I problemi connessi alla povertà estrema e alla mancanza di una condizione abitativa adeguata – che, nei casi limite, può tradursi in assenza di dimora – sono centrali nel dibattito pubblico e politico di molti Paesi. Dopo decenni di sviluppo economico generalizzato e pervasivo di cui trasversalmente hanno beneficiato pressoché tutti gli strati della popolazione, a partire dalla seconda metà del 2007 si è assistito a un significativo e duraturo rallentamento dell’economia mondiale, che si è tradotto in un aumento dell’impoverimento, della deprivazione e in ultima battuta della povertà. Le nuove povertà hanno colpito in modo inatteso fasce della popolazione precedentemente dotate di una vita professionale e sociale stabile, andando a innescarsi prevalentemente laddove da un lato la protezione delle politiche sociali era meno efficace, dall’altro i legami sociali e familiari erano più deboli e instabili.

Un numero sempre crescente di individui ha iniziato anche a sperimentare forme estreme di povertà come l’esclusione sociale e l’assenza di dimora. Sebbene non vi sia un nesso causale diretto tra povertà e assenza di dimora, è pur vero che il fenomeno si manifesta con maggiore probabilità dove vi sia povertà. Da un punto di vista semantico, la povertà estrema si riferisce alla condizione di chi non dispone, con continuità, dei mezzi essenziali di sussistenza e non beneficia di una condizione abitativa autonoma minima accettabile, o, al più, vi dispone esclusivamente ricorrendo a servizi di assistenza pubblici o privati. L’esclusione sociale identifica invece la condizione vissuta da chi vive in una condizione di rischio per la propria incolumità, non conducendo una vita sociale regolare secondo i canoni della comunità di appartenenza e, per questo, viene stigmatizzato come marginale o deviante. Nel primo caso il discrimine è un qualcosa di tangibile e ben definito, nel secondo caso la linea di demarcazione è molto più sfumata e non è assimilabile a un qualcosa di immediatamente osservabile e quantificabile.

Sebbene da un punto di vista concettuale e teorico i due fenomeni appaiano interconnessi, non vi è ad oggi consenso unanime circa l’esistenza di un nesso casuale di tipo univoco. Povertà ed esclusione sociale si riferiscono a due status estremamente complessi che per la loro multidimensionalità difficilmente riescono ad essere ricondotti a una semplice definizione. Uno dei problemi principali risiede nei molteplici percorsi possibili sperimentabili dall’individuo. Talvolta gli individui vivono un processo graduale di lento declino verso una profonda povertà che li porta alla perdita della dimora e a vivere in strada o in centri di prima accoglienza. In altri casi, individui che sperimentavano una condizione di relativa stabilità sono colpiti da shock esogeni inattesi di tipo reddituale o relazionale e, in modo rapido e repentino, cadono in uno stato di povertà estrema che si manifesta, in ultimo, con la perdita dell’abitazione. A questo si aggiunge la non prevedibile ciclicità del fenomeno nell’arco della vita. È infatti possibile che uno stesso individuo nel corso della propria vita sperimenti molteplici episodi di povertà estrema che possono essere ampiamente diversi per intensità e durata. Una condizione che inizialmente sembrerebbe solo temporanea può invece trasformarsi in ricorrente, o persino cronica.

La complessità del fenomeno, che si traduce anche nella difficoltà di delinearne in modo univoco i tratti distintivi e i confini di riferimento, trova riscontro nel fatto che vi siano pochi dati affidabili e soprattutto comparabili temporalmente e geograficamente. La mancanza di dati da una parte rende difficile condurre analisi statistiche approfondite che aiutino a definire i percorsi e i processi tipici dell’assenza di dimora e quindi consentano di definire interventi efficaci, dall’altra non consente neppure di quantificare i costi della sua gestione. Quando si parla di assenza di dimora, la naturale e immediata associazione di idee è con la parola povertà e quindi con la mancanza di risorse economiche. Il riferimento diretto è pertanto al denaro in termini di sua assenza. Raramente si focalizza l’attenzione sull’ingente ammontare di risorse economiche investite quotidianamente per fronteggiare il fenomeno. Risorse necessarie per coprire sia i costi derivanti dalla fornitura di servizi sia quelli indiretti che la società deve sostenere. Parlare di risorse e di spese appare importante alla luce dei trend che hanno caratterizzato la popolazione negli ultimi anni.

 

[L'articolo completo è pubblicato sul "Mulino" n. 3/2015, pp. 496-504. Il fascicolo è acquistabile qui]