Negli ultimi mesi si è molto parlato dell’attuale situazione delle regioni del Nord Est riguardo ai contagi, anche per il grande riscontro mediatico ottenuto dai cortei no vax e no Green pass che si sono concentrati in quell’area, e in particolar modo a Trieste. Da metà ottobre in poi, quest’ultima è infatti diventata, mediaticamente, la capitale delle manifestazioni negazioniste, per poi divenire anche culla di contagi.

Questo fenomeno ha certamente avuto molte concause. La protesta dei portuali, cominciata con l’introduzione dell’obbligo di certificato verde nei luoghi di lavoro dal 15 ottobre, è certamente stata una di queste. Mediaticamente molto seguita, essa ha generato una sorta di reazione a catena per cui, con il passare dei giorni, da ogni parte d’Italia sono accorsi a Trieste numerosi manifestanti che con il porto della città non avevano nulla a che fare, ma condividevano le ragioni della protesta. Accanto a questo, però, per quanto riguarda l’aumento dei contagi, Trieste, il Friuli-Venezia Giulia e tutto il Nord Est si trovano anche in una posizione molto delicata – il confine con Slovenia e Austria, Paesi che negli ultimi mesi hanno visto alzarsi le curve dei contagi in maniera drammatica – che potrebbe aver favorito tale incremento. Il Friuli-Venezia Giulia è stata così la prima regione a entrare in zona gialla in questa quarta ondata, a fine ottobre, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano in novembre. E l’andamento dei contagi, per ora, non sembra migliorare, tanto che anche il Veneto e la provincia di Trento sono entrati in zona gialla il 20 dicembre.

È tra i giovani che di recente si è diffuso uno scetticismo crescente nei confronti delle istituzioni, della politica e – ci siamo chiesti – forse anche nei confronti della gestione della pandemia

Al di là del singolo caso di Trieste, negli ultimi mesi lo scetticismo su vaccini, adozione del Green pass e gestione della pandemia da parte del governo si è diffuso in gran parte del Nord Est. Ci siamo quindi interrogati su quale sia la posizione dei cittadini sulla pandemia, sugli strumenti adottati e da adottare per uscirne e, in particolar modo, su quale sia la posizione dei più giovani su tutto questo. È tra i giovani, infatti, che negli ultimi anni si è diffuso uno scetticismo crescente nei confronti delle istituzioni, della politica e, dunque, forse anche nei confronti della gestione della pandemia e di tutto ciò che ne è conseguito.

Abbiamo quindi somministrato un questionario ai cittadini tra i 18 e i 35 anni delle tre regioni del Nord Est – Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige – in collaborazione con l’istituto di ricerca Swg. Le questioni che abbiamo indagato vertono in particolare sulla posizione dei giovani del Triveneto su temi chiave come la gestione della pandemia da parte delle istituzioni politiche e sanitarie, la vaccinazione, l’uso del certificato verde; naturalmente abbiamo poi cercato di esplorare quali fattori potrebbero influenzare la loro posizione su questi temi.

Il primo grafico che presentiamo (figura 1) è relativo a una batteria di domande che abbiamo posto per saggiare le attitudini dei rispondenti sul tema della gestione della pandemia e sulle teorie complottiste che a essa si sono accompagnate. Nei primi tre quesiti possiamo rilevare una minoranza decisamente non trascurabile di intervistati che mostra scetticismo nei confronti dell’emergenza in atto. Il 25,6% del campione ritiene plausibile che il governo stia nascondendo il vero numero dei morti causati dalla pandemia, percentuale non troppo distante da chi considera la minaccia posta dal Covid-19 esagerata per ragioni politiche (31,3%) e il Green pass uno strumento di controllo sociale (32,3%). Allo stesso tempo, però, la fiducia nei vaccini risulta molto alta: l’87,3% del campione li ritiene uno strumento indispensabile per sconfiggere il Covid-19 e uscire dalla pandemia.

A partire da queste domande, abbiamo costruito un indice additivo di scetticismo nei confronti della gestione della pandemia, attribuendo un punteggio di 1 a chi ha risposto «molto/abbastanza plausibile» ai primi tre quesiti e «molto/abbastanza implausibile» alla domanda relativa ai vaccini e 0 quando, specularmente, i rispondenti si sono collocati nel polo opposto (alfa di Cronbach: 0.78). In buona sostanza, l’indice può variare da zero (assenza di scetticismo) a quattro (massimo grado di scetticismo). Il secondo grafico ci mostra un campione sostanzialmente diviso a metà tra chi non ha mostrato alcuno scetticismo di fronte ai nostri quesiti (53,8%) e chi si è rivelato scettico di fronte ad almeno uno di essi. Non trascurabile è anche la quota di chi mostra un alto grado di scetticismo (risposte scettiche su tre o tutti i quesiti), che ammonta a un quinto dei rispondenti. Si tratta di dati ancora più rilevanti se teniamo conto che il nostro campione era in larghissima parte costituito da giovani vaccinati contro il Covid-19: quasi il 90% dei nostri rispondenti, infatti, ha dichiarato di aver completato il ciclo vaccinale, e solo il 5% del campione di non aver alcuna intenzione di vaccinarsi. 

