To’, chi si rivede, la Bomba. Il 6 luglio, come molti loro predecessori, Barack Obama e Dmitrij Anatol'evič Medvedev hanno riprovato a concordare la riduzione degli arsenali atomici. Insieme, Usa e Russia custodiscono il 90 percento della potenza di morte della Bomba. Ancora vent’anni fa lo si scriveva proprio in questo modo, con la maiuscola, il nome del fantasma che è stato la nostra paura più grande. L’arma fine di mondo: così la chiamava lo scienziato pazzo di Il dottor Stranamore. Ma a quel fantasma avevamo finito per abituarci, come se la fine di mondo fosse solo una possibilità teorica, e in ogni caso lontana.

A esser sinceri, e un po’ cinici, per quarant’anni è stata la paura della Bomba a garantire la pace o almeno la non-guerra fra le due parti in cui si divideva il Nord del Mondo, Usa (ed Europa) da un lato, Urss dall’altro. Ognuna delle superpotenze avrebbe potuto distruggere l’altra varie volte, e questo le ha bloccate, le ha indotte a tenere un comportamento più o meno virtuoso. Quanto a noi, che vivessimo nell’Impero del Bene o che vivessimo in quello del Male, avevamo nei confronti della Bomba un atteggiamento ambivalente. Il suo fantasma era il centro di un’angoscia globale, ma ne facevamo anche il “luogo” decisivo della nostra appartenenza e del nostro impegno politico. In modo implicito, nascosto, sapevamo che le dovevamo la certezza delle nostre storie di vita. Si era a favore o contro, senza esitazioni: a favore o contro uno dei due Imperi, e dunque a favore o contro i modelli e i valori su cui si reggevano (o su cui dicevano di reggersi). Insomma, per essere tanto sinceri quanto cinici, avevamo imparato se non ad amarla, la Bomba, almeno a trarne vantaggi.

Basterebbe una scintilla per fare esplodere il pianeta

Poi, dopo il crollo del regime sovietico, e dopo la breve illusione che la Storia fosse finita – e che il modello occidentale avesse vinto, per sempre –, abbiamo scoperto paure di tutt’altra natura. E la Bomba? Di quella abbiamo perduto memoria. Non che il suo pericolo oggi sia diminuito. Al contrario, è aumentato. Non ci sono più i due Imperi a fronteggiarsi e a “bloccarsi”. Molte potenze minori riempiono i loro arsenali atomici. Basterebbe una scintilla per fare esplodere il pianeta. Ma appunto quella paura è vecchia, non è più up to date. Ossia, non è più “utilizzata” per dare forma alla percezione diffusa della politica. Anche se per lo più lo si dimentica, infatti, le paure sociali sono costruzioni appunto sociali, e dunque sono artificiali, legate alle visioni del mondo più che alla realtà delle cose. Oggi, infatti, up to date sono la paura dei migranti – dell’invasione di uomini e donne in fuga da povertà, guerre, persecuzioni –, e quella dell’islam. Con esse la destra politica e la destra culturale sono riuscite a dare forma alla nostra percezione della vita, e dunque al Mondo. Ma ora, con il loro incontro di Mosca, Obama e Medvedev di fatto ci ricordano che l’arma fine di mondo è ancora la padrona (eventuale) del nostro futuro.

Anche se per lo più lo si dimentica, infatti, le paure sociali sono costruzioni appunto sociali, e dunque sono artificiali, legate alle visioni del mondo più che alla realtà delle cose

P.S. Un altro vantaggio, almeno per noi italiani, ha l’incontro dei due presidenti. Per un po’, ci aiuta a dimenticare la miseria umana che ci governa. Congiure della stampa nazionale e mondiale contro quel sant’uomo di Papi? Giudici della Consulta che rivendicano con orgoglio il diritto di non essere imparziali? Leghisti che intonano canzonacce razziste contro i terroni? Pugno duro contro quei criminali dei clandestini, badanti comprese? Ronde intruppate da loschi figuri fascisti? Foto segnaletiche affisse sui muri delle città, come nel Far West? Per un attimo, possiamo illuderci che non sia questo il nostro orizzonte. Coraggio, c’è ancora tutto un universo, oltre la rete del pollaio.