Insieme alla Slovenia e alla Provincia autonoma della Vojvodina, la Croazia costituiva la parte “ricca” della Jugoslavia prima della sua dissoluzione. A partire dall’indipendenza e fino al 1995, l’economia croata ha tuttavia subito i contraccolpi della guerra e poi quelli di una problematica transizione verso un’economia di mercato, oltre a shock di origine esogena.

Oggi, con un Pil per abitante sopra i 26.000 dollari, la Croazia si può considerare un Paese a reddito alto, con un’economia dominata dal settore dei servizi (contribuisce per oltre il 70% del valore aggiunto), entro il quale spicca il contributo dell’industria dell’ospitalità (stimato attorno al 15% del totale del valore aggiunto, attività indirette e indotte non comprese). Tuttavia, l’economia croata presenta marcate differenze territoriali, con redditi per abitante più alti nell’area attorno alla capitale, più bassi in Dalmazia e molto bassi nella pianura della Slavonia.

Negli ultimi due decenni, in Croazia si è investito molto sulle infrastrutture fisiche, che hanno conosciuto un processo di forte modernizzazione, con la costruzione di una rete autostradale per unificare il Paese e i primi passi verso l’alta velocità ferroviaria.

Una peculiarità del territorio croato sta nel fatto che una contea, la raguseo-narentana, non si trova in continuità territoriale con il resto del Paese. Si tratta dell’estremo lembo sudorientale costiero, il cui capoluogo è Ragusa/Dubrovnik

Il territorio croato ha infatti un notevole sviluppo Ovest-Est nel Nord del Paese, Nord-Sud nella sezione occidentale e Nord-Ovest/Sud-Est lungo la costa. Abbraccia così da Nord, da Ovest e da Sud il territorio della Bosnia ed Erzegovina. Ma una peculiarità di questo territorio sta nel fatto che una contea, la raguseo-narentana – Dubrovačko-neretvanska županija –, di tutt’altro che trascurabili dimensioni (1782 chilometri quadrati, abitata da quasi 123.000 persone), non si trova in continuità territoriale con il resto del Paese. Si tratta dell’estremo lembo sudorientale costiero, il cui capoluogo è Ragusa/Dubrovnik. La contea corrisponde largamente al territorio di quella che fino ai primi dell’Ottocento fu la Repubblica marinara di Ragusa, principale rivale di Venezia in Adriatico. Oggi la regione raguseo-narentana è invece una meta turistica molto frequentata in estate da visitatori provenienti dai Paesi dell’Europa centrorientale, per cui le code di automobili alle frontiere possono comportare attese anche di ore, particolarmente nei giorni di punta. La discontinuità con il resto del Paese è un problema annoso che andava affrontato, e che ora la costruzione del ponte di Sabbioncello ha risolto.

Vediamo però da vicino come stanno o per meglio dire “stavano” le cose fino a luglio di quest’anno, prima dell'inaugurazione del ponte, immaginando di metterci in viaggio da Ragusa/Dubrovnik verso Spalato per esempio, per poi proseguire magari verso Zagabria o continuando a seguire la costa verso Zara e verso il Quarnaro e l’Istria.

