Domani è la festa delle donne, che molti si sforzano di celebrare sfuggendo alla retorica delle sole mimose per cogliere invece i significati profondi di una ricorrenza che mai, e quello che succede in Italia ne è la più triste testimonianza, perde di attualità.

Una celebrazione decisamente originale e ricchissima di implicazioni l’ha scelta la Corte di giustizia europea con una sentenza del primo marzo, destinata a far discutere e riflettere. I giudici comunitari hanno invalidato un articolo di una direttiva, già applicata in molti Paesi, che consente alle imprese di assicurazioni di differenziare il pagamento dei premi in base al sesso delle persone. La norma, secondo i giudici, contrasta con il principio di parità di trattamento garantito dall’Unione europea.

La cosa potrebbe apparire, a prima vista, scontata, ma così non è, poiché siamo in presenza di una sacrosanta forma di equiparazione che questa volta, tuttavia, si risolve in penalizzazione. A dispetto dei luoghi comuni, infatti, le donne al volante sono decisamente più virtuose degli uomini, almeno fino ai quarant’anni. Secondo quanto raccontano i giornali, in base a precisi calcoli attuariali molte assicurazioni applicano alle signore sotto quella età premi di favore, perché è dimostrata la minore propensione a fare incidenti (la domanda è: cosa succede dopo la fatidica soglia dei quaranta?).

E anche altre tipologie di polizze, come ad esempio quelle vita (frequenti sono quelle temporanee sottoscritte quando si stipula un mutuo per comprare casa), seguono criteri analoghi.

Fra gli addetti ai lavori la presa di posizione della Corte ha suscitato immediate polemiche; da un lato c’è chi condivide a pieno sostenendo che l’equiparazione deriva naturalmente dal mutamento delle condizioni di vita che non giustificano più trattamenti differenziati, dall’altro c’è chi esprime preoccupazione perché le compagnie potrebbero essere tentate, dalle risorse generate dagli aumenti tariffari alle signore, ad assumere più rischi verso i decisamente più imprudenti guidatori dell’altro sesso.

Un bel rompicapo che ci fa comprendere come, fuori dalla ritualità delle feste, sia importante osservare e indagare in tutte le sue sfaccettature il rapporto tra parità dei sessi e discriminazioni. In questo caso esisteva una diversità che però si risolveva in una discriminazione al contrario, ribaltata dai giudici. In fin dei conti se un uomo al volante è prudente e si prende il solito improperio: “Guidi peggio di una donna!”, perché non deve aver diritto a pagare di meno?

Un’altra e interessante sfaccettatura di questo rapporto ce la offre la discussione di questi giorni sul progetto di legge in materia di quote rosa nei consigli di amministrazione delle società, notoriamente dominati dagli uomini, con qualche sparuto rappresentante del gentil sesso. È giusto o non è giusto riservare per legge una percentuale di posti alle donne? Il dilemma, dal punto di vista pratico, non è di poco conto. Guardando ai numeri, la discriminazione è fuori discussione; detto per inciso, la ricerca condotta da una studiosa, Anne Sibert, ha appurato che, essendo le posizioni di rilievo nell’industria finanziaria appannaggio del sesso maschile (solo il 2,5% degli amministratori esecutivi sono donne), più propenso al rischio in ragione dell’aumento del testosterone quando si guadagnano soldi, una maggiore presenza femminile nei boards sarebbe un ottimo antidoto contro le attività troppo pericolose.

Oggi però i consigli hanno soprattutto bisogno di amministratori capaci, professionalmente qualificati, liberi da ogni conflitto di interesse, in grado di destinare tempo e risorse a un lavoro sempre più difficile. Requisiti non proprio diffusi nelle nostre società e che dovrebbero essere chiesti a tutti, senza guardare in faccia a nessuno.

Forse, allora, meglio sarebbe intervenire prioritariamente su questi aspetti e poi porre vincoli di percentuali in modo da garantire futuri organi di governo societario, certo paritari, ma innanzitutto in grado di fare bene il loro mestiere.

Discutere di queste cose l’8 marzo sarebbe il miglior modo di festeggiare.