“Mettete nell’urna la scheda della speranza”. Sono le parole di Raphaël Glucksmann, pronunciate alla fine dello scorso marzo, in uno dei primi incontri pubblici della sua campagna elettorale per le elezioni europee. E tale speranza, evocata con un certo lirismo, è quella della gauche francese in vista del voto di inizio giugno. A leggere i più recenti sondaggi sembra esservi qualcosa di più di una speranza. La lista PS/Place publique è infatti accreditata del 13%, oramai sempre più vicina a quella del partito presidenziale Renaissance, guidata dalla poco carismatica Valérie Hayer. Pur mancando ancora oltre sei settimane, la lotta per il secondo posto (per il primo il Rassemblement National non pare raggiungibile) sembra aperta. Ma chi è Raphaël Glucksmann?

Figlio del nouveau philosophe André Glucksmann, intellettuale mediatico e noto per le sue battaglie civili e per l’importante movimento antitotalitario che porterà nel corso degli anni Settanta dello scorso secolo a passaggi storici quali la pubblicazione in lingua francese di Arcipelago Gulag di Solženicyn, il giovane Raphaël è cresciuto accanto al papà e alla mamma Françoise in una famiglia costantemente frequentata dagli intellettuali francesi ed europei più in vista, ma anche da dissidenti e condannati al carcere dai peggiori sistemi autoritari e totalitari dell’America Latina, dell’Asia e dell’Est Europa. Maturato seguendo l’educazione tipica del suo ambiente culturale, liceo Henri-IV a Parigi e poi Sciences Po, ben presto si caratterizza per una peculiare attenzione ai temi dei diritti umani e delle lotte antiautoritarie.

La prima data spartiacque per lui è il 2004, quando viene prodotto e distribuito il suo primo documentario, un’inchiesta di notevole importanza, storica ma anche politica, sul genocidio del Rwanda. A meno di quattro anni di distanza, siamo nel 2008 e Putin ha avviato in Georgia il suo disegno di riappropriazione dello spazio post-sovietico, Glucksmann è sul campo. Vuole testimoniare l’aggressione putiniana e ben presto diventa uno dei consiglieri più fidati del presidente Saak’ashvili. Il terzo passaggio chiave è per lui quasi obbligato: il 2014, l’anno di Maidan e della spinta ucraina che vuole allontanarsi da Mosca e avvicinarsi a Bruxelles. E ancora una volta Glucksmann è in prima fila, intellettuale impegnato nello spazio pubblico europeo ma anche uomo di idee.

Il libro che forse meglio tratteggia la filosofia politica alla base dell’attivismo di Glucksmann esce l’anno successivo: Génération gueule de bois. Manuel de lutte contre les réacs. Una vera e propria autoanalisi interna alla gauche, un atto di accusa rivolto alla cosiddetta “generazione ‘68” e a quella della “fine della storia”. Il punto di vista è chiaro: la battaglia culturale è praticamente perduta. L’interesse per ideali anche nobili ha distolto da quello per la vita delle persone comuni, i cui bisogni e le cui esigenze sono state fatte proprie dalla destra reazionaria e populista. La molla che ha spinto a mettere nero su bianco questa riflessione, ma che ha allo stesso tempo indotto Glucksmann a riflettere se non fosse il caso di passare dalla riflessione all’azione, è ancora legata al già citato 2014. Mentre egli si trova a Kiev, da Parigi giunge la notizia di un allora Front national uscito trionfante dall’appuntamento elettorale europeo, staccando addirittura di dieci punti la lista socialista. Glucksmann è pronto all’azione. La candidatura alle europee del 2019 è da un lato il prodotto di questa riflessione di lungo periodo e dall’altro è legata al campo di macerie lasciato a sinistra dal quinquennato Hollande e dalle drammatiche, per la sinistra socialista e di governo, elezioni presidenziali e poi legislative del 2017.

Da Strasburgo ha condotto una serie di battaglie in linea con la sua sensibilità politico-culturale, quindi il sostegno all’Ucraina, la guerra alla Cina totalitaria ma anche le campagne per il Green Deal e la lotta contro le multinazionali dell’hightech

Tra il 2019 e oggi Glucksmann ha lavorato per crearsi un profilo politico accanto a quello che aveva in partenza di intellettuale prestato alla politica. Da Strasburgo ha condotto una serie di battaglie in linea con la sua sensibilità politico-culturale, quindi il sostegno all’Ucraina, la guerra senza confini alla Cina totalitaria (in particolare la denuncia del genocidio culturale cinese nei confronti della minoranza uigura) ma anche le campagne per il Green Deal e la lotta contro le multinazionali dell’hightech. Egli ha continuato a contornarsi di intellettuali, come il suo più fidato consigliere Pierre Natnaël Bussière, che sta concludendo una tesi di dottorato all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales sui nuovi strumenti informativi e i rischi per gli spazi democratici, o come lo studioso di Léon Blum e di storia della sinistra francese Milo Lévy-Bruhl, con il quale Glucksmann si confronta quotidianamente. Ma allo stesso tempo ha maturato una sua visione realista del processo di integrazione europea e più in generale della politique politicienne, grazie ai molti interventi nell’emiciclo di Strasburgo e ai sempre più frequenti dibattiti televisivi. Il suo intento sembra chiaro: rimanere il capofila di una sinistra intellettuale, che non smette però di ricercare punti di contatto con i ceti meno abbienti e che vuole riflettere in maniera costruttiva sulle sfide poste dai cosiddetti populismi. Di recente ha attaccato il presidente Macron affermando che per migliorare l’esercizio del suo potere “dovrebbe passare più tempo al McDrive!”.

