Ci sono testi che si impongono per la loro novità, lasciando assaporare il gusto di parole e pensieri che portano con sé la freschezza della prima volta. Diverso è il registro della nuova enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti, dedicata alla fratellanza e all'amicizia sociale, in cui riecheggiano temi centrali già disseminati lungo l’arco di tutto il suo pontificato. Ben organizzati in questo testo, essi vanno sicuramente a toccare il sancta sanctorum dell’ordinamento neoliberale – con le sue incrollabili certezze e il dogmatismo che lo custodisce nella sua esclusività senza alternative. Anche adesso, quando l’umanità intera sta passando attraverso il crogiuolo della pandemia.

I suoi discepoli fedeli sono prontamente scesi in campo a difenderlo, ridicolizzando l’enciclica che, a loro dire, non sarebbe altro che un cumulo di errori in materia di economia di mercato, globalizzazione, finanza e proprietà privata.

Fino a qui, però, nulla di nuovo. L’eresia di Francesco davanti all’ordinamento imperante è nota da tempo. Presto su questa scia si raccoglieranno anche gli accoliti ecclesiali, offrendo la loro devozione al sistema tecno-finanziario in cui trovano una sponda per incrementare la loro aggressività contro Francesco. Soprattutto ora che ha abilmente spuntato nelle loro mani la lancia di guerra dei valori non negoziabili, ridefinendoli in una maniera che non risulterà certo gradita a questo ceto del cattolicesimo odierno (cf. FT 212). L’opposizione all’enciclica interna alla Chiesa rimarrà, come lo è da tempo ormai, subalterna alle argomentazioni delle potenze mondane. Magari cercherà una qualche legittimità ecclesiale marcando il fatto della mancanza di ogni riferimento diretto a questioni come quelle dell’aborto o dell’omosessualità, oppure avanzando dei distinguo in materia di politiche migratorie o accoglienza dello straniero.

Una monotona ripetizione dell’identico che ha offerto, su un piatto d’argento, una giustificazione cattolica della polarizzazione che sta lacerando il tessuto delle nostre società – che è invece la preoccupazione che muove tutta l’enciclica di Francesco. La risposta agli avversari ecclesiali è chiara: ci sono urgenze più impellenti che devono impegnare la coscienza cristiana in questo momento. Ed è qui che, tra le pagine del testo, vibra una forza che ci coglie quasi di sorpresa: quella di un’inedita passione civile della Chiesa per il legame che ci tiene insieme come umanità comune a tutti, e per una coesione e stabilità di fondo di un tessuto sociale plurale e multiforme. Un appello pressante rivolto non solo al cattolicesimo, ma più ampiamente a tutta la comunità umana.

Attraversato dall’urgenza di chi sente che ci stiamo approssimando a un punto di non ritorno, dove il governo del mondo e la regia delle relazioni umane rischia di cadere in balia di eventi non più controllabili – a detrimento di tutti. Davanti a questo stato delle cose, Francesco assume su di sé a favore di tutta l’umanità quello che è il compito della sentinella nella Bibbia: guardare dritto in faccia la realtà della notte che tutto circonda, affinché nessuno venga sopraffatto dall’oscurità e dalle tenebre.

Compito ingrato, perché dietro di lei nell’accampamento tutti vorrebbero sentirsi dire che il mattino è oramai prossimo, che si può andare avanti come se la notte non fosse mai stata. Ma la sentinella sa bene che la sua ragion d’essere è esattamente quella di resistere alla tentazione di accondiscendere le attese per compiacere le illusioni di un’alba oramai imminente, e di dover invece guardare alla realtà delle cose chiamandola per nome senza fronzoli o abbellimenti. Quando fa questo la sentinella non è mai amata, perché non cerca consensi ma aspira a garantire un domani che possa essere degnamente abitato da tutti – e non solo da una ristretta cerchia di eletti. Ed è per questo che essa è necessaria a tutti quelli che dietro di lei premono per fare come se la notte fosse la luce di un giorno nuovo.

L’enciclica non si limita a trattenere l’impeto che vorrebbe fare come se nulla stesse accadendo, ma abbozza anche i tratti di una nuova architettura del mondo e delle relazioni umane. Architettura che pare essere oggi quantomeno plausibile, a giudicare dalle tante resistenze e opposizioni che desta dentro e fuori la Chiesa. Anche le più subdole, che sono poi quelle tipicamente ecclesiali di una retorica dell’encomio a cui non seguono pratiche e gesti conseguenti (perché è qui che cadono i tanti che sulla barca di Francesco sono saltati solo a parole o per convenienza, pur di essere lasciati tranquilli nel loro brodo).

Ci siamo giocati il tempo a disposizione: adesso dobbiamo decidere se scrivere insieme come umanità la storia del nostro destino comune, oppure perderci tutti nella coltivazione privata di un piccolo orticello scambiato per il mondo intero. Ora però non potremo più dire che nessuno ci aveva avvertito: Fratelli tutti segna infatti lo spartiacque per ciò che concerne la consapevolezza di passare alla storia o come quelli che hanno consegnato inermi alle generazioni future l’implosione di un sistema globale, oppure come coloro che hanno azzardato il sogno di mettere mano a un ordinamento realmente fraterno della coesistenza umana.

Convinto della praticabilità della seconda opzione, Francesco traghetta definitivamente la modernità oltre se stessa, intrecciando i suoi esiti migliori con la sapienza cristiana dell’alterità evangelica della Parola di Dio a qualsiasi ordinamento mondano – ed è a questa possibile alternativa rispetto all’attuale ordinamento del mondo che egli destina anche la Chiesa che desidera.