Negli ultimi giorni si è molto parlato degli effetti collaterali dell’enorme afflusso di turisti alle Cinque Terre per il week-end di Pasqua. Se da un lato il turismo ha rilanciato questi borghi di pescatori in abbandono inserendoli negli itinerari di viaggio di turisti americani e asiatici, dall’altro né i loro fragili ecosistemi né le loro infrastrutture sembrano essere adatti ad accogliere in sicurezza visitatori in grandissimo numero, soprattutto quando si concentrano in pochi giorni.

Così i media hanno riportato di episodi di attacchi di panico nella calca dei vicoli, dell’alto rischio di incidenti per gli assembramenti in attesa del treno nelle strette banchine delle stazioni, invocando misure per un turismo più sostenibile o per calmierare le presenze.

Poco distante dalle Cinque Terre, l’isola Palmaria si appresta a subire un simile processo, ma finora la vicenda sembra esser rimasta ai margini del dibattito. Gran parte dell’isola è stata per lungo tempo servitù militare e ciò l’ha paradossalmente protetta dalla speculazione edilizia molto più di altre località liguri, mantenendone quasi intatto l’ecosistema fino ad oggi. Nel 2019, Marina Militare, regione Liguria e comune di Portovenere hanno firmato un protocollo d’intesa per far tornare diversi immobili dell’isola nella disponibilità del comune: il progetto, noto come “Masterplan”, prevede il cambio di destinazione d’uso in turistico-ricettiva e la vendita all’asta di questi immobili con l’obiettivo di farne una meta di turismo di lusso.

Due attori chiave dell’operazione Masterplan sono stati il presidente della regione Giovanni Toti, che vorrebbe fare espressamente della Palmaria la “Capri della Liguria” e la Liguria “la Florida d’Italia” e il sindaco di Portovenere Matteo Cozzani, che è anche capo di gabinetto di Toti stesso in regione. Il caso dell’isola Palmaria appare sintomatico delle trasformazioni politico-economiche che, a partire dal 2015, stanno avvenendo nella provincia della Spezia e in generale in tutta la Liguria.

Nel 2015, anche grazie alle divisioni interne del campo avversario, Giovanni Toti viene eletto quasi inaspettatamente presidente della regione Liguria, chiudendo il ciclo di centrosinistra guidato da Claudio Burlando e aprendone un altro tutt’ora in corso. Come le tessere di un domino, dal 2015 in poi cadono i principali comuni della provincia della Spezia: Lerici, Sarzana e il capoluogo stesso, storicamente tutte roccaforti della sinistra, passano nelle mani del centrodestra con una dinamica simile a quanto avviene contemporaneamente in altri contesti come Torino, Pisa o Livorno. Sorte simile tocca agli altri capoluoghi di provincia liguri: Genova passa a destra nel 2017, Savona nel 2016 (anche se nel 2021 viene riconquistata dalla coalizione di centrosinistra) e Imperia ritorna nel 2018 nelle mani di Claudio Scajola, ministro in vari governi Berlusconi.

A differenza di Torino o Livorno però, tornate in mano al centrosinistra dopo un solo mandato, le coalizioni di centrodestra sono state riconfermate in quasi tutti i comuni della provincia della Spezia e sembrano aver attecchito nel mutato tessuto sociale ed economico ancor prima che sul piano elettorale. Anche le elezioni regionali del 2020 avevano visto una forte riconferma del presidente uscente, che incassava il 56% dei consensi.

Relativamente al tessuto sociopolitico del territorio spezzino, due elementi vanno tenuti in considerazione. In primo luogo, La Spezia è stata fondata sull’Arsenale militare e l’industria di Stato, soprattutto la seconda storico bacino elettorale per la sinistra: negli ultimi anni, Arsenale, Leonardo e Fincantieri stanno lasciando sempre più spazio a nuove filiere come la nautica e il turismo, tra cui quello crocieristico. Come notato da Filippo Paganini su questo sito, ciò comporta un cambiamento culturale e antropologico della classe lavoratrice, sempre meno operaia e sempre più fatta di piccoli imprenditori, proprietari di affittacamere, airbnb, bar e ristorantini: attività dallo scarso valore aggiunto che contribuiscono a generare rendite economiche e problematiche sociali come il caro-affitti.

