Due giovani donne si aggirano per il mondo, attirando grandi critiche e grandi consensi. Greta Thunberg e Alexandria Ocasio-Cortez non hanno molto in comune, se non l’abilità nel comunicare e il merito di aver posto il tema del cambiamento climatico e di che cosa fare per combatterlo al centro di una discussione planetaria. Non è un cattivo risultato per un'adolescente e una rappresentante giunta a Washington da pochi mesi – a meno di non credere, come per certo qualcuno avrà scritto, che in verità si tratta di due marionette nelle mani di un progetto teso a minare le basi della nostra civiltà. Ma mentre la ragazza svedese svolge un ruolo da mobilitatore e comunicatore, Ocasio-Cortez avanza proposte di legge ambiziose.

Che cos'è il Green New Deal? Questo, per la verità, è il nucleo politico della proposta: avviare un grande piano di conversione, infrastrutturale, locale, che disinquini, che investa in ricerca e che adotti tecnologie nuove e non inquinanti

Che cos'è il Green New Deal, il pacchetto di interventi per rendere sostenibili l’economia e la società americane? Che cosa c’è scritto nel progetto di legge, nei rapporti che lo hanno anticipato (qui quello più ricco di dati) e quanto si tiene in piedi la proposta? Molto e non abbastanza. Partiamo dalle informazioni: il progetto di legge presentato dalla rappresentante del Bronx non è un testo che stanzia fondi o descrive nel dettaglio le misure da avviare. Si tratta piuttosto di un mandato al Congresso, al governo federale e alle comunità locali per avviare un piano di grande ambizioni che determini la progressiva uscita dall’economia degli idrocarburi, crei lavoro, riduca le diseguaglianze. Il preambolo del testo recita in sintesi: «Posto che il riscaldamento globale è una minaccia e che è necessario fermarla, posto che il New Deal ha creato una florida middle class ma ha lasciato ai margini parti importanti della società americana e che la Camera riconosce che la possibilità di una nuova mobilitazione nazionale, economica, sociale e industriale di una portata non vista dai tempi del New Deal e della Seconda Guerra Mondiale è una opportunità storica…». E questo, per la verità, è il nucleo politico della proposta: avviare un grande piano di conversione, infrastrutturale, locale, che disinquini, che investa in ricerca e che adotti tecnologie nuove e non inquinanti.

È poco? Troppo? Troppo vago? Facciamo un grande balzo al 1932 e ricordiamo come «New Deal» non fosse che uno slogan tra gli altri del futuro presidente Roosevelt e che tutto quanto avvenne negli anni successivi fu il frutto di sperimentazione, discussione, tensioni interne all’amministrazione e suo progressivo spostarsi verso quelle che oggi chiameremmo politiche di sinistra – ma anche pescando idee dalle esperienze stataliste autoritarie nate tra le due guerre. Insomma, neppure la più grande manovra di difesa della democrazia liberale e del mercato (corretto, regolato e limitato nei suoi istinti peggiori) che la storia ricordi era figlia di un piano studiato a tavolino. E anche il New Deal fu un tentativo articolato, ambizioso, fatto di cose molto diverse e necessitò della mobilitazione di un apparato burocratico imponente, di enormi risorse. E ottenne grandi successi, pur inciampando in diversi errori o distorsioni (che le political machines adoravano gestire soldi) e, come scrive Ocasio-Cortez nella sua proposta di legge, lasciò fuori le minoranze e in parte anche le donne.

La novità dell’idea della sinistra democratica statunitense sta nell’associare la transizione ecologica dell’economia con la creazione di occupazione e la lotta alle diseguaglianze. O meglio, nel voler affrontare la prima e le seconde assieme. Anche in questo caso non c’è nulla di strano o sbagliato: affrontare davvero il tema del clima, che solo figure squalificate come il presidente Trump o qualche sovranista europeo continuano a negare o sottovalutare, significa necessariamente creare lavoro, anche pubblico, incentivi, fare ricerca. E serve davvero trovare nuove modalità di produrre le cose, isolare gli edifici, disinquinare quel che è contaminato, prendersi cura del territorio e degli spazi urbani. Serve insomma qualcosa che somigli alla rivoluzione industriale, che, sarà bene ricordare anche questo, se si esclude la Gran Bretagna, avvenne anche molto su impulso dello Stato – in Germania, in Francia, in Italia. Per fare queste cose servono risorse, da reperire attraverso tasse ambientali o mettendo mano a riforme del fisco che prevedano che i colossi tecnologici e non solo paghino le tasse (Amazon l’anno scorso non ne ha pagate) e che l’1% (o il 10%) contribuiscano in misura maggiore degli altri a questo sforzo. Molto complicato, ma sensato.

