È stato editore, saggista, giornalista, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo, traduttore, editor. Ha creato e diretto case editrici che hanno fatto la storia recente del fumetto italiano («L’Isola Trovata», «Glénat Italia», «Granata Press»), scoprendo o valorizzando autori come Vittorio Giardino e Magnus. Soprattutto, con la rivista «Orient Express» Luigi Bernardi, scomparso oggi a Bologna, ha dato un contributo fondamentale al «fumetto d’autore italiano», etichetta verso cui era divenuto ben presto critico. 

Negli anni Novanta, con Granata Press e la rivista-laboratorio «Nova Express» pubblica e spesso scopre, tra gli altri, Cesare Battisti, Pino Cacucci, Ivan Della Mea, Paolo Di Orazio, Marcello Fois, Giuseppe Ferrandino, Carlo Lucarelli, Alda Teodorani, Nicoletta Vallorani e, in traduzione, Didier Daeninckx, Paco Ignacio Taibo I, Paco Ignacio Taibo II, Léo Malet, Jean-Patrick Manchette.

Come editor e consulente editoriale («Einaudi», «Hobby&Work», «DeriveApprodi», «Fazi», «Flaccovio», «Perdisa») fa tradurre o pubblicare Maurice G. Dantec, Anne Holt, Vittorio Bongiorno, Riccardo Pedrini (Wu Ming 5), Giampaolo Simi, Emidio Clementi, Paolo Nori, Danilo Arona. In particolare, cura per Fazi la traduzione delle opere di Léo Malet.

La chiusura di Granata Press gli fa scoprire la scrittura in prima persona, attività che praticherà in maniera regolare, costante e assidua («almeno una cartella al giorno, tutti i giorni»), firmando rapidamente numerosi titoli, tra cui Erano angeli (1998), Vittima facile (2003), Rosa piccola (2004), Musica finita (2005), Atlante freddo (2006), Senza luce (2008), Niente da capire (2011), Maddalena e le apocalissi (2011), Crepe (2013).

Negli ultimi anni torna al fumetto, sceneggiando alcuni titoli, tra cui Fantomax (2011), per i disegni di Onofrio Catacchio.La pienezza della sua figura di professionista della cultura è difficile da tracciare a chi non frequenta la nicchia editoriale del fumetto, un linguaggio da lui oggettivamente prediletto e per la cui promozione ha espresso al meglio i suoi molti talentiLa pienezza della sua figura di professionista della cultura è difficile da tracciare a chi non frequenta (quella che nel tempo è diventata) la nicchia editoriale del fumetto, un linguaggio da lui oggettivamente prediletto e per la cui promozione ha espresso al meglio i suoi molti talenti. Con alti e bassi, amarezze profonde, delusioni, periodi di allontanamento più o meno lunghi e crisi di rigetto, alla fine sempre rientrate. Con la capacità – istintiva, dettata dalla passione e dall’onestà intellettuale – di riconoscere e mantenere sempre la distinzione tra disincanto e cinismo, tra disillusione e pessimismo.

Luigi non avrebbe mai perdonato quel «al meglio», dopo quindici anni di pratica dello scrivere e di ricerca di una propria voce, trovata da tempo.

Una scrittura nella quale aveva al tempo stesso profuso e trovato energia e creatività, procurandosi una nuova platea di lettori forti ed esigenti, non sempre consapevoli dei tanti trascorsi di uno scrittore solido e spietatamente lucido, teso nel tentativo di cogliere un senso nell’assurdità del mondo. O di crearlo.

Una lucidità che non basta mai e della quale senza Luigi restiamo tutti un po’ orfani.