Quali saranno le conseguenze della pandemia sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti? La risposta, tutt’altro che scontata, è drammaticamente imprevedibile. Solo un’osservazione continua e un’attenzione al sentire e pensare di questa fascia di popolazione può aiutarci ad attutire l’urto e a contenerlo. Non disponiamo ancora, tuttavia, di una possibile visione limpida di come le future generazioni saranno influenzate dai fattori repentini e stressanti, come quelli legati al Covid-19, di questi ultimi due anni.

Complesso per gli adulti, complesso per i bambini. A ogni età la pandemia ha creato pressione e richiesto di scoprire risorse e strumenti nuovi, ma ad aver pagato maggiormente il prezzo di questa distorsione della normale e sana routine sono stati sicuramente gli individui in età evolutiva, maggiormente privi, come comprensibile, di un bagaglio cognitivo ed emotivo sufficientemente robusto per condizione e fase del ciclo di vita. L’instabilità intrinseca del processo in fieri si è scontrata con lo sconvolgimento e con la castrazione della vita personale, spesso privata delle sue sane forme di rifornimento sociali e gravata dal peso dell’imprevedibilità e della paura. Quello che sembra aver influito – da un punto di vista più superficiale – sulle abitudini, ha invece condizionato processi individuali profondi e complessi legati all’attaccamento, alle omeostasi narcisistiche e allo sviluppo cognitivo, distorcendo contenuti e contenitori tipici delle fasi esistenziali. Ancor più importanti nell’età dello sviluppo.

Se, come sosteneva già Erik Erikson negli anni Settanta, i fattori psicosociali prevedibili e ripetitivi (scuola, abitudini in famiglia ecc.) sono alla base del sano sviluppo in età evolutiva, possiamo solo immaginare come le indispensabili misure prese contro la pandemia e l’imposizione di una discontinuità e di un isolamento imprevedibile abbiano influenzato e attaccato le basi su cui normalmente si fonda la costruzione dell’identità in età evolutiva e il processo di risoluzione delle problematiche interne connesse a questa fase di vita. A maggior ragione data l’incomunicabilità delle motivazioni sottese e la difficoltà a recepire spiegazioni dei cambiamenti collegata, per esempio, alle capacità cognitive dei bambini più piccoli. Separazioni improvvise con genitori o fratelli e sorelle positivi al virus, separazioni inaspettate e inspiegabili con maestre e compagni di classe lasciano i bambini a dover collocare psicologicamente a modo loro gli eventi che escono da una routine a cui sono abituati.

Separazioni improvvise con genitori o fratelli e sorelle positivi al virus, separazioni inaspettate e inspiegabili con maestre e compagni di classe lasciano i bambini a dover collocare psicologicamente gli eventi che escono dalla routine

Da studi recenti è emerso che la percentuale dei bambini che hanno sviluppato problematiche comportamentali e sintomi di regressione si attesta intorno al 65% per i minori di sei anni e intorno al 71% nei bambini dai sei anni in su. Questi dati sono la rappresentazione del tentativo della psiche di adattarsi alle controverse condizioni che la pandemia ha imposto a tutti i livelli. Sebbene le differenze nell’affrontare eventi stressanti dipendano anche e soprattutto dalla personalità e dal suo funzionamento a livello di tratti stabili, molte ricerche riportano l’entità dell’aumento di reazioni patologiche nei minori. Ad esempio, uno studio anglosassone a carattere longitudinale, apparso su "The Lancet" (M. Pierce et al., Mental health before and during the COVID-19 pandemic, 10/2020), ha comparato il benessere mentale di 42.330 soggetti prima e durante il lockdown, sottolineando un incremento clinicamente importante degli indicatori dello stress, in particolar modo nella fascia della tarda adolescenza. E molti sono gli studi coevi a conferma di questo dato. Ad esempio, il Dipartimento di Psicologia clinica dell’Università di Bath, in Gran Bretagna (M.E. Loades et al., The Impact of Social Isolation and Loneliness on the Mental Health of Children and Adolescents in the Contexte of Covid-19, "Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry", 11/2020.) ha confermato con risultati piuttosto significativi e preoccupanti gli effetti dell’isolamento causato dal Coronavirus per bambini e adolescenti, facendo emergere una forte connessione tra isolamento/solitudine e depressione. Analizzando studi condotti su bambini, adolescenti e giovani adulti fino a una età di 21 anni, è emerso che soprattutto i bambini più piccoli in età scolare hanno mostrato una possibilità tre volte maggiore di ammalarsi di depressione anche a distanza di tempo.

È comprensibile che i genitori siano confusi e non sappiano come mitigare le paure dei propri figli, o come spiegar loro le misure restrittive come ad esempio il distanziamento sociale. Questo ci fa riflettere sul fatto che, se in età evolutiva la propria sensazione di onnipotenza salvifica e spesso protettiva si basa anche sulla possibilità di poter spostare e proiettare questa caratteristica sul genitore, un caregiver smarrito potrà difficilmente svolgere questo ruolo di contenitore delle identificazioni proiettive del bambino. Salta dunque uno dei collanti più solidi dell’identità e dell’autostima che, parafrasando Nancy Mc Williams, è uno delle fantasie/bisogno più radicate nelle persone; ossia, che esista qualcuno onnisciente pronto a mettere a disposizione soluzioni e a risolvere problemi.

Se anche nell’adulto questa fantasia permane, nei bambini è un tassello fondamentale della psiche a salvaguardia di angosce e paure annichilenti. Proprio per mitigare queste paure la mente mette a disposizione tutto il bagaglio antico delle difese più arcaiche che, sebbene abbiano una finalità protettiva, potrebbero predisporre la persona a scompensi sintomatici durante la crescita. Il legame dunque tra fattori stressanti, capacità di accudimento e salute mentale del bambino emerge come fondamentale.

È proprio in un tempo incerto, che può sembrare un "per sempre", che il genitore deve fungere da supporto terapeutico per lo sviluppo emotivo e cognitivo dei figli

È dunque importante a livello prognostico la competenza genitoriale che, come emerge da varie ricerche (L. Cerniglia, S. Cimino e M. Ammaniti, L'impatto del periodo di isolamento legato al Covid-19 nello sviluppo psicologico infantile"Psicologia clinica dello sviluppo", 2/2020), risulta costituire un fattore protettivo fondamentale, svolgendo un ruolo decisivo nel modulare i feedback dei figli legati a eventi stressanti e imprevisti e influenzando le strategie di coping del bambino volte ad arginare le emozioni negative e pianificare soluzioni. È proprio in un tempo incerto, che può sembrare un "per sempre", che il genitore deve fungere da supporto terapeutico per lo sviluppo emotivo e cognitivo dei figli. L’accompagnamento alla genitorialità dunque, da parte di professionisti della salute mentale, diventa a volte tassello privilegiato per favorire questi processi di interscambio. Per scongiurare i prodromi di una Adverse Child Experience, molte ricerche sottolineano l’importanza dei tempi di attuazione dell’intervento e della sua precoce tempestività.