Roma, sempre viva ma mai sfavillante, con il centro storico quasi deserto e inabitabile a causa dei prezzi astronomici di vendite e affitti, sempre più parco a tema per turisti in transito rapido, accalappiati da intrattenimenti costosi e di scarsa qualità. Qui, tra molti e troppo vicini megastore, gli storici e prestigiosi salotti letterari chiudono i battenti e le piccole librerie, meno antiche ma altrettanto preziose, non si sentono affatto bene. Qui, come i romani sanno bene, la vita scorre altrove e lontano dal crocevia del centro, riservato, da Fellini ad Arbasino, a chi a Roma c’è arrivato ma non c’è nato. Meglio, certamente più vitali, i quartieri della corona Est, prima borgata «de cortello», poi melting pot multietnici e, infine, discussi, amati e odiati epicentri della movida. La gentrification, del resto, è un moto centripeto: la classe media giovane e colta s’impoverisce e colonizza quartieri periferici, popolari e urbanisticamente discutibili; a caccia di affitti sostenibili decentra intrattenimento, musica, cinema, stile, design, enogastronomia e cultura in ex ghetti. Il quartiere conquistato s’imbelletta, si raffina e il suo prezzo sale: altro giro, la città si allarga di un pezzo ancora più a margine, il centro rimane sempre più vuoto di persone e di idee.

Anche Roma ha la sua via alla gentrification e passa per il quartiere Pigneto. Tra sacro e profano, tra il bar dell’Accattone e una hamburgeria vintage gourmet, è qui che ci si imbatte nei progetti più fertili e validi dedicati ai libri

Cecilia, Barbara e Alessandra hanno aperto Il Giardino Incartato dieci anni fa proprio lungo via del Pigneto, con tempismo e una certa capacità di leggere tra le righe la metamorfosi. Il Giardino è una libreria specializzata in letteratura per l’infanzia e per ragazzi che offre un catalogo vasto, accumunato dall’alta qualità editoriale, accanto a una buona scelta di giochi in legno e in materiali naturali: l’offerta è trasversale e va ben oltre l’infanzia, dai fumetti dedicati alla gravidanza alla riflessione metodologica sulla letteratura in età scolare, dalle buone vecchie favole illustrate per bambini alla teoria della creatività. Uno spazio lento, dai colori tenui, stretto tra palazzine popolari, cemento e parcheggi in doppia fila, che punta ai sensi: è di carta e legno e tanto basta a proporre una piccola esperienza sensoriale, tattile, in cui perdersi tra le illustrazioni sognanti. Una questione di suono: il pavimento di legno caldo e scricchiolante sotto i piedi, spiega Cecilia, è una scommessa sul benessere di chi entrerà.

In un presente in cui per acquistare libri ci sono modi comodi, senza moto o distrazioni dal proprio telefono cellulare, la scommessa del libraio si sposta sull’esperienza fisica: «chiamo per nome la metà delle persone che entrano qui – spiega Cecilia, descrivendo una clientela che tende a tornare – e di certo in centro non sarebbe possibile». La familiarità è conseguenza dello spazio, disegnato per essere fragrante e accogliente prima di tutto per chi lavora, seleziona, riordina e propone libri: è inevitabile, continua Cecilia, che la sensazione di benessere si trasmetta a chi entra. Il Giardino prova così a costruire un buon ricordo, una mezz’ora in cui si è scoperta una storia che risuona o si è scambiato due parole piacevoli, anche senza acquistare nulla.

C’è qualcosa di studiatamente retrò, pigro e ammiccante a un quartiere che abbandona la sbrigatività approssimativa della periferia per farsi «radical», ricercato nei riti, nei colori e nelle forme dei consumi culturali: Il Giardino è una libreria che, con un’offerta curatissima nello stile, più che ai piccoli si propone al palato dei genitori di un quartiere in evoluzione, ovvero coloro che certi libri sono in grado di apprezzare e acquistare. Passeggiando tra gli scaffali, dalla confezione accurata emerge un’idea d’infanzia libera da condizionamenti di ruolo e di genere, una linea editoriale, politica che va oltre loghi, norme e codici. «Proviamo a convincere i bambini che un libro originale può essere più divertente di quelli con i personaggi televisivi che già conosce»: ambizione difficile, spiega Cecilia, ma non impossibile.

Può una libreria indipendente e specializzata proporre un discorso non effimero sulla complessità della letteratura per l’infanzia, sui libri come nutrimento e mattone di una personalità da farsi?

Il Giardino, racconta Cecilia, nasce dieci anni fa attraverso lo studio dei quartieri della città, del loro presente e del loro ipotetico futuro: serviva un luogo lontano dal centro e un po’ di frontiera per tentare una relazione complessa tra libraio e passante, fuori dai flussi turistici per intessere familiarità con chi transita e, soprattutto, con molte famiglie giovani e bambini. Scartabellando all’anagrafe il Pigneto risultò essere il candidato ideale. L’esordio non è facile, a partire dalla diffidenza dei proprietari dei locali sfitti verso chi dice di voler aprire una libreria. Cecilia lo racconta con un’immagine che pare presa da un libro di favole: un’astronave colorata piovuta dal cielo e pochi titubanti che osano affacciarsi chiedendo cose bizzarre, dalle sigarette al lucido da scarpe. Poi però con il tempo gli studenti delle camere ammobiliate doppie e triple nel quartiere economico crescono, si laureano, fanno figli e rimangono lì, dove i locali sono «cool», l’atmosfera è informale e, almeno per ora, il costo della vita è accettabile. Il quartiere cambia e evolve in una rete sociale ludica, sportiva, politica, un insieme di linee che uniscono persone e favoriscono una libreria ambiziosa, il cui successo è fatto di passaparola. Infatti, con un po’ di caparbietà e parecchio ottimismo, Il Giardino tiene, cresce e continua a crescere.

Sicuramente Il Giardino Incartato appare in un quartiere popolare e periferico come un’iniziativa singolare, dissonante a un tessuto storico distante dai salotti del centro. Eppure, accompagnando l’evoluzione oggi tipica delle periferie delle grandi metropoli, Il Giardino funziona: così eccentrica, una libreria di grande qualità e, giocoforza, non a buon mercato, ha nell’accessibilità la sua sfida. «Chi stiamo invitando a entrare?», si chiede Cecilia, ricordando i primi visitatori che domandavano timidamente se si trattasse di un negozio per bambini superdotati, timorosi di essere giudicati dalle libraie per la loro capacità di scegliere tra gli scaffali.

Non basta certo una libreria a correggere il soffio desertificante della gentrification: tuttavia, pur essendone parte, questa può provare a lavorarne in modo diverso la variabile tempo. È il tempo, spiega Cecilia, ad aver reso finalmente accessibile Il Giardino: essere lì per dieci anni, non sparire in una stagione come l’ennesimo locale alla moda, l’ha resa parte del quartiere. Con il tempo una libreria diventa risorsa, posto di fiducia dove c’è l’oggetto bello, sicuro, pensato, scelto con cura per il proprio figlio, nipote, amico: con il tempo una libreria può contribuire a plasmare il territorio. Tempo, infine, è anche questione d’orario: il fatturato nei quartieri ad alta gentrification privilegia chi apre per poche ore e per ristrette fasce d’età, senza una programmazione e un’idea oltre la mescita di alcolici, ed è questo poco, per pochi e per poco ad accelerare la desertificazione culturale. Una libreria ricca e curata invece è tanto, per molti e a lungo: un’ipotesi diversa che prova a tenere il punto, anche quanto la prossima onda sposterà ancora più a margine la vita dei romani.