Il Piano Marshall è nuovamente di moda: esperti e leader politici lo hanno invocato pensando all’Ucraina, da ultimo il cancelliere tedesco Olaf Scholz. C’è chi immagina che il Piano fosse una semplice ma massiccia iniezione di liquidità finanziaria, oppure il primo di quei progetti di aiuto allo sviluppo che si sarebbero visti negli anni successivi alla Guerra fredda. Diffusissima è la convinzione – del tutto priva di fondamento – che il Piano non fosse altro che un aiuto federale a quelle grandi corporazioni americane che volevano recuperare i loro mercati europei dell’ante-guerra. L’European Recovery Program (Erp) rappresentò invece il risultato più elaborato di una lunghissima riflessione da parte della classe dirigente americana sui mali del mondo europeo, all’origine di due guerre mondiali e di tre totalitarismi. Come estirparli una volta per sempre, prima che l’estremismo politico – cioè il comunismo di massa – travolgesse di nuovo le fragili democrazie europee – più o meno liberali, più o meno capitaliste – uscite dalla Seconda guerra mondiale?

Il Piano Marshall fu il risultato di una lunga riflessione da parte della classe dirigente americana sui mali del mondo europeo, all’origine di due guerre mondiali e di tre totalitarismi

Il Piano Marshall venne da lontano. Il ragionamento politico-economico che stava alla sua base aveva radici nate ben prima delle emergenze contingenti del 1947. «La fame non crea movimenti per rinnovare le società», disse Woodrow Wilson al Congresso nel discorso con il quale annunciò l’Armistizio del 1918. «[La fame] crea follie e tutte le forme di rivolta che rendono impossibile il ritorno alla normalità della vita ordinata. La Russia così infelice di oggi ci fornisce la prova definitiva di questa connessione». Per Wilson la conclusione era chiara: «Quelle nazioni che hanno imparato la disciplina della libertà» dovrebbero assumere la leadership della comunità internazionale, «dimostrando la forza del loro esempio attraverso gesti di amicizia e di sostegno».

Successivamente, testimoni dell’ascesa del fascismo in Italia e del nazismo in Germania, gli elementi più internazionalisti della classe dirigente americana abbracciarono la lezione di Wilson identificandola e sviluppandola come la chiave per capire perché tutti i mali europei siano poi sfociati nella guerra di Hitler. Nelle loro analisi le questioni economiche assumevano un ruolo centrale. Da una parte si vedevano le vecchie classi dirigenti europee corrotte, guerrafondaie, imperialiste, sfruttatrici delle masse; dall’altra le masse stesse, protagoniste – grazie soprattutto a Hollywood – di una rivoluzione delle aspettative senza precedenti, cioè un’aspirazione generale a standard materiali di vita migliori, che ricordavano almeno in parte quelli realizzati negli anni più brillanti dell’America contemporanea. In questa visione – che ignorava del tutto ciò che gli europei pensavano – il New Deal degli anni Trenta offrì il punto partenza per il necessario piano di salvezza e sviluppo europeo. Ma furono necessarie le pressioni della Guerra fredda per trasformare queste convinzioni in una serie di obiettivi specifici per la ripresa del continente.

Il successo dell'Erp. All’inizio l’Erp doveva semplicemente supplire alla carenza di dollari sofferta da tutti gli europei in un momento in cui solo l’America aveva potuto fornire i materiali di base necessari prima per la sopravvivenza economica, poi per la ricostruzione. Ma più l’Erp si avventurò nelle rovine economiche lasciate dalla guerra, più si diffondeva la convinzione presso i suoi tecnici che solo un massiccio sforzo di modernizzazione economica, sociale e mentale avrebbe potuto mettere l’Europa in grado di raggiungere l’autosufficienza monetaria, vendendo i suoi prodotti in America, e più a lungo termine di venire incontro alle esigenze della rivoluzione delle aspettative espressa – secondo loro – dalle masse.

Oggi possiamo vedere come, andando avanti, la dimensione cognitiva di questo intervento americano diventò altrettanto significativa di quella materiale, e l’adattamento alle necessità della democrazia economica in stile americano avrebbe dovuto diffondersi nelle menti degli individui a tutti i livelli della società, e non solo nella fabbriche, nelle fattorie, nei mercati e nei dipartimenti governativi.

«La prosperità rafforza la democrazia»*: convincere gli europei delle possibilità della produzione di massa per il consumo di massa. Il progetto dell’Erp fu accompagnato dalla più grande operazione internazionale di propaganda e di informazione mai vista in tempo di pace, né prima né dopo. Tutti i possibili mass-media furono mobilitati – il cinema, la radio, le mostre, le conferenze – per raggiungere ogni fabbrica e scuola, ogni ufficio e casa, ogni livello di società, sempre con lo scopo di spiegare agli europei i due presunti segreti della prosperità americana che loro avrebbero potuto emulare: la produttività e il mercato di scala continentale. È dal primo di questi che abbiamo ereditato la nostra ossessione quotidiana per il Pil, il Pil pro capite e la crescita economica. Dal secondo abbiamo assorbito la lezione nella forma dell’integrazione economica europea: l’Erp è il vero padre fondatore dell'Unione europea.

Le implicazioni per l’oggi. Questo sforzo di persuasione e dimostrazione della bontà del sistema americano ha incontrato ostacoli e obiezioni ovunque. I complessi meccanismi finanziari del Piano furono difficili da far comprendere, e i partiti comunisti non erano gli unici a esprimere dubbi sulle motivazioni che stavano dietro a tutta questa apparente generosità americana.

Oggi l’Unione europea corrisponde per molti versi – soprattutto nella versione Pnrr – alla vecchia visione Erp di un sistema di gestione economica transnazionale e tecnocratica orientato verso la promozione della crescita, basato soprattutto su una rivoluzione permanente nella produttività dei sistemi economici. Ma a differenza di quelli che furono dietro all’Erp, oggi i burocrati di Bruxelles – che hanno fatto molto di più per modernizzare le economie dell’Europea dell’Est di quanto non venne fatto per l’Europa dell’Ovest nei brevi anni del Piano Marshall – si sono dimostrati totalmente incapaci di pubblicizzare i risultati dei loro sforzi. Chi si ricorda la Conferenza sul Futuro dell’Europa, chiusa a maggio, ad esempio?

È inutile insistere sul rapporto tra prosperità e democrazia se la prosperità dipende da meccanismi di mercato sempre più globali e sempre meno controllabili democraticamente

È inutile insistere sul rapporto tra prosperità e democrazia se la prosperità dipende da meccanismi di mercato sempre più globali e sempre meno controllabili democraticamente. L’integrazione europea ha in effetti portato una prosperità materiale senza precedenti a molti Paesi dell’Europa un tempo marginali, dall’Irlanda alla Slovacchia. Ma il caso della Polonia e dell’Ungheria, e altri ancora, sono lì a dimostrare che non esiste alcun automatismo tra il «progresso» economico e quello democratico. Se la classe di governo a Kiev rimane quella che ha provocato la rivolta del Maidan del 2014, come viene rappresentata dalla serie tv Servant of the People (Servitore del popolo, in onda anche in Italia), diretta e interpretata da Volodimir Zelensky, è inutile illudersi: nessun piano tecnocratico, non importa quanto ben pubblicizzato, basterà per sollevare le sorti del popolo ucraino dopo la guerra.

 

* Possiedo una piccola targa metallica con questo slogan, proveniente da un carro merci che portava i materiali del Piano Marshall in giro per l’Emilia. Mi è stata regalata anni fa da una studentessa bolognese che aveva un padre ferroviere. Mi è molto cara.