«Diritto alla città», «10 mila case in affitto calmierato»: così recitavano, nel luglio lisbonese, gli slogan elettorali delle sinistre, la Cdu, coalizione che unisce il Partito comunista (Partido Comunista Português) e il Partito ecologista (Partido Ecologista «Os Verdes»), e il Blocco di sinistra (Bloco de Esquerda). Da lì a due mesi, il 26 saettembre, il Portogallo sarebbe andato alle urne per eleggere le amministrazioni locali (giunte e consigli comunali, e consigli di circoscrizione). Già allora era evidente che la casa sarebbe stata al centro della campagna elettorale, a Lisbona e un po' ovunque nel Paese.

A capire il perché può aiutarci un semplice grafico che, pur nella sua incompletezza, ha ottenuto parecchia visibilità nelle scorse settimane (ad esempio, qui). La rapida crescita economica portoghese degli anni tra 2015 e 2019 ha avuto una natura profondamente asimmetrica. Mentre i salari stagnavano, i prezzi della casa sono letteralmente esplosi, una tendenza rimasta praticamente uguale durante la pandemia. Tra le conseguenze, particolarmente evidenti a Lisbona, la gentrificazione e l’espulsione di residenti dalle aree urbane centrali, flussi recentemente «certificati» dai primi risultati del Censimento 2021 (si veda, su Lisbona, qui, qui e qui).

[Elaborazione dell’autore su dati Idealista e PORDATA]

 

Insomma, come già era evidente nel 2019, la maggiore sfida per il ciclo politico «post-austeritario» iniziato nel 2016 con il governo del Partito socialista (Partido Socialista, catch-all di centrosinistra), sostenuto da una coalizione tra quest’ultimo e i partiti di sinistra, stava nelle contraddizioni di un modello di sviluppo eccessivamente centrato su turismo, immobiliare e «flussi esterni» (quelli materiali, come il turismo, e quelli immateriali, come la finanziarizzazione del mattone).

Due anni dopo, che cosa ci dicono di quella sfida i risultati delle elezioni del 26 settembre? A livello nazionale, senza grandi sorprese, raccontano un aggiustamento rispetto alle elezioni locali del 2017, coincise con il periodo di maggiore approvazione del governo socialista e della maggioranza di sinistra. Il Partito socialista rimane il primo partito, stabile nella percentuale aggregata (intorno al 35%) e una piccola caduta nel numero di sindaci eletti. Anche i partiti di sinistra – e soprattutto la coalizione tra comunisti e verdi, storicamente forte a livello locale – hanno sofferto perdite leggere (attestandosi appena sotto il 15%). Le destre storiche, il Partito socialdemocratico (Partido Social Democrata) e il Centro democratico sociale (Centro Democrático e Social), simmetricamente, hanno mantenuto il loro 30% e guadagnato qualche sindaco. La novità rispetto al 2017, ma in linea con un trend aperto dalle elezioni nazionali del 2019 e continuato con le presidenziali dell’inizio 2021, è l’avanzata della destra nazionalista del partito Chega (letteralmente, Basta), che, sebbene non sia riuscito ad eleggere alcun sindaco, ha raccolto il 4% dei voti nazionali.

Che cosa dicono i risultati delle elezioni del 26 settembre? L’unica vera sorpresa è stata quella di Lisbona, dove il Partito socialista è stato superato dalla coalizione delle destre storiche, perdendo il comune dopo 14 anni

L’unica vera sorpresa è stata proprio quella di Lisbona, dove il Partito socialista è stato superato dalla coalizione delle destre storiche, perdendo il comune dopo 14 anni – tra il 2007 e il 2015 Lisbona era stata governata dall’attuale Primo ministro António Costa, cui era poi subentrato il suo delfino, Fernando Medina. In realtà, segnali di fine ciclo erano già emersi nel 2017, quando il Partito socialista aveva sì, rieletto Medina, ma perdendo consensi rispetto al 2013 (in controtendenza rispetto al resto del Paese) e senza ottenere la maggioranza assoluta – essendo così obbligato a un patto di maggioranza col Blocco di sinistra.

