Siamo più razzisti? Certo è che l’impressionante escalation di atti e provocazioni di matrice razzista in Italia non può in alcun modo essere sottostimata. Atti gravissimi da parte di gruppi di estrema destra, come quelli di Casal Bruciato di inizio maggio, che si configurano come vere e proprie persecuzioni sistematiche. Ma anche violenza diffusa, nella vita quotidiana, nei mezzi pubblici e in strada. Eventi profondamente discriminatori a scuola e nei luoghi di lavoro: basti pensare, ad esempio, agli insulti espressi da un maestro elementare contro un bambino nigeriano in una scuola di Foligno, che hanno colpito profondamente l’opinione pubblica, ben al di là delle cerchie di attivisti anti razzisti e militanti della solidarietà organizzata. Il quadro è assai preoccupante, e gli episodi di cronaca si susseguono con intensità da prima delle elezioni del 4 marzo 2018.

Ma sono i fatti e gli attacchi ad essere aumentati, o piuttosto sono i media a parlarne di più e i cittadini ad essere diventati più sensibili all’odio razzista e a parlare e a denunciare più facilmente di un tempo gli atti di intolleranza e odio nei confronti dell’altro da sé e del diverso che avvengono in Italia? In realtà a questa domanda non si può rispondere con esattezza. I dati dell’Osservatorio per la sicurezza antidiscriminatoria disponibili presso il ministero dell’Interno sono fermi e quelli relativi al 2018 non sono ancora stati resi noti. Ciò nonostante, giornalisti e commentatori parlano (certo non a caso) di «un’emergenza razzismo». Del resto già a fine febbraio Annalisa Camilli denunciava su «Internazionale» l’inesistenza di una banca dati ufficiale che raccolga e pubblichi con regolarità le statistiche su episodi di razzismo, crimini di odio e aggressioni a sfondo xenofobo. Alcuni dati sono raccolti dall’associazione Lunaria (si veda in particolare il sito www.cronachediordinariorazzismo.org), altri dall’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.

Nell’insieme, l’impressione che si ricava dalle informazioni e dai dati disponibili è quella di un progressivo aumento in politica e nel discorso pubblico (non certo da oggi) di riferimenti etnici e razziali per sminuire gli individui sulla base di tratti ascrittivi, al fine di creare gerarchie di diritti fra persone di serie A e di serie B, sino a, in alcuni casi, disumanizzare e animalizzare altri esseri umani a fini di suprematismo e odio razziale. Si tratta di processi di stampo razzista che emergono in seno alle società democratiche, nella loro mutazione contemporanea, e i cui effetti sotto forma di danni nei rapporti all’interno delle comunità sono di lungo periodo.

 

[L'articolo completo pubblicato sul "Mulino" n. 3/19, pp. 426-432, è acquistabile qui