«Sono un narratore, non sono un romanziere, sono un narratore che racconta storie che ha vissuto, che ha visto, o anche che ha sentito raccontare». A Mario Rigoni Stern piaceva citare la differenza tra romanziere e narratore tratteggiata da Walter Benjamin: il narratore raccoglie storie dalla vita, dalla propria esperienza, e le racconta; il romanziere elabora fantasia e immaginazione. Rigoni, uno dei maggiori narratori del nostro Novecento, conosceva bene il testo di Benjamin che contiene questa definizione – Il narratore, pubblicato da Einaudi nel 1967 insieme al racconto Il viaggiatore incantato di Nikolaj Leskov. La scrittura chiara e comprensibile, pur nella ricchezza di vocaboli, riesce a ordinare ricordi e riflessioni con sensibilità poetica e tensione morale. Nelle pagine di Rigoni Stern trovano spazio memoria storica e narrazione biografica; tra guerre e prigionia, boschi e montagne, si dipana un codice etico da conservare e difendere sempre, anche nei momenti più difficili della nostra esistenza.

Nel corso della giovinezza combatte su tre fronti di guerra, in Francia, in Albania e in Russia, e subisce venti mesi di prigionia nei lager tedeschi; dopo la guerra vivrà sempre nel suo altipiano dei Sette Comuni, a contatto e in sintonia con la natura. I suoi libri raccontano una giovinezza trascorsa in mezzo alla peggiore tragedia del secolo scorso, con vicende individuali, che superano il valore comunque prezioso, della testimonianza per assumere valenza universale. Altro tema forte è l’impegno a difesa della natura, contro ogni forma di avidità e di degrado, che ha caratterizzato sia le sue opere sia il suo stile di vita.

Mario Rigoni Stern nasce in via Ortigara, ad Asiago, il 1° novembre del 1921. La Grande Guerra è finita da soli tre anni, il paese e l’altipiano portano i segni di battaglie e rovine. La strada prende il nome da una montagna tozza e pietrosa dove è stata combattuta una delle battaglie più cruente, con migliaia di morti. I genitori sono Giobattista Rigoni Stern, commerciante, e Anna Vescovi, discendente di una prestigiosa famiglia di avvocati e notai; oltre a lui, terzogenito, hanno altri sette figli, sei maschi e una femmina.

Mario è un ragazzino molto vivace, ama i giochi all’aperto, sia nella bella stagione sia nei lunghi inverni nevosi; impara presto a sciare. E ama leggere libri d’avventura, specie davanti al focolare: dapprima Salgari, poi Stevenson e Conrad. Gli piace anche scrivere, annota pensieri e brevi racconti scrivendo su fogli appoggiati a una tavoletta di noce. Innamorato di una ragazzina veneziana, per starle vicino e per spirito d’avventura tenta di arruolarsi nella regia marina, ma viene scartato. Cresciuto, come tanti giovani di allora, nel mito della Grande Guerra, degli alpini e anche dell’alpinismo eroico, nell’autunno del 1938 sottoscrive la domanda per un corso di aspirante alpino-sciatore-rocciatore. Una scelta motivata anche dal desiderio di alleviare le difficoltà economiche della famiglia.

Viene ammesso e, dopo un breve addestramento ad Aosta, parte per un lungo raid scialpinistico attraverso Val Formazza, Valle di Champorcher e Valle di Cogne; alla fine del corso solo lui e altri tre ragazzi supereranno la selezione.

Nei due anni successivi proseguirà con entusiasmo la preparazione militare tipica del corpo degli alpini, scalando alte cime e percorrendo valli e montagne delle Alpi, in Piemonte e in Valle d’Aosta ma anche in Trentino. Nello zaino si porta piccoli libri tascabili: tra questi i due volumetti Sansoni di Primavera e fiore della lirica italiana, curati da Giosue Carducci.

Il 10 giugno del 1940 Mussolini dichiara guerra alla Francia: Rigoni, con i gradi di caporal maggiore, combatte sul fronte delle Alpi occidentali. Sarà una guerra breve, di soli quindici giorni, ma con un bilancio di 631 morti e più di duemila feriti, e molti congelati. Rigoni ogni giorno riporta gli avvenimenti in un taccuino; un’abitudine che conserverà sempre in guerra e che gli tornerà utile quando, molti anni dopo, rievocherà quel periodo.

 

[L'articolo completo è pubblicato sul "Mulino" n. 6/20, pp. 1003-1011. Il fascicolo è acquistabile qui]