La figura di Emilio Sereni che emerge dal lavoro di Margherita Losacco (Leggere i classici durante la resistenza: la letteratura greca e latina nelle carte di Emilio Sereni, Edizioni di storia e letteratura, 2020) – un dirigente politico capace di dedicare tempo e interesse allo studio di classici greci e latini durante la clandestinità e nel pieno della lotta di Liberazione – non è certo inedita ma altrettanto certo non è quella più conosciuta.

Negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo interesse per Sereni, soprattutto da parte di storici che ne hanno illustrato la biografia, il ruolo nella storia del Paese e la complessità dei suoi interessi culturali, arricchendone la conoscenza e sottolineando alcune dimensioni meno note della sua figura di studioso. E in questa rinnovata attenzione si inserisce il libro di Losacco.

L’immagine prevalente – almeno  quella più conosciuta fin verso la fine del secolo scorso – è quella corrispondente al suo ruolo di dirigente del Partito comunista italiano e in particolare di teorico e  ispiratore della linea di politica agraria del partito fino agli ultimi anni della sua vita: una linea  fondata sulla centralità  dell’azienda diretta coltivatrice  portata avanti con fermezza e  pienamente condivisa dal partito, ancorché con qualche dissenso  «a sinistra» o in ambiente sindacale. 

E il suo contributo di storico dell’agricoltura e teorico della questione agraria – pur rappresentando una delle molteplici dimensioni della sua identità di politico e di studioso – è quella che ha lasciato l’eredità e il segno più duraturi. Celeberrimi, e al centro del dibattito nazionale all’epoca della loro pubblicazione, sono stati due libri tuttora di grande attualità: Il capitalismo nelle campagne e Storia del paesaggio agrario italiano. Sempre in questo ambito va ricordato il libro più politico sui temi dell’agricoltura nel quadro dello sviluppo economico italiano nella prima metà del Novecento: La questione agraria nella rinascita nazionale.

A questa importante area di ricerca di Sereni se ne sono accompagnate altre meno note. E tra esse la più importante è certamente quella dello storico dell’antichità, in particolare di storico della romanità, alla quale è dovuta in misura significativa la notorietà tra gli storici anche e forse soprattutto all’estero.

La recente ripresa di interesse ha riguardato molti aspetti della sua biografia inquadrandoli anche all’interno del contesto familiare e arricchendoli di molti particolari relativi alla sua vicenda intellettuale e politica. In particolare va ricordato un testo al quale più volte si rifà l’autrice, che è quello di Giorgio Vecchio pubblicato qualche anno addietro: Biografia di Emilio Sereni. Va ricordato poi – a dimostrazione del rinnovato interesse – un volume curato dalla facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli dove il giovane Sereni aveva studiato e lavorato insieme al suo strettissimo amico di allora Manlio Rossi-Doria. Qui avvenne l’arresto con la successiva condanna da parte del Tribunale Speciale dei due giovani studiosi, mentre collaboravano all’indagine sulla formazione della piccola proprietà coltivatrice nel Dopoguerra (la celebre «Inchiesta Lorenzoni»).

Infine un testo sicuramente importante per la comprensione della personalità e della stessa vicenda esistenziale di Emilio Sereni è quello della figlia Clara, Il gioco dei regni, che umanizza, per così dire, notevolmente la figura pubblica dello studioso e dirigente politico non sempre amato all’interno del suo stesso partito e noto per la durezza delle sue prese di posizione politiche a volte settarie. Tuttavia questa, non infondata, immagine del suo modo di porsi contrasta nettamente con la ricchezza e profondità di relazioni affettive, ad esempio nel rapporto intenso con i fratelli soprattutto con Enzo (importante esponente del sionismo socialista, militante nella resistenza italiana e morto a Dachau) o la particolare sensibilità quale risulta da molte testimonianze e ricordi di congiunti e amici. E questa dimensione umana del personaggio ha una chiara attenzione nel libro di Losacco.

