Farsi un selfie sulla tomba di Jim Morrison nel cimitero parigino di Père-Lachaise è fuori luogo? Recarsi in Thailandia per guardare le «donne giraffa» è deprecabile? Scegliere una meta per turismo sessuale è immorale? Sono solo alcuni degli interrogativi morali che Corrado Del Bò ci propone attraverso la lettura del suo libro Etica del turismo. Responsabilità, sostenibilità, equità (Carocci, 2017).

Il turismo è un concetto complesso, non riconducibile esclusivamente alle tradizionali dimensioni dell’industria economica, del viaggio o della vacanza, ma ha delle proprie, fondamentali, implicazioni etiche. L’aumento dei flussi economici legati alle mobilità turistiche è indubitabilmente una tendenza irreversibile che la più recente crisi congiunturale e gli attacchi terroristici di questi anni hanno solo in parte intaccato, variando le geografie turistiche più che le statistiche della mobilità turistica (N. Costa, Turismo e terrorismo jihadista. I valori liberali della vita mobile e i nuovi nemici della società aperta, Rubbettino, 2016). In questa chiave il turismo ha mostrato una resilienza ragguardevole. A livello internazionale, infatti, i flussi di viaggiatori continuano ad aumentare, sostenuti soprattutto dai Paesi in fase di sviluppo turistico, come i «Brics» (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e quelli dell’Asia o del Sud America. Nell’epoca della crisi internazionale questa dimensione costituisce il centro di una rinnovata economia globale.

Ma il turismo è soprattutto un processo sociale, spazialmente e temporalmente situato, in cui viaggiatori e ospiti, turisti e territori, persone e culture si incontrano e si confrontano su diversi livelli e piani di azione: dal lavoro all’economia, dal genere alle generazioni, dalla salute al relax, dall’arte alla sessualità, passando per processi di costruzione delle identità e delle cittadinanze. Ciò ha delle conseguenze positive e negative dentro le relazioni di vita associata. L’etica del turismo tematizza questa riflessione entro un’indagine teorica più ampia rispetto a quella di tutte le discipline che si occupano di turismom e lo fa chiarendo i fondamenti e i contorni concettuali della riflessione morale sul turismo: responsabilità, sostenibilità, equità e rispetto delle differenze.

La prospettiva etico-filosofica del libro chiarisce bene che il turismo è un’attività di interazione umana non sganciata dalla riflessione critica sulle conseguenze che i viaggi hanno sulla vita delle persone, dei governi e delle comunità locali. Parlare di filosofia del turismo significa essenzialmente applicare un tipo di riflessione – nel nostro caso etica – a uno dei fenomeni più complessi della vita associata. Ricerca di distinzione e differenziazione sociale, il fenomeno turistico è un universo etico sempre più multiforme, oggetto di passioni e tensioni fluidificate dal mutare dei desideri e dalle esigenze create dal consumo e dal consumismo, dalla vetrinizzazione delle mete di viaggio, da una rinnovata (o forse perduta) autenticità dei territori.

In questo quadro è cambiato anche il profilo del turista che non è più (soltanto) un viaggiatore ingenuo o imprigionato nella bolla del turismo massificato, ma apprende presto, osserva, scopre, assimila in modo sempre più attento, acquisendo autonomia di decisione e di mobilità. La società del benessere diffuso, delle seconde case di vacanza, della tecnologia e della mobilità in ogni dove trasforma il turista viaggiatore in turista esploratore con un fare quasi ossessivo tipico del flâneur. In questa angolazione critica la connotazione etica del turismo fa generalmente riferimento a itinerari di emozioni, buoni sentimenti. In realtà, la riflessione etica di Del Bò precisa i contorni della questione, elaborando argomenti a sostegno o contro certe pratiche turistiche. L’operazione che conduce l’autore del libro è questa: dare una struttura teorica a questioni legate al turismo che, nel sentire comune, si riducono alla questione della scoperta sincera del mondo.

L’idea dell’etica del turismo è cercare di isolare i problemi che ineriscono al turismo per poi rifletterci su. Alcuni problemi, dalla povertà alla sessualità, non valgono soltanto nell’ambito turistico, ma l’interazione turistica li esprime con migliore chiarezza e le conseguenze che ne risultano segnano l’analisi. L’esempio classico è il frammento di mosaico pompeiano che il pugno del turista si porta a casa da una delle aree storico-archeologiche più visitate del mondo. Di pugno in pugno, di frammento in frammento, l’antica città di Pompei rischierebbe di sparire se non intervenisse la riflessione etica a contenere il danno. Secondo il filosofo: «I danni da turismo inevitabili sono quelli coessenziali alla pratica turistica: per il solo fatto che c’è il turismo, cioè che ci sono persone che svolgono un’attività turistica, ci sono anche questi danni e l’unico modo per non produrli sarebbe quindi non fare turismo» (p. 57). Oppure di contenerli. «Le docce fatte dai turisti in un contesto di grande ricchezza idrica non sono moralmente problematiche, ma possono esserlo le medesime docce fatte in un contesto in cui l’acqua è risorsa più scarsa o in cui per avere l’acqua calda occorre tagliare molto legname» (p. 59). In questo discorso il turismo come pratica etica e responsabile assume un ruolo sempre più centrale. La ricetta di Del Bò non è sempre praticabile, ma le conclusioni a cui arriva l’autore hanno un valore potente e valgono come monito al di là del turismo: per ogni viaggio esiste probabilmente un problema sociale, e per ogni problema sociale c’è probabilmente almeno un’etica che rispetta l’umanità e i suoi valori universali.

 

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