Il 12 luglio scorso il Parlamento europeo ha votato a favore della Nature Restoration Law, una proposta di regolamento per il ripristino della natura. È un passaggio epocale verso una nuova norma europea e un nuovo modo di guardare all'ambiente: oltre alla conservazione delle specie e degli habitat, gli Stati dovranno mettere in campo interventi concreti per migliorare la qualità degli ecosistemi, a volte persino per farli rinascere. Il testo finale della legge sarà negoziato in autunno dal "Trilogo" composto dai rappresentanti del Parlamento, del Consiglio europeo e della Commissione.

Grazie alla Restoration Law gli interventi di rinaturalizzazione fluviale dovrebbero moltiplicarsi nell'Unione europea. E, nel farlo, guarderanno con attenzione anche al caso del Tagliamento, il fiume friulano studiato da ricercatori di tutto il mondo perché nel medio corso conserva la sua morfologia originaria. Gli scienziati osservano le sue dinamiche fluviali e cercano le tecniche di ingegneria naturalistica per ricrearle altrove.

È stato un ecologo austriaco, Klement Tockner, ad accorgersi per primo dell'unicità del Tagliamento e, agli inizi del millennio, l'ha ribattezzato "il re dei fiumi alpini". Le sue osservazioni hanno dato il via a molti studi scientifici sulle dinamiche di un grande corso d'acqua che, eccetto gli ultimi venti chilometri, da Latisana alla foce a Lignano, conserva ancora la sua morfologia originaria. Spettacolari sono i rami intrecciati e le isole fluviali che crea nel medio corso, in particolare nella zona di Pinzano al Tagliamento, sulla sponda destra, e di Ragogna, in sinistra: è questo che lo rende unico nel panorama dell'Europa occidentale.

Paesi come la Germania (dove ora insegna Klement Tockner, direttore generale della Senckenberg Society for Nature Research e professore di Ecologia alla Goethe-Universität di Francoforte) considerano il fiume friulano un riferimento per gli interventi di riqualificazione fluviale, opere di ingegneria naturalistica finalizzate al ripristino delle dinamiche ecologiche in corsi d'acqua canalizzati e artificializzati, alterati tanto da far perdere gran parte delle funzioni che un fiume naturale svolge: i servizi ecosistemici, come la capacità di autodepurazione. Gli habitat di acqua dolce sono tra i più minacciati dalle attività antropiche e proprio per questo la Strategia europea per la Biodiversità al 2030 ha fissato l'obiettivo di ripristinare la continuità fluviale per 25 mila km di corsi d'acqua nell'Unione europea. La Nature Restoration Law è la norma che dovrebbe consentire di raggiungere questo risultato.

Se per la morfologia conserva straordinarie qualità, dal punto di vista dei prelievi, e dunque della quantità di acqua che scorre in alveo, il Tagliamento presenta numerose criticità

Ma il Tagliamento, se per la morfologia conserva straordinarie qualità, dal punto di vista dei prelievi, e dunque della quantità di acqua che scorre in alveo, presenta numerose criticità. È il principale fiume del Friuli-Venezia Giulia e, con i suoi 2.675 km², rappresenta uno dei maggiori bacini idrografici delle Alpi Orientali. Ha origine presso il passo della Mauria, nelle Alpi Carniche, scorre per 163 km e sfocia nell'Adriatico, a Lignano, tra la Laguna di Grado e Marano e Bibione.

La relazione illustrativa del Piano di tutela delle acque del Friuli-Venezia Giulia, aggiornato nel 2018, evidenzia come, sin dall'alto corso, le portate del fiume siano notevolmente influenzate dai prelievi, a monte a fini idroelettrici, più a valle principalmente irrigui. Dalle sorgenti fino a Socchieve, tredici affluenti di sinistra raggiungono solo in parte il Tagliamento, in parte vengono convogliati verso il Lago di Sauris, attraverso la cosiddetta “linea di gronda”, una condotta scavata nella roccia. Ma fino allo sbarramento di Caprizi, il fiume conserva notevoli qualità ecologiche e paesaggistiche, allargandosi a tratti e restringendosi in un'affascinante forra a valle di Forni di Sotto. A Caprizi vengono derivati circa 4 m³/s in regime di magra, ossia 4 mila litri al secondo. Quella che viene definita nel Piano di tutela delle acque come «portata di rispetto» è stabilita «provvisoriamente» in 570 litri al secondo. Poco a valle, ciò che resta del fiume scompare sotto le ghiaie, salvo in occasione delle piene.