Dopo questa (forse) troppo lunga premessa, entriamo ora in merito ai contenuti del libro. Si tratta di un lavoro di grande impegno basato su di un’imponente mole di lavoro che ben corrisponde al nome della collana nella quale si inserisce: «studi eruditi». Di cosa parla il libro è detto in dettaglio nel titolo e sottotitolo. Leggere i classici durante la resistenza: la letteratura greca e latina nelle carte di Emilio Sereni: non un libro su Sereni competente lettore di classici, tema certamente affrontato, ma un libro riferito soprattutto alle sue letture e relativi commenti in un determinato periodo, non certo quello più indicato per attività del genere. Il volume si compone di tre capitoli di cui il terzo – che è il vero corpo del libro – molto ponderoso, dopo una introduzione nella quale oltre ai primi cenni biografici, che saranno approfonditi nei  successivi capitoli, sono richiamati i punti salienti del lavoro di Sereni e la rilevanza che hanno nel quadro dei suoi interessi le opere letterarie degli autori  classici e gli studi di storia antica.

Il testo inizia con il ricordo di uno degli episodi più drammatici della vita di Sereni: «L’8 agosto 1944, grazie a un’azione sofisticata e brillante orchestrata dall’amico Edoardo Volterra, Emilio Sereni evade dalle carceri nuove di Torino: vi era rimasto sotto il controllo delle Ss per sette mesi e per sette volte era stato posto nell’elenco dei prigionieri da fucilare».  E continua con una lunga citazione autobiografica dello stesso Sereni che racconta dettagli sulla vicenda. L’introduzione passa poi a illustrare i temi essenziali contenuti nei diversi capitoli soffermandosi sui principali interessi di Sereni nello studio dei classici, sugli autori più amati e sul suo peculiare stile di appuntare commenti relativi alle varie opere o ai vari brani. Vengono indicati in maniera ordinata quelli ai quali si riferisce il libro, cioè i classici letti giustappunto nel corso della lotta di Liberazione: sostanzialmente dal novembre 1944 all’aprile del 1945. Si anticipa la questione relativa alla collocazione della grande mole rappresentata dalle carte di Sereni, che egli avrebbe voluto depositare presso l’Istituto Gramsci e che poi trova una egregia collocazione, quella attuale, presso la biblioteca archivio Emilio Sereni a Grattanico dove alla fine giungerà anche la sua «immensa collezione libraria» (Losacco). Tornando alla rinnovata attenzione per Sereni, ma soprattutto per il suo ruolo di storico della romanità, scrive l’autrice: «Si deve ad Andrea Giardina di aver per primo gettato luce, con uno studio fondamentale del 1996, sulla figura di Sereni antichista, di aver restituito vita, spessore e parole a un Sereni ammutolito alla fine della sua vita e post mortem. Con il suo saggio Giardina ha ricostruito storicamente farsi degli studi di antichistica di Sereni e il suo profilo di studioso come emerge dalle sue pagine maggiori». «Ammutolito alla fine della sua vita»: un’espressione  non certo delicata o banale ma a mio avviso condivisibile. Non si può negare infatti una certa damnatio memoriae del personaggio.  

Non privo di interesse è quanto si legge nel primo capitolo a carattere biografico dal titolo Con uguale e totale impegno. Qui non ci sono grandi novità sulla vita di Sereni. È invece apprezzabile il tono e l’approccio. L’ammirazione e la simpatia per la sua figura che caratterizza tutto il libro riescono comunque a essere assolutamente esenti da una rappresentazione agiografica. Molto vivida è l’illustrazione del contesto familiare, comprese le amicizie e le frequentazioni giovanili, ma anche le amicizie di infanzia. L’ambiente è quello di una solida borghesia intellettuale con forti legami parentali e amicali, naturalmente antifascista e con una vasta componente ebraica. Si sottolineano i valori morali trasmessi dalla famiglia e il confronto serrato sul piano culturale con i fratelli dalla prima giovinezza alla maturità.

Si racconta del breve periodo di entusiasmo sionista di Sereni e della successiva adesione al Partito comunista che lo allontanerà, ma solo sul piano ideologico, dal fratello Enzo. C’è Portici che rappresentò un momento fondamentale della sua vita dei primi anni del matrimonio, la nascita della prima figlia Lea Ottobrina e l’intensa amicizia scientifica e politica con Manlio Rossi-Doria, alla quale seguirà un distacco che per quest’ultimo sarà particolarmente doloroso e per qualche verso incomprensibile come racconta nella sua autobiografia La Gioia tranquilla del ricordo.

