Con i suoi 30.334 abitanti Avola è per grandezza il secondo comune della provincia di Siracusa e gode di una posizione geografica favorevole, poiché si estende su una pianura che si affaccia sul mare e ha un retroterra agricolo che, per quanto poco esteso, vanta una tradizione di coltivazioni di pregio e fortemente orientate all'export. L'antico insediamento collinare del comune sugli Iblei fu abbandonato dopo il terremoto del 1693 e fu l'architetto gesuita Angelo Italia l'incaricato a progettare la nuova città che venne costruita con un impianto urbanistico di forma esagonale intersecato da due assi principali che formano nel punto di incrocio la piazza maggiore.

Ancora oggi il centro conserva l'originario schema urbanistico con strade larghe e case basse e non ha dimore nobiliari di pregio, poiché ad Avola, diversamente rispetto a Noto, abitavano pochi «nobiluomini» in grado di edificare «palazzi». Avola ha goduto tradizionalmente fama di città operosa e fa parte di una delle zone meridionali di «polpa» che Rossi Doria contrapponeva alle zone di «osso» delle colture estensive in via di spopolamento. Nella Sicilia sud orientale, già secoli prima delle grandi trasformazioni della seconda metà del Novecento, erano diffuse le piccole e medie aziende contadine, per lo più di affittuari, che favorirono lo sviluppo di colture intensive. Dagli anni sessanta in poi tali imprese hanno sostenuto un imponente sviluppo di colture ortofrutticole, destinate al mercato nazionale e internazionale. Il tessuto di piccole imprese manifatturiere ha visto invece un'inesorabile contrazione per problemi di produttività e competitività con i prodotti provenienti dai mercati esterni.

L'apertura nel siracusano, a partire dagli anni cinquanta, del polo petrolchimico più grande d'Europa ha avuto un effetto dirompente sul tessuto socio-economico e ambientale della provincia. Gli aspetti positivi sulla crescita dell'occupazione e del reddito risultano alla lunga problematici rispetto alle conseguenze in termini di distruzione del tessuto produttivo e delle risorse ambientali, sicché quando negli anni Ottanta cominciò la crisi produttiva del comparto, non solo si ridussero posti di lavoro e reddito disponibili, ma restarono problemi enormi di risanamento e riconversione.

Avola resta nel complesso ai margini di questo processo. La sua agricoltura è ancorata alla produzione di una varietà pregiata di mandorle che si coltiva anche in altri comuni della provincia, mentre le viti di nero d'Avola sono diffuse in varie zone della Sicilia. Piccoli imprenditori del comune gestiscono terreni a coltura intensiva della vicina Cassibile, dove si fa ampio ricorso a manodopera immigrata, mentre ad Avola c'è un bassissimo numero di migranti residenti (il 2% rispetto al 3,9% della media provinciale e regionale e all'8,8% di quella nazionale), addetti per lo più nei servizi.

Non esistono dati recenti sull'incidenza dell'occupazione agricola a livello comunale. Il dato provinciale per il 2021 registra una percentuale di occupati agricoli dell'11,3%, più alto di quello regionale (9%) e nazionale (4,1%), che sembra un buon proxy del dato comunale. La produzione agricola di Avola non ha nessuno sbocco in aziende di trasformazione (esistono solo un paio di cantine vinicole di recente istituzione, di cui la più importante per iniziativa di una famiglia svizzera). I dati relativi alla distribuzione degli addetti alle unità locali del comune nei settori extragricoli evidenziano una netta prevalenza di addetti al commercio (32,8% rispetto al 19,8% della media nazionale) e ai servizi di alloggio e ristorazione (14,8% rispetto al 9,1%). Questi settori, insieme a quello delle costruzioni (10,4%) e ai servizi alle persone e socio-sanitari, assorbono i tre quarti circa degli addetti del comune, rispetto al 46,3% della media italiana. In totale, tuttavia, gli addetti ai settori extragricoli sono 10,5 ogni 100 abitanti contro i 29,2 della media nazionale. Con il ridursi della vocazione agricola, Avola, che non ha una significativa tradizione marinara e resta fuori dallo sviluppo industriale, trova nel commercio, nei trasferimenti pubblici e, in tempi più recenti, nel turismo le proprie chance di sopravvivenza, ma registra un lungo periodo di degrado urbano e ambientale, come del resto avviene in gran parte dell'isola.

Avola ha trovato nel commercio, nei trasferimenti pubblici e nel turismo le proprie chance di sopravvivenza, registrando però un lungo periodo di degrado urbano e ambientale

A differenza di molti comuni della provincia e del ragusano dove nei decenni postbellici prevalgono coalizioni di sinistra o centro-sinistra, Avola conosce una lunga stagione di amministrazioni democristiane (dai primi anni settanta al 1992 sindaco è Sebastiano Burgaretta, che da deputato regionale farà poi un percorso tra vari raggruppamenti centristi per approdare al Popolo della libertà). La tradizione sembra rompersi tra il 1993 e il 2002, sull'onda di tangentopoli, della stagione antimafia e dell'elezione diretta dei sindaci, aprendo le porte a tre amministratori di centro sinistra che finiscono, tuttavia, tutti dimissionari prima della fine del loro mandato.