«L’alveo non presenta acqua per buona parte dell’anno», si legge sul sito di Arpa FVG. «Tale situazione è attribuibile alla complessiva riduzione di portata dovuta alla presenza degli impianti di captazione idrica sugli affluenti a monte, oltre che sul Tagliamento stesso, unitamente all’elevata permeabilità del substrato che induce il corso d’acqua a scorrere in subalveo». E ancora: «La costante assenza di acqua osservata nel corpo idrico compromette completamente l’ecosistema fluviale del tratto in oggetto. Il potenziale ecologico è pertanto cattivo».

Proseguendo nella lettura della relazione del Piano di tutela delle acque, si apprende che «nei periodi di magra è possibile che il letto del Tagliamento rimanga asciutto fino alla confluenza con il torrente But», all’altezza di Tolmezzo. La destinazione finale di gran parte delle acque derivate nel bacino montano è la centrale idroelettrica di Somplago, attualmente gestita da A2A. Questo complesso sistema di derivazioni e invasi è stato portato a termine nel 1957 dalla Società adriatica di elettricità (Sade), tristemente nota per la tragedia del Vajont , nazionalizzata e passata all'Enel nel 1963, poi privatizzata nel 2003.

Dalla centrale di Somplago, una volta turbinate, le acque entrano nel Lago di Cavazzo, il più grande specchio d’acqua naturale, di origine glaciale, del Friuli-Venezia Giulia, e tornano nel Tagliamento unendosi a quelle del torrente Leale. L'ecosistema del lago è stato profondamente stravolto dall'immissione di acqua con caratteristiche molto diverse da quelle originarie. Per risolvere il problema e ripristinare il valore ecologico del lago, gli ambientalisti chiedono di intervenire con un bypass, per evitare lo scarico diretto delle acque della centrale. Nel 2019 la Regione ha istituito un tavolo di lavoro con i tre Comuni interessati: Bordano, Cavazzo Carnico e Trasaghis, per valutare «le migliori soluzioni per riportare il lago di Cavazzo alle condizioni di naturalità, garantendo l'utilizzo sostenibile anche a fini turistici, in conformità con il Piano di tutela delle acque». Un anno fa l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro faceva sapere che «sulla base delle valutazioni eseguite finora, l'ipotesi di un'opera che prenda in consegna le acque scaricate dall'impianto per restituirle a valle è incompatibile con l'attuale assetto della centrale. Queste problematiche dovranno essere affrontate necessariamente nell'ambito del rinnovo della derivazione che scade nel 2029, con la gara pubblica prevista già nel 2026».

Con legge nazionale del 2018, la proprietà delle opere idroelettriche passa alle Regioni, che devono legiferare sulle modalità di assegnazione degli impianti. Nel novembre 2020 il Friuli-Venezia Giulia ha approvato, all'unanimità, la norma regionale che disciplina l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico. Nel contesto della gara, ai futuri concessionari si potranno chiedere anche investimenti nella mitigazione degli impatti ambientali.

È alla confluenza con il fiume Fella, a valle di Amaro, che il Tagliamento riprende vigore e assume i colori più accesi del suo maggiore affluente. Da Venzone alla stretta di Pinzano, poi, le acque filtrano nell'ampio alveo ghiaioso, alimentano la falda e, soprattutto, il ricco acquifero della Piana di Osoppo - Gemona, che, attraverso la società per il servizio idrico CAFC Spa, fornisce acqua potabile a gran parte della pianura friulana, fino al mare. Ed è a Ospedaletto che si trova l’opera di presa principale del Consorzio di bonifica Ledra – Tagliamento, il canale utilizzato per scopi irrigui e idroelettrici dal 1911. Si sta discutendo il progetto di costruire una condotta di collegamento tra lo scarico del Lago di Cavazzo e il sistema di derivazione Ledra - Tagliamento, la cui realizzazione costerebbe 43,3 milioni di euro.

