dominique Chenu, i vescovi Alberto Ablondi e Raffaele Nogaro, il giornalista Sergio Zavoli, il teologo Piero Coda, il giudice Gian Carlo Caselli; sorprendersi per la rivelazione di lettori insospettati come lo scrittore Pier Vittorio Tondelli.

L’analisi delle opere di Adriana Zarri ha restituito la sua spiccata e sentita vocazione letteraria, tradotta in «narrazione teologica» che si è fatta romanzo o saggio o meditazione di teologia mistica e trinitaria. Sono lavori tutti avvertiti come imprescindibili necessità di vita, in una «identificazione di scrittura ed esperienza» che rimanda a tanta produzione letteraria e filosofica novecentesca – Cristina Campo, Simone Weil per prime – per altri versi lontanissima da lei.

Scrittura, pensiero, preghiera, inestricabilmente uniti, erano da lei risolti nella vita, fatti «semplicemente» vita. Scriveva nel 1981 concludendo il resoconto dei suoi anni al Molinasso:

«Se ora volessi chiudere con un congedo edificante vi potrei dire: “Ricordatevi che, in una cascina, in mezzo alla campagna, c’è un’eremita che prega”. Ma mi parrebbe estremamente pletorico. Sento il bisogno di semplificare, di ridurre all’essenza: spoglio, nudo, un osso. Lasciamo cadere l’eremitismo, il monachesimo, la cascina, la campagna, perfino la preghiera. Preferisco dire che vivo: mi sembra più semplice e più ricco perché la vita comprende la preghiera, e forse la preghiera comprende la vita ed è la vita stessa. E non è necessario ricordarmi; ma, se mai, i termini sono questi: “In una casa c’è una persona che vive”».

 

Semplicemente una che vive. Vita e opere di Adriana Zarri sarà disponibile a partire dal 15 ottobre. Mariangela Maraviglia, dottore di ricerca in Scienze religiose, si è occupata di personalità del cristianesimo contemporaneo impegnate in ambito sociale e nel dialogo ecumenico. È autrice, tra l’altro, di David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza (1916-1992) (Morcelliana, 2016); Don Primo Mazzolari. Con Dio e con il mondo (Qiqajon, 2010); e curatrice di Sorella Maria di Campello, Primo Mazzolari, L’ineffabile fraternità. Carteggio (1925-1959) (Qiqajon, 2007).