Il Comune di Trieste ha elaborato un progetto “preliminare” per la realizzazione di una cabinovia metropolitana che colleghi la zona del Porto Vecchio, in prossimità del centro città, con l’altopiano del Carso, in zona Opicina. Il tutto finanziato per una parte da fondi Pnrr, ai quali sono stati aggiunti fondi provenienti dalla Cassa depositi e prestiti e fondi comunali per un totale di base d’asta di circa 64 milioni di euro. La gara è stata aggiudicata alla ditta vincitrice per 56,9 milioni di euro. I fondi Pnrr sui quali è caricato il progetto si riferiscono al miglioramento della mobilità urbana sostenibile, e l’aspettativa del Comune sarebbe quella di riuscire a realizzare un accesso alla città da Nord Est utilizzando la cabinovia e con ciò evitando una quota di traffico automobilistico, con relativo risparmio di emissioni e notevole vantaggio per la salute e per l’ambiente.

Il piano prevede di attraversare con un tratto orizzontale la zona monumentale e di archeologia industriale del Porto Vecchio di Trieste fino a un piazzale adibito a parcheggio, il Park Bovedo a Barcola, quindi salire in linea retta dal livello del mare, superando il dislivello di circa 350 m, e arrivare a Opicina in prossimità del parcheggio esistente sulla strada ex provinciale 35. Questo percorso di salita prevede il passaggio della cabinovia lungo un pendio la cui parte bassa è fortemente urbanizzata con un gran numero di abitazioni e di strade, mentre la parte alta si sviluppa attraversando il bosco protetto dalla legge Natura 2000 di Bovedo. Ma il progetto di fattibilità tecnica ed economica approvato dal Comune nel dicembre 2022 e poi messo a gara presenta vistose lacune sotto diversi profili: ambientale, geologico, trasportistico, finanziario, urbanistico.

In primis, il progetto, etichettato come trasporto urbano, evidenzia da subito la scarsa integrazione con la rete di trasporto pubblico nelle stazioni attualmente previste: non nella stazione a valle, che risulta distante dalla piazza in cui fanno capo la linea ferroviaria e gran parte delle linee di trasporto pubblico urbano, né tantomeno nella stazione intermedia del Park Bovedo o in quella a monte di Opicina. Questa mancata integrazione renderà il trasporto pubblico tra l’altipiano Ovest e il centro, oggi basato su autobus e sul tram storico che collega il centro città con Opicina, molto meno efficiente di quanto lo sia adesso. Un confronto della valutazione dei tempi di viaggio tra l’ovovia e i mezzi di trasporto esistenti (bus e tram) mostra inoltre senza ombra di dubbio che l’ovovia non permette di guadagnare minuti; anzi, i tempi di percorrenza si allungano rispetto a oggi.

Il progetto, etichettato come trasporto urbano, evidenzia da subito la scarsa integrazione con la rete di trasporto pubblico nelle stazioni attualmente previste

Anche i costi del trasporto sono a netto svantaggio dell’ovovia, poiché non è prevista la sua integrazione nel trasporto pubblico urbano. Ne consegue che a ogni tratta il cittadino dovrà munirsi di un biglietto da 1,40 euro (allo stato attuale, ma forse anche molto di più stando ai prezzi di analoghe cabinovie urbane nel mondo). In caso di cittadini che possedessero un abbonamento per la rete o un biglietto orario, questo non sarebbe utilizzabile nella cabinovia.

La previsione di passeggeri stimati in media dal Comune è di 12.680 al giorno. Si tratta di un numero al di fuori di ogni logica per un trasporto pubblico di quel tipo: altri sistemi di trasporto pubblico urbano hanno valori del rapporto passeggeri su utenti che oscillano tra 1 e 4,65 con un valore medio di 2,07, mentre lo stesso rapporto stimato dal Comune di Trieste vale 18,1!

Il preliminare analizzato, inoltre, ha ampiamente sottostimato i giorni di fermo impianto per vento forte. Ciò avrebbe un impatto non trascurabile sulle scelte dei cittadini che organizzerebbero gli spostamenti utilizzando la cabinovia, magari lasciando l’auto nel posteggio a Opicina, ma non potrebbero poi recuperarla per l’aumento del vento durante il giorno.

L’opera è costosa, tant’è che il finanziamento iniziale Pnrr di 48 milioni è risultato insufficiente ed è stato aumentato fino ad arrivare a oltre 63 milioni, raggiunti con finanziamenti della Cassa depositi e prestiti e con fondi comunali. Con questi costi la media delle perdite (totale perdite diviso 37 anni di gestione; 3 sono di costruzione) è ora di 3 milioni e 690 mila euro all’anno e di complessivi 136,8 milioni di euro durante tutta la concessione. Costi che, dovendo essere sostenuti dall’amministrazione comunale, porteranno inevitabilmente a minori servizi ai cittadini dell’intero Comune.