Non solo nel capitolo biografico, ma anche in diversi momenti della sua esposizione, Losacco sottolinea il ruolo di Sereni nella resistenza dove ha responsabilità di grande rilievo trovandosi insieme a Luigi Longo a far parte della direzione del Comitato di liberazione nazionale dell’alta Italia (Cnlai). Vale la pena di ricordare infine che Sereni è stato più volte parlamentare e membro degli organi di direzione del partito compresa la responsabilità della Commissione culturale. Ma già a partire già dagli anni Cinquanta – proprio mentre emerge il suo ruolo di studioso di importanza nazionale per la storia e la politica agraria – il suo ruolo nel Partito comunista comincia a declinare come già accennato nella citazione di Giardina.

C’è poi un approfondimento riguardante l’impressionante amore per lo studio di libri su qualunque argomento compresi argomenti scientifici oggetto dei testi di studio e lavoro di suo fratello maggiore Emilio, biologo morto prematuramente. Il titolo del capitolo Leggere a crepapelle, ironica espressione della zia Ermelinda per caratterizzare l'insaziabile fame di letture propria di tutti i fratelli Sereni, la dice tutta sui contenuti del capitolo.

Si arriva così all’ultima parte del libro, al capitolo finale Vado declamando Saffo ed Eschilo in greco: i testi e le passioni. L’interesse per i non addetti ai lavori di quest’ultima parte del libro sta nell’intreccio che l’autrice riesce a evidenziare tra alcune letture o commenti di Sereni ai classici e i momenti della sua vicenda biografica. Inoltre non di solo Eschilo e Saffo o Catullo si parla, ma anche di classici della filosofia e di pensatori moderni. In qualche caso è la semplice passione per una certa opera letteraria che lo spinge alla lettura. Altre volte invece da qualche testo Sereni trae spunto per riflessioni teoriche o politiche generali o collegamenti con la situazione del particolare momento storico che sta vivendo.

Proprio la rappresentazione di questo intreccio tra la vita privata e pubblica di Sereni e i testi che man mano legge, cataloga e commenta traendone grande piacere – tanto da andar «declamando Saffo ed Eschilo in greco» nei momenti all’apparenza meno opportuni – rende il libro di Losacco attraente. Oltre che per essere di gradevole lettura.

Colpiscono – bisogna ricordarlo a prova dell’atteggiamento equilibrato dell’autrice – i riferimenti a scelte che Sereni fa in alcuni momenti della sua vita politica (certamente non tra le più apprezzabili) quali ad esempio l’esaltazione della figura di Andrej Zdanov, il repressivo custode della linea culturale dello stalinismo. Risulta davvero incomprensibile come mai una mente creativa capace di interpretazioni originali e innovative potesse aderire (e farsene portavoce) a un orientamento conformista e autoritario in materia artistica e letteraria quale quello dominante durante lo stalinismo. Ma non fu l’unico caso in quella congerie politica.

Allo stesso modo colpiscono nell'esposizione di Losacco i riferimenti ad alcuni momenti dolorosi come quelli riguardanti la vita interna del Partito comunista clandestino negli anni Trenta e le insinuazioni sulla presunta scarsa affidabilità di Sereni dovuta alle sue relazioni amicali e parentali: insinuazioni non scevre da una componente antisemita. Non mancano per converso i riferimenti a momenti significativi di gioia riguardanti prevalentemente affetti familiari e amicali.

In un'esperienza di vita drammatica quale è stata quella di Sereni, la sofferenza massima mi pare sia stata quella dovuta alla solitudine del periodo finale della sua vita. A fine lettura di questo libro viene in mente la dedica alla moglie Xenia del libro Il capitalismo nelle campagne con una citazione biblica (Geremia, II, 2) «Alla compagna della mia vita: recordatus sum tui… quando secuta es me in deserto, in terra quae non seminatur».