Nel film Il dormiglione (1973) Woody Allen interpreta un musicista che si risveglia nel 2173 dopo duecento anni di ibernazione e trova sul sedile di un maggiolino Volkswagen perfettamente funzionante un giornale che all’inizio del secolo XXI titolava: “La seconda moglie del papa dà alla luce il quarto figlio”. Le dimissioni di Margot Käßmann da tutti gli incarichi, dopo essere stata fermata alla guida in stato di ebbrezza nel sabato della prima settimana di quaresima, hanno un sapore vagamente futurista. Eletta nel novembre 2009 prima presidente donna della chiesa evangelica luterana tedesca (EKD), Margot Käßmann rimarrà sulla scena pubblica tedesca, sia pure come semplice pastora di parrocchia, ma il suo “pontificato” è durato troppo poco, appena tre mesi, per essere ricordato come un periodo felice per la chiesa fondata da Martin Lutero. La decisione di Käßmann, che ha ripresentato le dimissioni respinte in prima istanza pochi giorni prima dal Consiglio della EKD, è uno choc per la Germania: i 25 milioni di fedeli luterani contavano sul dinamismo della vescova di Hannover, teologa e madre di quattro figli, che nel 2006 aveva reso pubblica la sua lotta contro il cancro e nel 2007 il divorzio dopo 26 anni di matrimonio.
Ma in alcuni quartieri la prematura fine del “pontificato” di Käßmann porta più sollievo che sconcerto. Le dimissioni portano sollievo nella parte più conservatrice dell’opinione pubblica tedesca, che negli ultimi mesi aveva mal sopportato le sue pubbliche prese di posizione contro i tagli al welfare e contro la guerra in Afghanistan. Qualche sorriso spunta anche dalla Roma vaticana, che vede nelle dimissioni la nemesi per la sfida lanciata dalla Käßmann, esponente di una teologia pubblica diametralmente opposta a quella ratzingeriana, al cattolicesimo neo-conservatore di inizio XXI secolo. Un sospiro di sollievo arriva anche dagli ambienti ecumenici, che avevano sofferto negli ultimi mesi il congelamento degli scambi tra le chiese luterane e la vera capitale della chiesa ortodossa mondiale, Mosca, per la violazione della tradizione di un episcopato esclusivamente maschile da parte della chiesa luterana più importante del mondo.
Ma le dimissioni di Käßmann rappresentano anche un capovolgimento di ruoli nel rapporto tra le chiese cristiane e i “tribunali della coscienza”: sono le chiese a salire sempre più spesso sul banco degli imputati. Infatti il livello di alcool nel sangue della vescova Käßmann rappresenta solo l’ultimo caso, nel corso dell’ultimo decennio, di rappresentanti di chiese colti in flagrante reato e costretti ad una pubblica umiliazione di fronte al tribunale convocato in sessione sommaria dalle telecamere tv e di internet. Nel 2002 scoppiava lo scandalo degli abusi sessuali nella chiesa cattolica degli Stati Uniti, con una risonanza che ha portato a scoprire nuovi casi in altri paesi (nelle ultime settimane, in Irlanda e in Germania); nel 2006 il pastore evangelical americano Ted Haggard, fustigatore dei costumi lascivi dell’America contemporanea, si dimetteva da tutti gli incarichi per essere protagonista di un caso di droga e prostituzione. Nel confronto, la minore gravità del caso e le pronte dimissioni confermate da Käßmann costituiscono una degna versione post-moderna dell’immortale discorso di Lutero - Here I stand, I can do no other - di fronte al tribunale papale contro di lui convocato a Worms nel 1521. Dal punto di vista teologico, la decisione e la spiegazione fornita da Käßmann è una conferma del luterano pecca fortiter, sed crede fortius – la fede sia più forte di ogni peccato.
In un mondo che ha sostituito al criterio dogmatico della “verità” quello dell’autenticità, non conta più la credibilità del messaggio annunciato dai chierici, ma la credibilità personale dei chierici. “Il mezzo è il messaggio”, e anche il cattolico Marshall McLuhan vedrebbe in questo un frutto della Riforma protestante. Ma questi due universi culturali e religiosi rimangono ancora molto distanti. Se l’elezione conclavaria dona al papa di Roma l’infallibilità, le dimissioni di Käßmann sono una dichiarazione tutta luterana della fallibilità degli uomini - e delle donne - di Dio.