La società tedesca è segnata dall’ambivalenza. Una cultura dell’accoglienza, rilevante e visibile, ha plasmato nell’«estate della migrazione» del 2015 il nuovo volto di un Paese d’immigrazione, cosmopolita e plurale. La Germania è già per il terzo anno consecutivo al vertice dei Paesi più desiderati («Marke Deutschland» har weltweit das beste Image, Ipsos, 2019). Nella classifica globale del Forum dell’Economia mondiale, invece, è al decimo posto nelle questioni relative alle pari opportunità (Global Gender Gap Report, World Economic Forum 2020). Contemporaneamente e in parallelo a questo sviluppo, cresce nel Paese un movimento politico di destra – cospirazionista, che nega lo Stato, l’emancipazione e la pluralità in misura preoccupante – che interessa circa un terzo della società, se si fa riferimento non solo all’elettorato di Alternative für Deutschland (AfD) ma anche alla più ampia cerchia dei simpatizzanti (A. Zick et al., Verlorene Mitte – Feindselige Zu-stände. Rechtsextreme Einstellungen in Deutschland 2018/19, Friedrich-Ebert-Stiftung, 2019; Flucht ins Autoritäre. Rechtsextreme Dynamiken in der Mitte der Gesellschaft. Die Leipziger Autoritarismus-Studie 2018, a cura di O. Brähler ed E. Decker, Otto Brenner Stiftung, 2018).

Per molti anni c’è stato un senso comune non scritto in base al quale ogni società ha il suo 20% di populisti e se ne deve fare carico democraticamente. Da parecchio tempo si registra una crescita del populismo, non solo di destra ma anche di quello esoterico, mistico, religioso e di sinistra a più del 30%. Nelle scienze sociali questi è, tuttavia, il limite come massa critica per la trasformazione dei rapporti sociali (D. Dahlerup, From a small to large minority: Women in Scandinavian politics, «Scandinavian Political Studies», n. 11/1988). Aumentando anche il numero degli estremisti, la situazione si rivela una potenziale minaccia per la tenuta della società.

L’ambivalenza che segna la Germania prosegue nel campo economico: nel confronto internazionale il Paese è tra le nazioni industrializzate più ricche del mondo e, contemporaneamente, quella con una delle disuguaglianze più elevate nella distribuzione dei patrimoni (F. Alvaredo et al., Die Weltweite Ungleichheit. Der World Inequality Report, Beck, 2018; M. Fratzscher, Verteilungskampf: Warum Deutschland immer ungleicher wird, 2016). Le cinque persone più ricche dispongono di un patrimonio compressivamente più consistente della metà della popolazione tedesca più povera (Im Schatten der Profite, Oxfam, 2020) e oltre il 90% delle imprese tedesche sono controllate da famiglie (Die volkswirtschaftliche Bedeutung der Familienunternehmen, Stiftung Familienunternehmen, 2019). Nonostante la buona congiuntura oltre la media nell’ultimo decennio, nel 2020 più di un bambino su cinque è considerato povero (Materialle Unterversorgung von Kinder, Bertelsmann Stiftung, 2020). Le entrate fiscali aumentano da anni, la Germania continua a essere, nonostante la crisi dovuta al Coronavirus, un campione nelle esportazioni; allo stesso tempo però sempre più cittadine e cittadini credono che ai loro figli andrà peggio di quanto sia capitato a loro (H. Bude, Gesellschaft der Angst, Hamburgere Edition, 2014; O. Nachtwey, Die Abstiegsgesellschaft, Suhrkamp, 2016).

L’ambivalenza è, dunque, la cifra del nostro tempo: lo si vede in modo esemplare nel confronto con la questione delle migrazioni.

Oggi la Germania è un Paese d’immigrazione. Non è successo dalla sera alla mattina e non dipende dal fatto che il Paese, tra il 2015 e il 2016, abbia accolto un milione e mezzo di rifugiati: è diventato plurale ed eterogeno molto tempo prima.

[L'articolo completo è pubblicato sul "Mulino" n. 5/20, pp. 813-821. Il fascicolo è acquistabile qui]