Cosa ha portato alla sorprendente sconfitta del Partito socialista? Per inciso, parlo di «sconfitta» del Partito socialista, e non di vittoria delle destre e del loro candidato Carlos Moedas, intenzionalmente: la coalizione tra Partito Social Democratico e Centro Democratico Sociale ha ottenuto 83 mila voti, con un piccolissimo guadagno sugli 80 mila del 2017; mentre i socialisti sono passati da 106 mila a 81 mila voti. Dove sono finiti questi 25 mila voti, il 10% dei voti espressi quest’anno?

In assenza di dati municipali sui flussi elettorali, si possono fare alcune ipotesi a partire dai risultati aggregati. Non si tratta di uno spostamento verso le sinistre, che hanno complessivamente perso voti: il Blocco di sinistra – quasi certamente a sua volta penalizzato dalla coalizione col Partito Socialista – ne ha persi 3 mila, mentre la coalizione Cdu ne ha guadagnati un migliaio. I «nuovi» partiti di destra, il già menzionato Chega e Iniziativa Liberale, hanno ottenuto 20 mila voti, quindi possibilmente beneficiando direttamente o indirettamente (via destre storiche) delle perdite del Partito socialista.

Parte dei voti, però, sono quasi certamente finiti nell’astensione (leggermente aumentata) o, addirittura, in altri comuni. Ed è qui che si può ipotizzare un ruolo della crisi della casa e, quindi, delle politiche del Partito socialista.

Dai dati del censimento risulta che Lisbona ha perso 8 mila residenti tra 2011 e 2021. In realtà, ha perso molti più «abitanti» e «votanti» – tra 2017 e 2021, ad esempio, si sono persi quasi 20 mila iscritti agli albi elettorali. Cosa spiega questa discrepanza? Nell’ultimo decennio, i residenti stranieri sono passati da 35 mila a 107 mila, con un boom, in termini percentuali, dal 6 al 20%. Svariate migliaia sono residenti, per così dire, «atipici», attirati da specifiche politiche nazionali e locali: cittadini extracomunitari benestanti che hanno ottenuto una residenza attraverso i Visti Gold – ovvero, quasi sempre, acquistando beni immobili; e pensionati stranieri, startuppers e digital nomads attratti da svariati benefici fiscali e da un decennio di politiche di branding. E, sebbene tutti i residenti abbiano diritto di voto alle comunali, appena il 3% degli stranieri è registrato per farlo.

Dal 2011 a Lisbona migliaia di residenti hanno abbandonato la città, soprattutto verso i comuni suburbani. Quanti di questi appartenevano a nuclei domestici giovani e, tendenzialmente, progressisti?

Insomma, aggiungendosi alle perdite demografiche naturali in una città sempre più anziana, decine di migliaia di persone residenti nel 2011 hanno abbandonato la città, soprattutto verso i comuni suburbani che, invece, hanno guadagnato popolazione: quante di queste appartenevano a nuclei domestici giovani e, tendenzialmente, progressisti? Di converso, quelli che si sono stabiliti sono, in buona parte, gruppi sociali poco attivi nella politica locale – fatto che accomuna migranti, extra-europei e comunitari (inclusi pensionati e giovani professionisti), dalle caratteristiche socio-economiche molto differenti.

Insomma, è plausibile ipotizzare che la scelta del Partito socialista – nazionale e locale – di spingere politiche direttamente implicate nei processi di gentrificazione e turistificazione abbia avuto effetti sia diretti che indiretti sui flussi politici: diretti, nel senso dello scontento palpabile rispetto alla crisi della casa; e indiretti, prodotti dalla drammatica trasformazione demografica degli ultimi anni. Si tratta di ipotesi che avranno bisogno di verifica empirica – all’intersezione tra geografia e scienza politica; ipotesi, eppure, che suggeriscono che il legame tra politiche urbane e dinamiche elettorali potrebbe diventare sempre più stretto nel futuro prossimo, a Lisbona e altrove.