Dove sono i difetti di questa proposta allora? A mio modo di vedere ce ne sono due. Il primo è di natura economica e riguarda la teoria che lo promuove. I socialisti democratici Usa – Sanders per primo – hanno come consiglieri economici i sostenitori della Modern Monetary Theory (Mmt) che (gli economisti mi perdonino l’approssimazione) sostiene che gli Stati nazionali possano spendere a volontà perché possono stampare tutta la moneta di cui hanno bisogno senza preoccuparsi dell’inflazione. Qualsiasi piano, dunque, si paga in deficit senza doversi preoccupare. Una tesi che aveva già fatto molto discutere quando gli stessi economisti avevano presentato un piano per il lavoro pubblico di ultima istanza (il lavoro garantito). Sia nel caso del job guarantee che in quello del Green New Deal, che ne incorpora gli elementi cruciali, però, gli economisti di primo piano che ne hanno discusso la fattibilità, Joseph Stiglitz, Larry Summers, Paul Krugman tra questi, non ne hanno messo in discussione la sensatezza. Se la Mmt viene definita da alcuni Voodoo economics, poi, non sarà male ricordare che la riforma fiscale Trump ha creato miliardi di buco per le casse federali e non ha messo in moto nessun meccanismo virtuoso nell’economia se non far pagare meno tasse ai ricchi e generare un po’ di domanda interna. O che anni di austerity europea non hanno consentito agli Stati nazionali di uscire dalla crisi e non hanno ridotto il debito dei Paesi peggio messi (Grecia, Italia). E che per un’economia occidentale che rischia la spirale giapponese o la stagnazione secolare di cui parla con insistenza proprio Larry Summers, servono idee diverse. Qualche giorno fa sul “Financial Times” Martin Wolf spiegava bene che “la politica monetaria ha fatto il suo corso”. Insomma: anche se il “pasto gratis” stampando più soldi è probabilmente una scelta sbagliata, i critici non possono permettersi di fare spallucce e sorridere sarcastici. Non hanno i titoli per farlo.

La seconda obiezione alla proposta di Ocasio (non all’idea di Green New Deal), è che si tratta di un piano per la realizzazione di un disegno politico socialdemocratico: più intervento statale, lavoro pubblico con paghe e assicurazioni sopra la media, tasse ai ricchi, formazione e training alle comunità marginali e vulnerabili, incoraggiamento all’organizzazione sindacale sul posto di lavoro, cambiamento degli accordi commerciali in maniera da inserire clausole ambientali e sociali, garantire a tutti la stessa assicurazione sanitaria. Intendiamoci bene, chi scrive trova ciascuna di queste cose sensata. Quel che è problematico è associarle in maniera tanto stretta al riscaldamento globale. Per avviare una grande transizione dell’economia serve consenso. Tanto. E compromessi. Nuovi, avanzati, che facciano pagare Wall Street, i giganti tecnologici e gli inquinatori, ma compromessi. E voler cambiare modello di sviluppo, modello sociale, cultura dell’impresa per via legislativa come con la bacchetta magica difficilmente funzionerebbe.

La bozza di legge – che non verrà mai approvata dal Congresso – ha comunque un enorme pregio: pone le questioni giuste e le pone con un titolo giusto e forte e attraverso una figura visibile e popolare. In fondo siamo qui a parlare di una proposta che associa la salvaguardia del pianeta e l’equità. E forse, anche grazie a proposte che mirano troppo in alto, impareremo a centrare il bersaglio. Che non è quello di fare la gara a chi abbassa più le tasse, a chi da più incentivi alle imprese per costruire un quartier generale gratis o installare macchine che sostituiscono persone nei casi in cui questo non sia un vantaggio per tutti e non solo per le imprese che lo fanno.