Concorso di colpa greca nel naufragio? L'accusa è di quelle che lasciano senza fiato: la Guardia Costiera greca avrebbe, secondo alcuni testimoni, lasciato annegare alcuni migranti vicino l’isola di Famakonisi, così come risulta dalla ricostruzione dell'Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati. Un dramma nel dramma, che pochi giorni fa ha portato al naufragio di un barcone con una trentina di clandestini a bordo, con la polemica sui soccorsi che sta deflagrando in un Paese dilaniato dalla crisi e dai riverberi di un memorandum che, se da un lato lo ha condotto per il primo anno fuori dalla recessione, dall'altro ne ha sfiancato cittadini e diritti.

L'allarme è stato lanciato lo scorso 21 gennaio al largo dell'isola di Farmakonisi, da dove era stata individuata un'imbarcazione con un numero imprecisato di clandestini. Nel tentativo di condurre in porto la carretta del mare due immigrati sono caduti in acqua mentre gli altri, per vedere cosa stesse succedendo sulla barca, con il loro movimento hanno causato il ribaltamento del natante. Il personale del porto è riuscito a condurre in salvo 16 persone, mentre ne avrebbero ignorati 12. Ma al momento, nonostante ampie indagini, non sono stati individuati i clandestini mancanti. I 14 sopravvissuti sono stati trasportati in barca fino al porto di Farmakonisi e poi nella più grande isola di Leros, dove sono stati ospitati. Secondo quanto sostenuto dall’Unhcr, i testimoni sopravvissuti asseriscono che mentre la nave della Guardia Costiera tentava di trainare la barca a grande velocità verso le coste della Turchia, è accaduto il tragico incidente con il mare in tempesta. Con i migranti che imploravano aiuto, visto che nella barca c’erano molti bambini.

Le organizzazioni internazionali hanno condannato diverse volte negli ultimi quattro anni la pratica delle autorità greche per obbligare i migranti a tornare in Turchia, anche se proprio dalla frontiera turca lasciata “incustodita” sono transitate migliaia di braccia e volti riversate in Grecia. Sul punto le stesse chiedono che si faccia al più presto luce sulla dinamica dell'incidente, con la grande stampa europea che vorrebbe un'indagine indipendente sulle circostanze del naufragio e sulle paventate deportazioni degli immigrati clandestini in Turchia, di cui sarebbe accusata la guardia costiera ellenica. Già in passato alcuni residenti delle isole periferiche avevano riferito che i migranti in procinto di essere trasferiti nei centri di accoglienza dei porti non erano mai arrivati. Sulla barca da pesca erano presenti in 28, 25 afghani e 3 siriani, inclusi molte donne e bambini, di cui 16 migranti salvati dalle acque agitate dell'Egeo, mentre una donna e un bambino di 5 anni sono stati trovati morti vicino la costa turca, e altre 10 persone (2 donne e 8 neonati e bambini) dispersi. Ragion per cui dall’Unhcr ecco l'appello alle autorità greche di investigare sulle circostanze nelle quali si è verificato l’incidente e “su come è stato possibile perdere delle vite umane su una barca che veniva trainata”, così come si è chiesto Laurens Jolles, rappresentante per il sud Europa dell’Alto Commissariato.

Ma il naufragio di Farmakonisi rappresenta niente altro che la tragica spia di un macrodisagio sociale, quello dell'immigrazione nell'intera area euromediterranea di cui l'Unione europea per troppi anni si è disinteressata, con la Grecia lasciata sola a gestire, o meglio a non-gestire l'intera questione. La situazione al momento vede due milioni di extracomunitari presenti nel Paese, stando alle cifre ufficiali, ma che sarebbero molti di più per via di mancati controlli soprattutto nella frontiera settentrionale, quella che il partito xenofobo di Alba dorata vorrebbe chiudere piazzandovi mine antiuomo.

Ma come fare fronte comune per non mortificare la sfera dei diritti ed evitare tragedie come quelle andate in scena nell'Egeo? Una strada da percorrere potrebbe essere quella di coinvolgere i "vicini di casa" come Italia e Malta. Proprio alla Valletta in occasione di una visita ufficiale lo scorso ottobre, il premier ellenico Antonis Samaras aveva messo l'accento assieme al suo omologo Joseph Muscat, sul fatto che immigrazione e asilo fossero due temi da inserire prepotentemente nell'agenda del Consiglio europeo, in considerazione della massiccia ondata migratoria che dall'Anatolia si riversa costantemente in Grecia. E lo dimostra il fatto che pochi giorni dopo il dramma di Farmakonisi, la Guardia Costiera ha salvato altri 47 migranti a bordo di un barcone in avaria al largo dell'isola di Samos, nell'Egeo orientale. Segno che l'emergenza immigrazione in Grecia è all'ordine del giorno, mentre l'ente continentale preposto, il Frontex, è di stanza a Varsavia: lontano anni luce dall'epicentro del sisma umano.