La terza pagina del "Foglio" di ieri è un ampio articolo (I neoilliberisti, di Luciano Capone e Alberto Mingardi) scritto in risposta al mio ultimo editoriale su "Repubblica" (Putin e un progresso senza diritti, uscito l'8 luglio). Capone e Mingardi contestano la tesi che provo ad argomentare nel mio pezzo, sostenendo che "ciò che unisce Salvini e Putin non è la flat tax, bensì il culto dello Stato". La loro analisi è peraltro piuttosto articolata, e in quanto tale meriterebbe un'ampia discussione. Fin da subito, tuttavia, mi preme segnalare quelli che a mio giudizio sono un paio di problemi piuttosto seri.
[...]La flat tax (o l’imposta personale sul reddito con aliquota unica) è da qualche tempo divenuta un riferimento rilevante nelle proposte di alleggerimento della pressione fiscale in Italia. Da ultimo, i programmi elettorali di Forza Italia e Lega Nord promettono di sostituire l’attuale imposta progressiva sul reddito (Irpef) con una flat tax
[...]Come nella campagna elettorale del 2008, anche in quella in corso, riduzioni di tasse e di imposte tengono la scena nelle proposte dei partiti. Il dibattito è diventato surreale e a tratti quasi folcloristico, con ipotesi di riduzioni di tasse e di incrementi di spese a dir poco fantasiose in quanto dettate in primis dall’esigenza di parlare alla pancia degli elettori e di recuperare gli indecisi.
[...]Accantoniamo per un attimo i dettagli e cerchiamo di capire quale sia la logica che ispira una proposta di riforma del sistema fiscale incentrato sulla cosiddetta “flat tax” (sulla aliquota unica o piatta, per dirla in italiano).
[...]Il punto principale della proposta elettorale di Lega e Forza Italia è la cosiddetta “flat tax”, che sottoporrebbe il reddito del contribuente a un’aliquota unica. L’Irpef rimarrebbe progressiva grazie a una deduzione o a una detrazione.
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