Dalla stretta di Pinzano, il fiume raggiunge la pianura e il suo alveo si allarga in alcuni tratti, anche oltre i due chilometri, assumendo la morfologia a rami intrecciati che lo ha reso famoso nel mondo. È proprio in questo tratto che, vent'anni fa, si progettava la costruzione di casse di espansione che avrebbero completamente stravolto l'unicità del luogo. L'opera doveva servire per il contenimento delle piene, per evitare alluvioni nel basso corso, dove il fiume è stretto tra argini possenti, in un'area urbanizzata.

Le indicazioni europee per l'adattamento ai cambiamenti climatici sono per la restituzione, ovunque possibile, dello spazio al fiume, anche scegliendo di delocalizzare alcuni manufatti se si trovano in una posizione troppo rischiosa

Gli argini vengono costruiti per ridurre il rischio idraulico, contenendo il corso d'acqua. Ciò porta tuttavia, paradossalmente, ad aumentare la pericolosità, perché si costruisce nelle aree che non sono più interessate dalle piene, aumentando il numero potenziale di persone che vi abitano e il valore dei beni esposti. La progettazione degli argini si basa sul calcolo di una portata che statisticamente ha una probabilità molto bassa di verificarsi ma, purtroppo, non esiste un evento massimo di piena. Lo insegna la recente, terribile alluvione in Emilia-Romagna, ma un evento simile si è verificato anche in Germania nel luglio 2021, quando un sistema di difesa molto rigido, che aveva retto fino a quel momento, è saltato provocando danni enormi. Ecco perché le indicazioni europee per l'adattamento ai cambiamenti climatici sono per la restituzione, ovunque possibile, dello spazio al fiume, talvolta anche scegliendo di delocalizzare alcuni manufatti se si trovano in una posizione troppo rischiosa.

Accantonato il progetto delle casse, nel 2012 il Laboratorio Tagliamento, tavolo di esperti nato per elaborare proposte alternative alle casse, terminava il suo compito proponendo una "traversa mobile" nella Stretta di Pinzano. Nel dicembre del 2021 l'Autorità distrettuale di bacino delle Alpi Orientali ha approvato il nuovo Piano di gestione del rischio alluvioni, che prevede la realizzazione, in sei anni, di quest'opera, finalizzata alla laminazione delle piene. Non solo gli ambientalisti, ma anche i comuni di destra e sinistra del medio corso hanno espresso la loro contrarietà a un intervento che stravolgerebbe l'ambiente e il paesaggio di uno dei luoghi più suggestivi del fiume.

Tra Pinzano e Casarsa, il fiume si disperde e filtra nell'ampio alveo ghiaioso. Qui, spesso, rimane totalmente all’asciutto fino a quando raggiunge la fascia delle risorgive, tra San Vito al Tagliamento e Varmo e l'acqua gradualmente riaffiora, fino alla foce. Nel suo ultimo tratto, il fiume muta profondamente: dal ponte di Madrisio l’alveo si restringe ed è costretto all'interno di alti argini, diventa monocursale e prosegue disegnando ampie curve, dette meandri. In base ai monitoraggi dell'Arpa a Latisana, dall’immissione del fiume Varmo all’inizio del cuneo salino, ossia dove si comincia a rilevare la risalita dell'acqua marina, «le principali pressioni antropiche sono riferibili all’uso agricolo del territorio, alle imponenti opere spondali e alle profonde modificazioni morfologiche dell’alveo, sia in senso longitudinale sia trasversale, che pregiudicano fortemente la funzionalità fluviale. Lo stato ecologico del corpo idrico è sufficiente, pertanto non viene raggiunto l’obiettivo di qualità».

Senza menzionare il progetto della diga mobile a Pinzano, le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto proprio in questi giorni hanno annunciato la creazione di un “Osservatorio dei Cittadini sulle Piene sul territorio del fiume Tagliamento – Stralcio da Pinzano alla foce”. La popolazione viene coinvolta attraverso una App: ma quali saranno gli interventi strutturali?