A qualche ora di distanza dagli eventi di mercoledì a Washington, proviamo a fare un primo bilancio, pur nella consapevolezza che ci vorrà tempo per avere una ricostruzione affidabile di ciò che è accaduto, e quindi anche per accertare chi ne è responsabile. Cominciamo dalla dinamica. Possiamo escludere che l’assalto al Campidoglio sia stato improvvisato. La folla che si è radunata intorno all’edificio in cui erano riuniti i rappresentanti (membri di Camera e Senato), convocati per la ratifica della vittoria elettorale di Biden, non si è raccolta spontaneamente.

Dalle prime ricostruzioni si capisce che c’era l’intento di esercitare una qualche forma di pressione su chi si trovava all’interno. Vale la pena di ricordare che nei giorni scorsi Ted Cruz e altri senatori repubblicani avevano annunciato che avrebbero obiettato alla ratifica sulla base di «irregolarità», di cui tuttavia non erano stati in grado di dare alcuna prova legale, a dispetto delle diverse opportunità concesse. Questa iniziativa era stata criticata da qualche esponente del Gop, ma non da tutti, e aveva anzi ricevuto un «apprezzamento» da parte del vicepresidente Pence. Ovviamente, per quanto ne sappiamo, non si può escludere che alcuni manifestanti fossero intenzionati soltanto a esprimere il proprio dissenso rispetto a quanto stava accadendo all’interno dell’edificio.

Si era ripetere più e più volte da Trump che l’elezione era stata «rubata» (stolen) da Biden. Nonostante il fallimento delle iniziative per provare le presunte illegalità, il mito della stolen election ha fatto evidentemente presa

Nelle scorse settimane avevano sentito ripetere più e più volte da Trump e da altri esponenti del suo partito che l’elezione è stata «rubata» (stolen) da Biden. Nonostante il fallimento delle iniziative per provare le presunte illegalità, il mito (come lo ha chiamato il «New York Times») della stolen election ha fatto evidentemente presa tra i sostenitori più radicali di Trump. La manifestazione non era in sé un gesto eversivo dunque. Protestare per quello che si ritiene, a torto o a ragione, un sopruso, è parte del repertorio della democrazia. Quando i manifestanti arrivano alle transenne poste a difesa degli accessi all’edificio la sequenza degli eventi diventa però più difficile da ricostruire e valutare.

Alcuni erano armati? Non sarebbe stato la prima volta che i sostenitori di Trump partecipano a raduni politici portando con sé armi, anche pesanti. Tutti ricordiamo la foto dei militanti di destra che imbracciano fucili automatici davanti alla porta della governatrice del Michigan. Di certo, da quel che abbiamo visto, non avevano un atteggiamento pacifico. Circolano diversi video in cui si assiste a episodi di violenza all’interno del Campidoglio. Non è facile capire chi abbia iniziato, ma senza dubbio molti manifestanti partecipano con trasporto all’aggressione di agenti che cercano di contenerli. L’impressione è che, almeno per alcuni, lo scopo non fosse far sentire la propria voce, sia pure in modo poco ortodosso, ma “prendere” il Campidoglio. Forse per ostacolare la ratifica dell’elezione di Biden. Forse per impedirla. In una delle foto si vede un manifestante all’interno dell’edificio che porta con sé alcuni lacci di plastica, di quelli che spesso si usano per immobilizzare una persona. C’era il disegno di neutralizzare gli agenti della sicurezza? Per quale scopo? Per prendere ostaggi? Per distruggere i documenti relativi all’elezione? Per ora è difficile pronunciarsi su tutte queste ipotesi, ma nessuna al momento può essere esclusa, e alcune appaiono plausibili.

Un altro aspetto poco chiaro degli eventi di mercoledì è come sia stato possibile che i dimostranti siano riusciti a superare le protezioni e a entrare nel Campidoglio incontrando all’inizio pochissima resistenza. Non si può escludere che la strategia di contrasto «morbido» adottata dalle forze dell’ordine fosse dovuta a precauzione, nel timore che ci fossero episodi di violenza. Molti osservatori, tuttavia, hanno notato sin dall’inizio lo stridente contrasto con la massiccia presenza di forze dell’ordine, e in alcuni casi di guardia nazionale, in occasione di manifestazioni dei militanti di Black Lives Matter o di altri gruppi che non appartengono alla destra radicale. Così come è difficile ignorare l’incoraggiamento che manifestanti di destra, anche violenti, hanno ricevuto dal presidente in carica, da Charlottesville in poi. Se non ci sono state complicità, c’è stata probabilmente una sottovalutazione del pericolo che la manifestazione degenerasse, minacciando il corretto svolgimento dei lavori di un organo costituzionale, e mettendo in pericolo l’incolumità di diverse persone.

