Cagliari – osserva D.H. Lawrence nel suo capolavoro Sea and Sardinia – “sorge su una plaga, terra e mare, che sembra la fine del mondo”. Uno sguardo, quello dello scrittore, che ha a lungo segnato la cifra estetica della città: il mare e, tutt’intorno, un’architettura di zone umide, in parte naturali e in parte artificiali, che potrebbe offrire le migliori risorse per un (ancora) incompiuto progetto di città ambientale. Ma lo sguardo di Lawrence non poteva prevedere l’enorme “rimescolamento demografico” che – in pochi decenni – ha trasformato la capitale dell’Isola in una calamita capace ormai di ospitare, nei sedici comuni più conurbati, oltre un quarto dei residenti sardi. Ecco perché parlare di Cagliari, e della politica di e per Cagliari, significa parlare necessariamente di un’area metropolitana molto più vasta, da sempre periferia-dormitorio da cui pendolano quotidianamente verso quella che – nel sentire comune – viene ancora identificata come una città burocratica, parassitaria e mera consumatrice di rendita, centinaia di migliaia fra studenti, lavoratori e utenti.

Da sempre governata da sindaci e coalizioni di destra poco attenti alla geografia e all'economia dei luoghi, diffuse aspettative di una diversa visione e progetto per la città e la sua triste corona portarono nel 2011 al governo – per la prima volta – una coalizione di centrosinistra, capitanata dal sindaco sellino Massimo Zedda. Riconfermato nel suo ruolo nell’ultima tornata elettorale, Zedda ha lasciato in anticipo la sua carica a fine febbraio, dopo la sonora sconfitta contro l’attuale presidente dell’Isola alle elezioni regionali (110 mila voti di distanza rispetto al vincitore Christian Solinas), scegliendo il ruolo di consigliere regionale e aprendo, di fatto, la partita per le nuove amministrative cittadine.

Nei trenta giorni che rimangono a disposizione degli schieramenti prima delle elezioni, ogni area si sta – a modo suo – organizzando.

A destra, in quello spazio politico che ha vinto le elezioni regionali con l’apporto di 11 liste e il normale e conseguente esito conflittuale al momento della formazione della Giunta (a distanza di 70 giorni dal suo trionfo, il presidente Solinas non aveva ancora attribuito tutte le deleghe, tenendo per sé – ad interim – 7 assessorati strategici), troviamo Paolo Truzzu, quarantaseienne coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, appena confermato in Consiglio regionale dove è stato nominato capogruppo e presidente della commissione Bilancio. Designato direttamente ad Arcore da Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, Truzzu si è recentemente distinto per la partecipazione alle attività di “Sentinelle in piedi”, il movimento che difende la famiglia tradizionale e i cui adepti protestano senza sedersi, con lo sguardo rivolto su un libro, per dare l’idea che vigilino su qualcosa. 

I 5 Stelle – in linea con i risultati amministrativi ottenuti in giro per il Paese – hanno raccolto solo il 10% alle comunali di tre anni fa, e non sono arrivati alla stessa cifra alle ultime regionali. In evidente difficoltà, i diversi spazi territoriali sono ancora in attesa di quell’annunciata, ma mai attivata dal leader Di Maio, “imminente ristrutturazione organizzativa”. Ad oggi, ancora non è chiaro se il Movimento riuscirà a comporre una lista autorevole con un candidato dignitoso.

Infine, il 5 maggio si sono svolte le primarie nel centrosinistra, dove tra i contendenti, tutti provenienti dalla buona borghesia cagliaritana e abbastanza lontani dalla base sociale delle classi popolari, è emersa la figura di Francesca Ghirra, di Campo Progressista (lo stesso partito dell'ex primo cittadino), assessora uscente all’Urbanistica, classe ’78, funzionaria della Regione e figlia d’arte (il padre, stimato giornalista, è stato consigliere regionale per i progressisti Sardi). La Ghirra ha battuto Marzia Cilloccu, di Campo Progressista anche lei, assessora uscente al Turismo, attività produttive e politiche per le pari opportunità, e appartenente a una storica famiglia di commercianti locali; e Matteo Lecis Cocco Ortu, giovane laureato in architettura, consigliere comunale uscente, unico (auto)candidato del Pd.

Chi vincerà dovrà fare i conti con l’eredità degli otto anni di governo cittadino a targa centrosinistra. Un’esperienza nata con lo slogan “ora tocca a noi”, una diffusa retorica centrata sulla partecipazione attiva dei cittadini alle scelte politico-amministrative, valorizzazione delle risorse culturali e ambientali, liberazione dal bisogno, recupero della dignità e libertà individuale, riequilibro delle diseguaglianze sociali, culturali e financo morali, si trova, però, a fare i conti con ciò che lo specchio della realtà dei fatti tristemente riflette. Il mondo del volontarismo e dell’associazionismo culturale mortificati in modo costante; il parco di Molentargius ammirato da Lawrence, ma poco o per niente goduto dai residenti; la necropoli di Tuvixeddu, la principale testimonianza di architettura funeraria del periodo punico in tutto il bacino del Mediterraneo, in stato di abbandono; il Poetto, l’ex bellissima spiaggia dei “centomila”, devastata in un recente passato da un infausto ripascimento e poi, molto più recentemente, “gentrificata” su un modello californiano; un centro storico desertificato di giorno e sconvolto dalle scomposte quanto chiassose movide notturne; un Porto Canale costato mille miliardi di vecchie lire e già in odore di chiusura ad appena 16 anni dall’entrata in funzione (700 posti a rischio); la mancanza di una seria infrastrutturazione comunicativa e di trasporto con l’area conurbana; tasse per i rifiuti tra le più alte in Italia; un tasso di vecchiaia del 278%, un terzo più alto della media regionale; un volume di disagio socio-economico e abitativo in continuo e forte aumento; un deciso aumento delle diseguaglianze educative, tant’è che il Rapporto “Save the Children” parla – per certe zone di Cagliari – di vere e proprie “periferie educative”, con mancato accesso all’istruzione, agli spazi ricreativi e culturali per una consistente fetta di residenti. Giusto per dare l’idea di questa tensione di segregazione educativa “centro-periferia”: in città, i 15-52enni senza diploma di scuola media secondaria di primo grado segnano una percentuale vicina allo zero nei quartieri “bene”, mentre nelle periferie come il Cep e San Michele i valori viaggiano a due cifre sopra l’11%; stesso discorso con i Neet, pari a poco più del 3% per il centro e quasi il 20% per il quartiere periferico di Sant’Elia.

Insomma, nonostante la “bella” patina di restyling e gentrification effettuata in alcuni quartieri centrali, anche sulla spinta di un impressionante turismo croceristico internazionale deviato verso la città dalla contingente impraticabilità delle storiche mete maghrebine, Cagliari – per i problemi esposti e quelli taciuti – continua a rappresentare un’interessante quanto complicata sfida per i policy makers che siederanno a Palazzo Bacaredda, storica sede comunale del capoluogo sardo.

 

[Questo approfondimento sulle amministrative di maggio tocca le quindici città più popolose in cui si rinnovano i Consigli comunali: BariBergamoCesena, Ferrara, FirenzeFoggia, Livorno, Modena, PerugiaPescara, PratoReggio Emilia, insieme a Cagliari e Sassari dove, in ragione dell’autonomia dell’Isola, si voterà il 16 giugno.]