Il trasporto pubblico tramite cabinovia ha per di più delle serie limitazioni per quanto riguarda anziani, bambini e disabili, dal momento che la cabina non si ferma ma bisogna salire in velocità/corsa. Anche l’utilizzo della cabinovia per il trasporto delle biciclette è questionabile, in quanto le bici non potrebbero essere allocate all’esterno, per pericolo di caduta, e, se inserite all’interno, ridurrebbero ancora di più la capienza passeggeri della cabina. Nella remota ipotesi poi che qualche turista arrivasse a Trieste e decidesse di parcheggiare a Opicina o a Barcola Bovedo, per arrivare in città con la cabinovia, dovrebbe entrare nella cabina con valigie e borse per poi arrivare in città e procedere verso l’albergo o l’imbarcadero delle navi da crociera a piedi oppure con altri mezzi pubblici o taxi.

I parcheggi di Barcola Bovedo e di Opicina non sono allineati alla stima di automobili considerata come dato di partenza per il dimensionamento dell’opera. Infatti, nell’ipotesi di utilizzo della cabinovia come trasporto pubblico di massa, i parcheggi risulterebbero occupati dagli utenti per tutto il giorno, con un alto costo da parte del cittadino per la sosta. Tanto varrebbe parcheggiare in città.

Il piano ha anche evidenziato alcune debolezze tecniche sia sul tracciato in zona Porto Vecchio, dove non sarebbe rispettata la distanza minima dalla linea ferroviaria, sia sul dimensionamento e i costi del parcheggio di Villa Opicina, sull’inquinamento acustico e sull’impatto sul paesaggio, con particolare attenzione al monumento del Faro della Vittoria.

Va considierato l’impatto che il tracciato dell’opera avrebbe sulla biodiversità, sulla flora e sulla fauna del bosco Bovedo: non è un caso che per legge sia previsto il divieto assoluto di costruzione di impianti a fune in zone Natura 2000

Tuttavia, il problema più rilevante è l’impatto che il tracciato dell’opera avrebbe sulla biodiversità, sulla flora e sulla fauna del bosco Bovedo: non è un caso che per legge sia previsto il divieto assoluto di costruzione di impianti a fune in zone Natura 2000, qual è il bosco Bovedo, dove sono rappresentate le formazioni più tipiche della fascia marnoso-arenacea del flysch, che è stata da sempre la più compromessa dall’espansione urbana. Il bosco Bovedo, a differenza di tutte le altre zone viciniori, è riuscito a rimanere integro da interventi di antropizzazione e rappresenta oggi un unicum sia per la flora sia per la fauna, che esigono massima protezione. Il disboscamento causerebbe anche un aumento del rischio incendi, in quanto il plus della superficie erbaceo/arbustiva della fascia disboscata ne aumenterebbe la vulnerabilità, e altresì graverebbe sulle condizioni di regimentazione delle acque sotterranee non assorbite dalle piante, che di conseguenza scivolerebbero a valle con pericolo di smottamenti e frane in una zona già franosa e instabile.

Nel progetto si ipotizza anche una ricaduta positiva sulla salute, ma dai calcoli fatti, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dell’impianto, si deduce che la cabinovia non ridurrebbe le emissioni di CO₂ e quindi non avrebbe effetti positivi sulla salute umana di tale entità da poter derogare alla legge che vieta gli impianti a fune nelle aree Natura 2000.

In conclusione, siamo di fronte a enormi criticità: l’insostenibilità economica dell'opera, che se realizzata andrà a gravare per decenni sulle casse del Comune e sulle tasche dei cittadini; l’inutilità ai fini di un trasporto pubblico efficiente, funzionale e di qualità; il danno ambientale causato dall’abbattimento di oltre cinque ettari di bosco in una zona protetta; l’inaffidabilità del servizio per pendolari e turisti a causa delle numerose giornate di chiusura previste per vento e manutenzione; l’impatto visivo sul panorama, con il Faro della Vittoria e il Porto Vecchio deturpati da cavi, cabine e piloni.

La realizzazione dell’ovovia rappresenterebbe un grave danno per il futuro di Trieste: una voragine economica con irreversibili ricadute ambientali e paesaggistiche, un intervento deciso senza il coinvolgimento della cittadinanza che non darebbe nessuna risposta al bisogno di trasporto pubblico efficiente e di qualità della città. Questi soldi pubblici dovrebbero essere usati meglio, per una mobilità che integri centro e rioni periferici, con reali benefici per tutta la città.

 

[Alla stesura hanno collaborato i membri del comitato No Ovovia].