L’ambiguità nei confronti degli assalitori di diversi esponenti Repubblicani si è manifestata prima, durante e dopo i disordini all’interno dell’edificio. Anche se alcuni, tra cui il vicepresidente Pence, hanno condannato la violenza, non c’è stata una presa di distanza chiara e unanime. Cruz e gli altri hanno presentato le proprie obiezioni infondate all’elezione di Biden, e uno dei senatori del gruppo, Josh Hawley è stato fotografato mentre incitava i manifestanti alzando il pugno prima di entrare nell’edificio per partecipare alla seduta congiunta. Tutto questo ha indubbiamente dato forza alla convinzione dei manifestanti che fosse in corso lo scontro tra una pattuglia di parlamentari intenzionati a difendere i diritti di Trump e una maggioranza che invece voleva calpestarli.

Non è chiaro se Trump stesso fosse o meno al corrente dell’intento dei dimostranti, ma pare che all’inizio abbia manifestato soddisfazione per quanto stavano facendo. Solo quando la situazione è degenerata il presidente è intervenuto, ma in un primo tempo per lodare i manifestanti, a questo punto divenuti aggressori del Parlamento, e per dire che comprendeva la loro rabbia per l’elezione rubata. Soltanto alla fine del messaggio li ha invitati in modo non molto convincente alla «pace». Proprio per via di questo comportamento il suo account Twitter è stato in seguito sospeso dal gestore del servizio. Solo a diverse ore dagli eventi il presidente ha cambiato linea, condannando l’attacco al Parlamento.

Per qualche ora il mondo ha assistito a scene che hanno lasciato milioni di persone a bocca aperta. La capitale della maggiore potenza militare del mondo invasa da manifestanti violenti

Alla fine il bilancio è stato piuttosto severo. Cinque persone morte, di cui una per ferita di arma da fuoco (si tratta di una veterana, militante Trumpiana, probabilmente colpita da un proiettile sparato da un agente), e diversi feriti tra le forze dell’ordine. Ma il danno più grave è stato di immagine. Per qualche ora il mondo ha assistito a scene che hanno lasciato milioni di persone a bocca aperta. La capitale della maggiore potenza militare del mondo invasa da manifestanti violenti che prendono per alcune ore il controllo dell’edificio più significativo, anche sul piano simbolico, delle istituzioni democratiche del paese, facendone scempio.

Ci vorrà tempo per capire quale sarà l’impatto degli eventi di questi giorni sulla posizione degli Stati Uniti nel contesto internazionale. La questione di fondo è che, anche se quello di mercoledì non è stato un tentativo di «colpo di Stato» (come spiega Andrea Ruggeri), si è trattato di un atto di violenza intenzionale perpetrato da militanti radicali, molti dei quali hanno legami con la destra estrema, cui alcuni esponenti del Gop hanno offerto sostegno, e che comunque non hanno ostacolato, se non quando era troppo tardi. Un fatto che ha portato alla luce la degenerazione del Partito repubblicano, che durante la presidenza Trump si radicalizzato fino ad assumere nelle azioni di alcuni suoi esponenti di primo piano tratti eversivi dell’ordine costituzionale.

Nelle prossime ore vedremo che sbocco avrà la «crisi costituzionale» (perché di questo si tratta) in corso. Sul tavolo sono diverse opzioni, nessuna delle quali indolore per un sistema politico alle prese con un serio problema di legittimità: un secondo impeachment del presidente, la sua rimozione in seguito alla procedura prevista dal XXV emendamento, un tentativo da parte di Trump stesso di utilizzare il potere di perdono presidenziale per perdonare se stesso.

Cruciale sarà l’atteggiamento di quegli esponenti del Gop, e sono tanti, che continuano a sostenerlo, in modo più o meno palese, e dei più di settanta milioni di americani che lo hanno votato nonostante le bugie, le famiglie di immigrati separate forzosamente, i bambini reclusi in gabbia, la costante derisione dei deboli, il razzismo sempre più evidente negli atteggiamenti e nel sostegno offerto ai suprematisti bianchi. Un fardello pesantissimo per la nuova amministrazione che sta per entrare in carica.