Quella maledetta domenica nel Bogside. La domenica del 30 Gennaio 1972, 14 manifestanti per i diritti civili morirono a Derry sotto il fuoco dei paracadutisti britannici (il film-documentario del 2002 di Paul Greengrass è un eccellente racconto di quella giornata). Un evento unico durante i troubles nord irlandesi (1969-1997) e allo stesso tempo capace di cambiare la regione profondamente. La Provisional IRA, autrice di ben 1781 delle 3703 vittime dei troubles, nei giorni dopo il Bloody Sunday vide confluire fra le sue fila un numero massiccio di giovani reclute che consideravano decaduta ogni altra opportunità politica diversa dalla lotta armata indipendentista. Bloody Sunday rappresentò quindi per una larga maggioranza della comunità nazionalista la perdita dell’innocenza. Il 15 giugno scorso è stato pubblicamente presentato il rapporto di Lord Saville su quella strage, ordinato nel 1998 da Tony Blair come contropartita nel processo di pace nord irlandese e costato quasi 200 milioni di sterline (con le sue 921 testimonianze: 505 civili, 249 militari, 33 ufficiali della polizia nord irlandese, 34 membri dei gruppi armati repubblicani, 39 politici e agenti segreti, 49 giornalisti e 7 preti). Il rapporto, nelle sue oltre 5 mila pagine, accusa esplicitamente alcuni militari britannici di aver ucciso illegalmente i manifestanti, che non erano né armati né rappresentavano alcuna minaccia per i soldati in quella domenica di 38 anni fa. Il neo-eletto premier conservatore David Cameron, il giorno stesso della pubblicazione del rapporto ha espresso alla Camera dei comuni a Westminster le sue scuse più sincere a nome dello Stato britannico per la reazione ingiustificata di alcuni militari dell’esercito. Non per questo ha rinnegato la politica britannica durante i troubles, così da far emergere il Bloody Sunday come un evento disastroso dovuto a fallite comunicazioni fra i comandi e ad una mancanza di disciplina da parte dei soldati. Una lettura, quella di David Cameron, che tende a dipingere il Bloody Sunday come un evento isolato durante i quasi 30 anni di conflitto armato in Nord Irlanda.

La colpa degli eventi del 30 Gennaio 1972, che David Cameron ha riconosciuto, secondo il rapporto di Lord Saville, risiede esclusivamente negli sbagli individuali dei soldati presenti sul campo a Derry quel giorno. Non emerge invece alcuna responsabilità da parte degli alti ufficiali e dei politici del tempo. Mentre sembra giusto scartare le tesi più cospirative, che non sono supportate da alcuna prova, difficile sarebbe non ipotizzare responsabilità fra gli alti comandi militari che pianificarono l’irruzione all’interno del Bogside (quartiere nazionalista di Derry dove si consumò l’attacco) quel giorno. Operazione militare che difficilmente si sarebbe potuta condurre senza causare vittime tra i manifestanti. Nonostante il rapporto di Lord Saville, la responsabilità da parte degli alti livelli militari e politici deve ancora essere scritta. Come, del resto, ancora devono essere palesate le scuse da parte del premier Cameron sul ruolo britannico in Irlanda. È l’establishment britannico che dovrebbe essere inquisito per l’uccisione di 14 manifestanti per i diritti civili, e non i suoi soldati. Le scuse di David Cameron sugli eventi del Bloody Sunday sono cronologicamente successive a quelle di John Major e Tony Blair. Non era forse necessario spendere 200 milioni di sterline, con le quali si sarebbe potuto costruire almeno due ospedali, per scoprire una verità già largamente conosciuta. Ma mentre ancora incerto è l’impatto che la pubblicazione del rapporto potrà avere sul fragile, ma ormai più che decennale, processo di pace nord irlandese, una delle conseguenze sicure, sebbene non volute, del rapporto sarà di aver prodotto una quantità immensa di nuove fonti e testimonianze che permetteranno agli studiosi di documentare le eventuali responsabilità di quei 14 morti a carico degli alti livelli.