Detto questo, se è abbastanza chiaro da dove Glucksmann provenga, altrettanto importante è cercare di comprendere dove voglia andare e soprattutto come voglia raggiungere la sua meta. Il suo presentarsi come un mix virtuoso tra la tradizione che da Pierre Mendès France, passando per Michel Rocard, giunge sino a Jacques Delors e quella del più tradizionale socialismo francese di un Robert Badinter, gli permette di unire proposte politiche quali la tassa sui super ricchi a una battaglia per la re-industrializzazione dell’Europa senza venire meno alla sostenibilità ambientale. A tutto ciò si aggiunge poi la capacità di presentarsi allo stesso tempo come fieramente francese e totalmente europeo sui grandi temi di politica estera, si tratti del sostegno all’Ucraina, della critica alla Cina e di un equilibrato posizionarsi sul conflitto israelo-palestinese.

Se questa è la proposta politica di Glucksmann, deve poi essere delineata l’evoluzione degli altri soggetti politici e, nello specifico, la sua avanzata nei sondaggi sembra certificare l’apertura di uno spazio di agibilità politica tra la posizione del partito presidenziale Renaissance e quella de La France Insoumise di Mélenchon, a seguito dello sgretolarsi della coalizione tra socialisti, ecologisti e sinistra radicale, la cosiddetta Nupes, protagonista accanto al Rassemblement National alle legislative di due anni fa. Ebbene i numeri oggi disponibili parlano di un’avanzata della candidatura Glucksmann in grado di unire da un lato i delusi del macronismo e dall’altro quelli di Mélenchon. I più interessanti dati disaggregati degli ultimi sondaggi fotografano un quadro piuttosto coerente. Il candidato del PS/Place publique otterrebbe una parte consistente di voti dell’elettorato che nel 2022 ha scelto Macron essenzialmente per ragioni di politica interna, nello specifico per l’opposizione alla riforma delle pensioni e per la necessità di un sostegno molto più convinto ai temi dell’immigrazione e della transizione ecologica. Specularmente una percentuale importante di elettorato che nel 2022 ha scelto la sinistra radicale di Mélenchon, oggi sceglierebbe Glucksmann per le sue posizioni di sostegno all’Ucraina, di convinto europeismo e di netta presa di distanza dalle posizioni di Hamas. Dunque, Glucksmann diventerebbe l’alternativa di sinistra riformista e socialdemocratica a Macron sui temi di politica interna e a Mélenchon sui temi di politica internazionale.

Egli rappresenta senza dubbio il miglior simbolo possibile del tentativo di chiudere l’epoca successiva alla presidenza Hollande

Accanto a questo quadro di massima, occorre tenere presenti almeno altri due fattori. Da una parte appare chiarissimo cosa Glucksmann non voglia essere, forse relativamente meno cosa voglia essere o meglio come si voglia collocare rispetto agli ultimi sette anni di fallimentare condotta politica della sinistra francese. Egli rappresenta senza dubbio il miglior simbolo possibile del tentativo di chiudere l’epoca successiva alla presidenza Hollande. Ma allo stesso tempo egli incarna la scelta del debole segretario socialista Olivier Faure ed è contemporaneamente sostenuto da chi vuole chiudere con quel Faure che ha condotto il PS all’abbraccio mortale della Nupes dominata da La France Insoumise.

Il secondo fattore riguarda proprio le conseguenze del recente successo in tutti i principali sondaggi. Glucksmann è diventato un bersaglio per La France Insoumise (lo slogan è: scegli Glucksmann ma in realtà opti per il ritorno di Hollande), per gli ecologisti in grande difficoltà dopo il successo nel 2019 e nelle ultime settimane per il partito di Macron (Glucksmann sarebbe la “foglia di fico” che cela una versione solo edulcorata di una nuova Nupes).

Infine, l’intellettuale prestato alla politica, che vanta la sua connessione con la Francia popolare, in realtà ha bisogno di fare un salto di qualità rispetto a un elettorato che resta oggi, almeno potenzialmente, troppo confinato tra le fasce giovanili e bobos. I suoi oltre 800 mila follower su Instagram (come personalità politica secondo solo ai quasi 3,5 milioni del presidente Macron) sembrano però al momento confinarlo a una sorta di ruolo di guru social di un elettorato giovane, prettamente femminile e di conseguenza con scarse chance di imporsi in una futura competizione nazionale.

Le prossime settimane e il voto di inizio giugno potranno fornire indicazioni importanti per il futuro della gauche socialista e più in generale per l’evoluzione del quadro politico della V Repubblica in vista della futura corsa presidenziale, destinata ad aprirsi con largo anticipo considerate le difficoltà sempre più evidenti di un presidente in carica non ancora alla metà del suo secondo mandato. Un ultimo monito dovrebbe essere colto per non trascurare il profilo politico di Raphaël Glucksmann. Un monumento vivente del dibattito politico e intellettuale francese come Jacques Attali (colui che ha scoperto, per non dire “creato”, Emmanuel Macron) di recente ha speso parole interessanti sull’eurodeputato: “non deve apparire come un lupo solitario, deve rassembler, interessarsi ai temi economici, finanziari e tecnologici e soprattutto alle ricette di medio e lungo periodo”. Alcuni, forse esagerando, hanno parlato di una road map per il 2027.