Abbiamo provato a esplorare le radici di questi fenomeni andando a guardare come si distribuisce il nostro indice in base a variabili socio-demografiche (istruzione, percezione della situazione economica e dell’impatto finanziario del Covid-19) e ideologia (collocazione sull’asse destra-sinistra). Per quanto riguarda la prima variabile (figura 3) possiamo notare una certa divisione tra chi possiede una laurea e chi non ha conseguito questo titolo di studio. Nel primo caso, il 61,5% del campione non mostra alcuno scetticismo, mentre nel secondo gruppo questa percentuale cala al 44,2%. Chi mostra un alto grado di scetticismo, infine, ammonta al 13,6% tra i laureati e circa al doppio tra chi non è laureato.

Divisioni sociali emergono chiaramente anche analizzando il nostro campione in relazione alla situazione economica percepita (figura 4). Abbiamo diviso i rispondenti tra chi sostiene che la propria condizione economica sia agiata o senza particolari difficoltà e chi invece la percepisce come difficoltosa. I dati di questo confronto si avvicinano molto a quelli già rilevati per il titolo di studio. Il 58,6% di chi non riferisce difficoltà economiche non mostra alcun grado di scetticismo, mentre la percentuale scende al 44,6% tra chi avverte delle difficoltà. Rilevanti sono anche le differenze tra chi esprime un alto grado di sfiducia tra i due gruppi (risposte scettiche a tre o quattro quesiti: 16,8% tra chi ha una condizione economia non difficile, 26% tra chi accusa difficoltà)

Anche la percezione dell’impatto che la pandemia ha avuto sulla propria situazione finanziaria sembra contribuire alle attitudini generali nei confronti della gestione pandemica. Abbiamo diviso i rispondenti in due sotto-campioni: chi ritiene di essere stato molto o abbastanza colpito dalla pandemia dal punto di vista finanziario e chi poco e per niente. Analogamente alla domanda precedente, tra chi avverte maggiori difficoltà economiche l’assenza di scetticismo si ferma al 39,2%, mentre nel gruppo meno colpito raggiunge il 62,8% (figura 5).

Uno dei dati più interessanti della nostra indagine è rappresentato dalle profonde differenze su questo tema a seconda del posizionamento ideologico (figura 6). Tra chi si colloca a sinistra o nel centrosinistra l’assenza di scetticismo nei confronti della gestione pandemica ammonta a una percentuale molto più alta rispetto al dato rilevato sull’intero campione (80,6%). Questa percentuale cala, rimanendo comunque maggioritaria, tra chi si colloca al centro (58,5%), per scendere bruscamente tra chi si colloca a destra o nel centro-destra (22,8%) o chi rifiuta di collocarsi sull’asse destra-sinistra (31%). Specularmente, chi mostra un alto grado di scetticismo rappresenta appena il 4,6% di chi ha espresso una collocazione progressista, per salire addirittura al 37,8% tra chi invece si è collocato nel polo di destra.

Se la diffidenza nei confronti della gestione pandemica rimane minoritaria, anche in quest’area del Paese, emergono un’area politica e dei settori sociali nei quali lo scetticismo si fa sentire maggiormente

Esaminando più nel dettaglio le differenze ideologiche a seconda dei quesiti che compongono il nostro indice, riscontriamo delle discrepanze profonde nelle prime tre domande. Ad esempio, nella domanda relativa al Green pass, ben il 63% dei rispondenti collocati nel centrodestra si è dimostrato scettico verso questa misura a fronte di un 11,9% di chi si colloca nel centrosinistra. Nel quesito relativo al numero dei morti per Covid-19 eventualmente nascosti dal governo troviamo un 48,9% di scettici a destra contro il 7,2% di scettici di sinistra e in quello sulla minaccia pandemica possibilmente esagerata per motivazioni politiche il 54,3% di scettici a destra contro l’8,7% a sinistra. Diversamente dalle prime tre, la domanda sui vaccini mostra invece discrepanze ideologiche meno profonde, come era facilmente immaginabile visto l’alto grado di consenso verso la campagna vaccinale rilevato nella nostra indagine. Se gli elettori collocati nel centrosinistra approvano questa misura più degli altri (95,6%), i vaccini trovano un consenso comunque piuttosto ampio anche tra chi è collocato a destra (79,8%) e tra i non collocati (77,1%).

Per concludere, se la diffidenza nei confronti della gestione pandemica rimane minoritaria, anche in quest’area del Paese, emergono un’area politica e dei settori sociali nei quali lo scetticismo si fa sentire maggiormente. Per quanto riguarda i secondi, l’incertezza che molte persone ancora vivono a causa del Covid-19 sta giocando un ruolo importante nel modo in cui esse reagiscono alle decisioni del governo e alle misure adottate per combattere la diffusione del virus. Questa quota di (giovani) cittadini rappresenta una sfida importante per il buon esito di politiche pubbliche che, inevitabilmente, coinvolgono tutta la popolazione. E i decisori dovranno tenerne conto se vorranno cercare di garantire l’applicazione e il successo di quelle politiche. 

 

[L'indagine è stata finanziata grazie al Fondo per la Ricerca di ateneo assegnato al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste. Gli autori sono grati, in particolare, ai professori Daniela Frigo e Cesare La Mantia per la loro personale disponibilità]