In secondo luogo, la Liguria è una delle regioni demograficamente più anziane d’Europa e vive un declino demografico ormai costante a partire dal 2010, con una perdita di circa il 6% della sua popolazione. Come suggerisce la letteratura scientifica (anche se non di parere unanime sul tema), questo declino potrebbe aver in parte contribuito al successo del centrodestra ligure avvantaggiando la rappresentatività elettorale delle fasce di popolazione più anziane, più tendenti a votare in favore della destra. In questo scenario, unito alla bassa affluenza alle elezioni locali (ormai arenatasi intorno al 50%), l’efficace mobilitazione del proprio elettorato da parte del centrodestra permette in molti casi ampie vittorie.

La crescita economica ligure è dovuta in gran parte all’espansione del settore terziario turistico e del settore edile, guidata dal Superbonus e dal Piano Casa

Malgrado la crisi innescata dalla pandemia e protratta dal conflitto russo-ucraino, il tessuto economico ligure ha continuato a mutare in quest’ottica e nel 2022 è complessivamente tornato ai livelli pre-pandemici. Come sottolinea un report di Bankitalia sui primi tre trimestri del 2022, la crescita economica ligure è però dovuta in gran parte all’espansione del settore terziario turistico e del settore edile, guidata dal Superbonus e dal Piano Casa, ideato dalla giunta Burlando nel lontano 2009 ma prorogato da Toti pochi mesi dopo la sua elezione: il piano prevede agevolazioni per ristrutturazioni, demolizioni e ampliamenti di edifici anche nelle zone costiere, già vessate da costruzioni sregolate per finalità abitative o ricettive. Parallelamente, gli incrementi nella produzione industriale e nel traffico commerciale marittimo restano marginali.

In termini di trasporto marittimo di passeggeri (le tanto discusse crociere), proprio il porto della Spezia registra nel primo semestre del 2022 un incremento record in Liguria del 1013% rispetto al primo semestre del 2021 mentre registra una debole contrazione nel traffico di merci e container (rispettivamente -1,5% e -3,9%).

Il mercato del lavoro vede un tasso di occupazione a inizio 2022 già più alto dei livelli del 2019 (dal 63,2% al 64,7%) e un tasso di disoccupazione nettamente più basso e in linea con la media nazionale (dal 9,6% al 8,3%, con una media nazionale del 8,3%). La maggior parte dei nuovi contratti però è a tempo determinato e riguarda principalmente proprio il settore turistico, che vanta ben 18.154 attivazioni da gennaio ad agosto 2022: l’incremento della percentuale di contratti a tempo indeterminato tra le attivazioni nette è dovuto in larga parte alla stabilizzazione di preesistenti contratti a tempo determinato.

Sono tanti dunque gli indizi che sembrano suggerire un cambio di focus dell’economia ligure (e parimenti spezzina) dalla produzione industriale, il cui orizzonte strategico resta comunque la cantieristica, a favore del settore terziario, in particolare turistico.

In conclusione, sembra che in Liguria si sia formato un nuovo blocco egemonico, di cui Toti e il suo partito si sono fatti rappresentanti nelle istituzioni, che ottiene grandi consensi anche in territori e strati sociali storicamente avversi alla destra e che è riuscito a costruire una coalizione politica mettendo insieme la residua grande industria ligure, costruttori edili, commercianti del centro città, padroncini e imprenditori del settore turistico.

Questo modello a trazione turistica rischia però nel lungo periodo di impoverire la Liguria con attività a bassa produttività e di sfaldarne il tessuto sociale

Questo modello a trazione turistica rischia però nel lungo periodo di impoverire la Liguria con attività a bassa produttività e di sfaldarne il tessuto sociale: il turismo prevalentemente costiero, unito al calo demografico e al dissesto idrogeologico, implica la progressiva morte demografica dei piccoli borghi della Liguria interna, troppo lontani da servizi e da fonti di reddito. Alla disuguaglianza economica si aggiunge anche quella territoriale: i centri costieri sono destinati a diventare più inospitali per i residenti, tra movida, tanto demonizzata dalla destra ma allo stesso tempo evidentemente auspicabile, e aumento degli affitti e del costo della vita in competizione con gli airbnb e il potere d’acquisto dei turisti.

Sebbene Toti si riferisse alla dimensione turistica nel descrivere, nel suo ultimo discorso di Capodanno, la Liguria come “Florida d’Italia”, il parallelo appare calzante anche da un punto di vista prettamente politico: da tradizionale “swing state”, la Florida è ormai uno stato stabilmente a destra, esattamente come la Liguria. Come unica roccaforte progressista resta ovviamente la metropoli di Miami, mentre qui anche Genova sembra essere passata saldamente nelle mani della destra.