Lasciando la contea per proseguire in quella direzione (Nord-Ovest), bisogna attraversare una frontiera. È quella che divide la Dalmazia meridionale dalla Bosnia ed Erzegovina. Ed eccoci a un primo controllo, che è ovviamente doppio: in uscita dalla Croazia e in entrata in Bosnia ed Erzegovina (anche se con il futuro ingresso della Croazia nello spazio Schengen, ci si attende che i controlli saranno ancora più rigorosi). Si entra dunque in Bih – acronimo di Bosnia ed Erzegovina – e si prosegue per una decina di chilometri nello stesso Paese, passando per la cittadina di Neum. Stiamo attraversando un corridoio territoriale che costituisce l’affaccio in Adriatico della Bih. Solo pochi chilometri dunque e siamo nuovamente davanti a una frontiera, con i relativi doppi controlli. Si tratta della frontiera fra la Bih che lasciamo e la Croazia in cui nuovamente entriamo. Viaggiando lungo la costa in direzione Nord-Ovest osserviamo a sinistra la sagoma della penisola di Sabbioncello (Pelješac), parallela alla costa. La penisola è territorio croato, senza soluzioni di continuità, e a Sud-Est si lega al continente proprio non lontano da Ragusa. La penisola è la chiave per la risoluzione dei problemi di discontinuità territoriale che hanno isolato la contea raguseo-narentana dal resto del Paese: un ponte che attraversi lo stretto golfo che la separa dal continente aggirerebbe dunque il corridoio bosniaco-erzegovese collegando direttamente l’exclave croata con il resto del territorio nazionale.

La necessità della costruzione di un ponte fra la penisola di Sabbioncello e il continente risale agli anni Novanta, quando l’implosione della Jugoslavia e la costituzione di repubbliche indipendenti diede vita a frontiere interne

La necessità della costruzione di un ponte fra la penisola di Sabbioncello e il continente risale agli anni Novanta, quando l’implosione della Jugoslavia e la costituzione di repubbliche indipendenti diede vita a frontiere interne, fra le quali, per l’appunto, quella costiera fra la Croazia e il corridoio verso il mare della Bih. L’idea si trasformò in progetto nel 2007, su impulso delle autorità croate. Fu però abbandonata alcuni anni dopo, perché i fondi previsti si rivelarono insufficienti per la sua realizzazione. A questo punto conviene ricordare che il commercio marittimo della Bih si svolgeva (e continua a svolgersi) principalmente attraverso il porto di Ploče (porto Tolero in italiano), situato in territorio croato e non bosniaco-erzegovese. Questa condizione rende la Bih dipendente dalla Croazia per quello che riguarda il commercio internazionale marittimo, situazione che la spinge a cercare un’alternativa “domestica”, e cioè il potenziamento del piccolo porto di Neum, sola facciata marittima del Paese. Per raggiungere Neum dal mare aperto, le navi devono comunque attraversare il golfo che separa la penisola di Sabbioncello dal continente, e di conseguenza il ponte deve essere realizzato secondo specifiche che non ne ostacolino il passaggio. Di qui una prolungata ostilità della Bih nei confronti della realizzazione del progetto croato, ostilità che si veniva a sommare con le difficoltà di finanziamento dell’opera.

In questa vicenda, un punto di svolta è rappresentato da una decisione della Commissione europea risalente al giugno 2017, che riconosceva il carattere di interesse transeuropeo della realizzazione del ponte, sia come segmento dell’autostrada adriatico-orientale, A1 “dalmatina” per i croati, corrispondente alla E65 definita dalla Unece (Commissione per l’Europa delle Nazioni unite), sia come tronco finale del Corridoio V/c (Budapest-Adriatico). La decisione assicurava un finanziamento della realizzazione pari a 357 milioni di euro, equivalente all’85% del costo totale.

Ad assicurarsi i lavori di costruzione del ponte fu la China Road and Bridge Corporation, mentre alcuni lavori (collegamenti ancillari) furono in capo alla Strabag, compagnia austriaca leader nelle costruzioni stradali in tutta l’Europa orientale.

Il ponte è stato aperto al traffico nel luglio del 2022, data diventata di importanza storica sia per la Croazia (con la fine della sua discontinuità territoriale) sia per l’Unione europea, in vista della saldatura autostradale fra Europa centrale da un lato e Montenegro, Albania e Grecia dall’altro, e dello sviluppo di collegamenti Ro-Ro veloci con i porti della sponda occidentale dell’Adriatico, soprattutto quelli dell’Italia del Sud. L’Europa si apre, e anche la Dalmazia centromeridionale diventa crocevia di nuovi traffici di merci, persone e idee.