Il 12 settembre scorso la città di Derna, nella Libia orientale, è stata letteralmente travolta da una enorme onda di acqua e fango che ha causato almeno 11 mila morti, mentre altri 10 mila sarebbero i dispersi. Le piogge torrenziali portate dal ciclone Daniel sono cadute sulla Cirenaica ingrossando a dismisura la portata del bacino idrico artificiale che si trovava a monte della città, fino a causare il collasso delle dighe di al Balad e di Bu Mansur. Ci sono voluti alcuni giorni affinché la stampa internazionale riportasse in prima pagina le dimensioni della tragedia e ancora di più affinché gli aiuti internazionali raggiungessero la città. I primi soccorsi libici sono iniziati ad affluire in modo volontaristico nella zona e solo il 15 settembre, tre giorni dopo la tragedia, il generale Khalifa Haftar ha visitato di persona lo scenario del disastro.

Sulle ragioni di quanto accaduto, al di là dell’eccezionalità delle precipitazioni, pesano indubbiamente anche fattori umani

Sulle ragioni di quanto accaduto, al di là dell’eccezionalità delle precipitazioni, pesano indubbiamente anche fattori umani. Da più parti si nota come non sia stato dato un allarme tempestivo quando, probabilmente da 24 ore prima o forse più, il pericolo che si stava creando a monte della città, con l’ingrossamento a dismisura del bacino della valle di Derna, era intuibile. Insomma, sarebbe stato possibile evacuare la popolazione per tempo e verosimilmente per la maggior parte. Vi è però di più. In uno studio pubblicato nel 2022 sul “Journal of Pure & Applied Sciences” dell’Università di Sebha, la più importante del Sud della Libia, il collega Abdulwanes Abdulaziz Ramadan Ashour del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università Omar Al-Mukhtar, Al-Bayda, in Cirenaica, denunciava le gravi carenze di quelle stesse infrastrutture che poi sono crollate sotto il peso delle piogge. Analizzando il flusso superficiale nella valle di Derna sulla base di serie statistiche storiche, lo studio sottolinea che rispetto alla possibilità di importanti alluvioni il livello di rischio “medio”, ufficialmente adottato dalle autorità libiche, non si sarebbe rivelato adeguato. Lo studio conclude che “dai risultati ottenuti, emerge la pericolosità della situazione nel bacino del fiume Darna; se dovesse verificarsi un'inondazione di dimensioni simili all'inondazione del 1959, specialmente nelle circostanze attuali, potrebbe causare il cedimento di una delle dighe, mettendo così a rischio la popolazione del bacino e della città di Derna”. Se l’alluvione del 1959 portò a una precipitazione di 145 millimetri, Daniel si stima possa aver raggiunto i 250. Ecco allora che a crollare non è stata una sola diga, bensì due, a causa del cattivo stato di previsione e manutenzione dell’intero bacino idrografico della valle di Derna.

La guerra, specie se perdurata nel tempo, mina le basi dello Stato e i servizi pubblici dipendenti da esso

La guerra purtroppo non si può ridurre a semplici scontri militari che, nel caso della Libia, hanno pure coinvolto spesso civili. Questa è solo la dimensione superficiale. La guerra, specie se perdurata nel tempo, mina le basi dello Stato e i servizi pubblici dipendenti da esso, smontandolo letteralmente in una logica di accaparramento delle risorse materiali e umane da parte di centri di potere concorrenti. A farne le spese sono prima di tutto i libici che, come nel caso del disastro di Derna, non possono contare su un servizio pubblico di monitoraggio e allerta meteo, né su un servizio di manutenzione e responsabilità delle infrastrutture pubbliche. A questo va aggiunto che Derna nello specifico ha rappresentato fin dal 2011 uno dei principali centri del Jihadismo militante che si oppose al vecchio regime di Gheddafi, finendo poi per essere represso dal 2015 nel quadro dell’attuale spartizione del Paese tra le forze di Misurata e alleati a Ovest e quelle del generale Haftar a Est.

Haftar ha ereditato da Gheddafi una strategia: quella di marginalizzare gli oppositori escludendoli dai proventi della rendita petrolifera, tagliando finanziamenti, servizi e strutture alle città dissidenti

Haftar ha condotto una lunga guerra in tutta la Cirenaica per affermare il suo potere a spese delle diverse anime dell’Islam politico libico e internazionale. Oltre alla forza militare, una strategia che ha ereditato da Gheddafi è stata quella di marginalizzare gli oppositori escludendoli dai proventi della rendita petrolifera, tagliando finanziamenti, servizi e strutture alle città dissidenti. Ecco allora che lo stato di abbandono delle dighe di Derna non è un semplice accidente occorso per gli oltre dieci anni di guerra, ma rischia di essere il risultato di una strategia deliberata i cui effetti sono sfuggiti di mano.