Il 6 dicembre 2016, durante il Congresso della Cdu a Essen (Renania Settentrionale-Westfalia), Angela Merkel ha ufficializzato la propria candidatura alla carica di cancelliera per le elezioni federali dell’autunno. Se venisse eletta, sarebbe per lei il quarto mandato, dopo quelli del 2005, del 2009 e del 2013.

Le anticipazioni della sua ricandidatura si erano già avute un mese prima, subito dopo la vittoria di Trump negli Stati Uniti, ma l’annuncio ufficiale è giunto solo durante il suo discorso al Congresso annuale del partito. Non era una decisione scontata. Negli anni del governo democristiano-liberale (Cdu/Csu-Fdp) del 2009-2013, si era più volte insistito sul fatto che l’ambizione politica di Merkel potesse essere quella di guidare il Paese più a lungo del suo ex mentore, Helmut Kohl. Kohl ha governato la Germania per 16 anni, dal 1982 al 1998, e il suo è stato il cancellierato in assoluto più lungo della storia democratica tedesca. Se Merkel dovesse vincere le elezioni del 2017 ed essere rieletta cancelliera, potrebbe eguagliare o superare il suo padre politico, restando ininterrottamente in carica dal 2005 al 2021. Un paio di anni fa si era invece cominciato a parlare della possibilità di un’uscita di scena della cancelliera alla fine del mandato in corso: niente sfida indiretta con i mandati di Kohl, ma anzi un’uscita volontaria, per evitare di dover cedere il passo magari a seguito di una sconfitta elettorale. Con la dichiarazione di Essen, Merkel ha invece definitivamente escluso il ritiro e anzi ha confermato di voler correre per un quarto mandato.

Ma il contesto nel quale questa ricandidatura si colloca oggi ha ben altre caratteristiche rispetto a quello di soli pochi anni fa. La notizia del quarto tentativo di Merkel di guidare la Germania non appare più come una grande ambizione politica e un’aspirazione a entrare nella storia (anche) per un record di longevità. La ricandidatura di Angela Merkel sembra invece oggi assumere i tratti di un tentativo di fornire un punto di riferimento – una sorta di àncora di stabilità – per i valori moderati, e democratici più in generale, e di proporre un’alternativa, o meglio porre un freno, all’avanzata dei populismi. Una sorta di assunzione obbligata di responsabilità, in un clima politico dominato dall’incertezza e da potenti ondate di cambiamento orientate al populismo e all’antipolitica.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 1/17, pp. 49-56, è acquistabile qui]