Le performance delle prime due amministrazioni successive, di centro-destra, non sono affatto brillanti e il sindaco Barbagallo, che governa da 2007 al 2012, viene rinviato a giudizio per peculato e truffa ai danni del comune con altre 13 persone tra funzionari, dipendenti pubblici e commercianti. Gli succede Luca Cannata, un giovane commercialista che proviene dalle fila di Forza Italia, ma è entrato in rotta di collisione con la forzista Stefania Prestigiacomo per la sua dichiarata volontà di rinnovamento del partito. Accetta, dunque, di essere considerato «battitore libero» e di fatto si avvicina a Fratelli d'Italia, ma cerca consensi anche in direzione dei Cinque Stelle. Cannata si accredita come sindaco «del fare», punta sulla riqualificazione del centro urbano, del lungomare e della spiaggia, ritenendo che Avola abbia una vocazione fondamentalmente turistica. Si conquista un largo consenso per i risultati ottenuti, grazie anche all'uso dei social e a un approccio friendly con il suo elettorato. Al secondo mandato viene pertanto rieletto al primo turno e per le elezioni del 2022 passa il testimone alla sorella Rossana, deputata regionale che dall'ala Micciché di Forza Italia è passata a Fratelli d'Italia, mentre lui si proietta verso una candidatura regionale. Tra i suoi consiglieri e le liste dei sostenitori cova, tuttavia, una fronda che lo accusa di eccessivo centralismo e mal digerisce la successione familiare.

È un esponente moderato, anche lui quarantenne, Antonino Campisi, avvocato penalista, a presentare una candidatura alternativa, sempre di centro-destra, in rappresentanza di un fronte comprendente appartenenti sia alla vecchia guardia centrista, sia a nuove leve di fuoriusciti da raggruppamenti di destra. Trasversale è anche la coalizione, in vago odore di centro-sinistra, a cui fa capo un terzo candidato, Corrado Loreto, un giovane che proviene dalle fila di Forza Italia, ma si presenta con una coalizione eterogenea: Pd, movimenti vicini a Lega, fuoriusciti del M5S, Udc.

La candidata Cannata si pone ovviamente in piena continuità con la politica del sindaco uscente, ribadendo la vocazione turistica di Avola. La seconda coalizione di centro-destra tenta soprattutto un'operazione di demistificazione della retorica che il sindaco ha costruito sul suo progetto restyling ambientale, criticandone singole scelte.

Il terzo candidato adotta un programma buonista che vuole mettere al centro i quartieri e l'ascolto dei cittadini, ma non parla né di progetti specifici, né di risorse da utilizzare, facendo genericamente appello al ruolo del welfare.

I candidati non fanno riferimento ai problemi concreti della città, ai dati circa occupazione, reddito o servizi. Ritengono che commercio, consumi e turismo bastino a garantire un livello di benessere soddisfacente

In generale, i candidati non fanno alcun riferimento a problemi concreti della città, non citano dati riferiti all'occupazione, al livello di reddito, ai servizi disponibili, ritengono sostanzialmente che commercio, consumi e turismo siano il mix adeguato a garantire un livello soddisfacente di benessere.

In realtà i più recenti dati istituzionali disponibili raccontano un'altra storia. Il valore aggiunto per abitante è il 63% di quello nazionale, il peso dell'economia sommersa il 18,4% e i livelli occupazionali evidenziano un enorme spreco di forze produttive, soprattutto femminili e giovanili. Infatti, il tasso di occupazione della popolazione in età di lavoro è il 42,2% (dato provinciale 2021), rispetto al 58,2% della media italiana, quello femminile è solo il 27,1% rispetto a una media nazionale del 49,4%. Il tasso di disoccupazione totale è più che doppio di quello nazionale (21,8% rispetto al 9,7%) e la penalizzazione femminile e giovanile è abnorme: quasi un terzo delle donne che si presentano sul mercato del lavoro risulta disoccupato, così come poco meno di metà dei giovani (42,4%).

Se poi si considerano i giovani adulti, dai 25 ai 34 anni, che hanno finito da tempo il percorso scolastico, il dato è impressionante: lavorano poco più di metà dei maschi e un quarto delle femmine. Peraltro, in Sicilia i laureati dai 30 ai 34 anni sono solo il 17,8% rispetto al 26,8% della media nazionale e in calo di ben 3 punti tra il 2018 e il 2021, mentre i giovani che non studiano e non lavorano dai 15 ai 29 anni sono un terzo rispetto al già alto 21,2% della media italiana.

Non c'è da stupirsi, dunque, che la popolazione presenti le stesse tendenze demografiche negative di quella nazionale e regionale: saldo migratorio negativo, calo della natalità, invecchiamento della popolazione e della forza lavoro. Eppure, la percezione sociale e l'immagine che le leadership politiche offrono della città non sembra affatto drammatica. La ragione è che, nel sottoequilibrio economico fondato sulle risorse provenienti da un'agricoltura in declino, dai trasferimenti pubblici e dal terziario, il boom del turismo degli ultimi anni è sembrato il volano risolutivo per un futuro di sviluppo. Le decine di B&B e case vacanze sono diventate il succedaneo del lavoro per i giovani che vivono in famiglia; pub, pizzerie e bar hanno creato improvvise ricchezze, mentre non sono nate grandi strutture alberghiere. In realtà, le risorse turistiche di Avola sono limitate dalla stagionalità, dalla limitatezza delle risorse ambientali disponibili per l'assedio di vaste aree di abusivismo accumulatosi negli anni, dall'esiguità delle bellezze architettoniche.

Uno sguardo più ampio alle potenzialità di sviluppo dell'area, in sinergia con progetti nazionali e regionali, sarebbe una via più solida e duratura nel tempo.