Negli ultimi anni la Germania si è dovuta confrontare con un mercato del lavoro saturo, caratterizzato da un basso tasso di disoccupazione e da un bisogno di manodopera sia nei segmenti bassi del settore dei servizi sia in quelli caratterizzati dalla presenza di tecnici e laureati, ad esempio nelle professioni cosiddette “Stem” (quelle che fanno parte degli ambiti scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico).

In questo contesto ha avviato politiche e diversi programmi specifici per reclutare all’estero il personale richiesto (di cui ho trattato in Germany, Immigration Policies and Projects Aimed at Responding to Labour Market Needs, in L'Europa dei talenti: migrazioni qualificate dentro e fuori l'Unione europea, a cura di B. Coccia e A. Ricci, Idos-San Pio V, 2019, pp. 85-91).

Nel 2018, il Rapporto annuale del Sachverständigenrat deutscher Stiftungen für Integration und Migration, il Consiglio di esperti delle fondazioni tedesche per l’integrazione e la migrazione, ha invitato il governo a formulare una legge che, tenendo conto del bisogno del mercato del lavoro, renda possibile o faciliti l’immigrazione da Paesi non europei non di soli laureati ma anche di persone con una qualifica professionale. Tanto più urgente, considerando che a causa dell’andamento demografico nei prossimi anni l’immigrazione dagli altri Paesi europei è prevista in calo, mentre la carenza di lavoratori qualificati si sta dimostrando sempre più un problema e un rischio per il futuro delle imprese.

Uno degli obiettivi di una legge del genere sarebbe, secondo il rapporto, quello di raggruppare i diversi regolamenti e programmi in un unico ordinamento, e di rendere più attrattiva la Germania per persone in possesso di una qualifica.

Secondo uno studio condotto da Ocse e Fondazione Bertelsmann, tra le mete prescelte da persone con un titolo di studio universitario la Germania è solo al 12° posto. Il governo ha così messo a punto una Fachkräfteeinwanderungsgesetz (Legge sull’immigrazione di tecnici e professionisti), che è stata approvata dal Parlamento il 7 giugno scorso, per entrare in vigore il prossimo 1° marzo.

La legge, adottando un concetto unico di lavoratori/professionisti qualificati che comprende laureati e persone con una formazione professionale, introduce alcune facilitazioni per immigrati non provenienti dall’Unione europea, permettendo a chi abbia un contratto di lavoro e una qualifica riconosciuta e paragonabile alle qualifiche tedesche di lavorare in Germania. Inoltre non è più applicabile la limitazione a quelle professioni che risultano particolarmente colpite dalla carenza di lavoratori qualificati.

Provvisoriamente è concesso anche a chi possiede una qualifica professionale, e non solo ai laureati, di venire in Germania senza un contratto di lavoro, con la possibilità di rimanere fino a sei mesi per cercarsi un impiego. Questa regola è limitata a cinque anni, i requisiti richiesti riguardano le competenze linguistiche (occorre almeno un B1) e il poter garantire i propri mezzi di sussistenza. Il professionista straniero può inoltre essere reclutato senza che venga preventivamente verificato se il posto di lavoro vacante può essere coperto da un candidato tedesco o proveniente da un Paese dell’Unione.

In vista della prossima entrata in vigore della legge, la cancelliera Angela Merkel a metà dicembre ha convocato un vertice sul tema  (Fachkräftegipfel) con i rappresentanti del governo, delle regioni, dell’industria  e del sindacato per discutere gli strumenti e le misure da affiancare alla legge per garantire un buon risultato. In questo contesto, il ministro federale dell’Economia Peter Altmaier (Cdu) ha dichiarato che la necessità di lavoratori qualificati è una delle maggiori sfide per la Germania perché solo con specialisti sufficientemente qualificati le industrie tedesche saranno in grado di mantenere la loro forza innovativa e continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel mercato globale.

Pur sottolineando l’importanza dell’aspetto economico, la ministra per l’Integrazione Annette Widmann-Mauz ha messo allo stesso tempo in guardia dal ripetere errori del passato, come quelli di non avere integrato sistematicamente i cosiddetti Gastarbeiter degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Le aziende, le associazioni e i comuni dovrebbero promuovere l’integrazione dei professionisti stranieri in tutte le sfere vitali, perché non si tratta solo di forza lavoro: ciò che mancava al minatore turco della prima generazione di lavoratori stranieri deve essere dato all’infermiera filippina di oggi.

In quest’ottica è stata messa a punto una lettera di intenti: il governo federale ha annunciato che accelererà il rilascio dei visti rendendo più semplice il riconoscimento delle qualifiche straniere, mentre i rappresentanti delle associazioni industriali hanno concordato di sostenere i nuovi immigrati nell’acquisizione della lingua, nella ricerca di alloggi e nel trattare con le autorità tedesche.

Nonostante queste buone intenzioni, il sindacato tedesco attraverso la sua dirigente Annelie Buntenbach ha criticato alcuni aspetti della legge, per esempio il fatto che se un lavoratore si licenzia a causa delle condizioni di lavoro, o viene licenziato, la sua permanenza in Germania dipende esclusivamente dalle decisioni e dalla benevolenza dell'ufficio immigrazione. Una prassi che ricorda proprio gli anni dei Gastarbeiter, quando vigeva il principio di rotazione (Rotationsprinzip) e il permesso di soggiorno dipendeva dal contratto di lavoro con una determinata impresa (si veda il mio 50 anni di immigrazione italiana in Germania: transitori, inclusi/esclusi o cittadini europei?, “Altreitalie”, n. 33, 2006, pp. 6-18).

Annelie Buntenbach teme che questo possa aprire le porte a pratiche illegali e discriminatorie come il dumping salariale e sociale, perché il lavoratore sarà restio ad abbandonare il posto di lavoro e a mettere così a rischio il suo permesso di soggiorno.  Meno critico sulla nuova immigrazione del lavoro è Herbert Brücker, direttore dell’Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung, secondo il quale dagli impulsi positivi all’economia dati dai nuovi immigrati approfitta anche la manodopera locale, perché l'impiego degli immigrati permette loro di salire i gradini all'interno del mercato del lavoro e avere perciò salari e stipendi più alti. Un’osservazione che rimanda comunque a vicende avvenute all’epoca dei Gastarbeiter.