La prima coalizione di governo genuinamente populista e sovranista in Europa occidentale si è dissolta dopo circa un anno dalla sua formazione. Sebbene sia ancora presto per valutare la solidità della nuova ‘strana coppia’ democratico-populista, la partenza del secondo governo Conte si prospetta in salita per almeno quattro ragioni. 

La prima è la diversa composizione ideologica dei due partiti di governo. Mentre la Lega e il M5S superavano le profonde differenze ideologiche con un comune tratto populista, in questo caso i collanti di fondo sembrano mancare. Non solo, come mostrato nella Figura 1, nessun partito italiano presenta una composizione ideologica così variegata come il M5S, mentre gli elettori Pd sono saldamente ancorati ad una tradizione di sinistra. Ma soprattutto i due partiti si divaricano proprio sul giudizio circa gli orientamenti populisti. Mentre due terzi degli elettori Pd nell’autunno 2018 pensavano che il populismo facesse “molti danni,” solo il 6% dei leghisti e il 10% dei grillini dava un analogo giudizio.

Una seconda ragione è il peso del passato. Le “pietre” che i due partiti si sono lanciati in passato hanno lasciato cicatrici profonde, in particolare sull’elettorato del Pd. Due tipi di evidenze lo confermano. Da un lato, vi è l’attrattiva che ogni partito esercita sull'elettorato dell'altro partner della coalizione (Figura 2). Il precedente governo Lega-M5S traeva forza da una fase di “luna di miele” tra l’elettorato dei due partiti che ha resistito sino al maggio 2019 -sebbene i pentastellati siano sempre stati più vicini alla Lega rispetto al contrario. Negli ultimi due mesi il trend è ovviamente cambiato, ma non si è (ancora?) creato lo stesso clima tra gli elettori delle due forze di governo attuali, Pd e M5S. È chiara l'impennata d’attrazione dei grillini verso il Pd. Ma questa non è corrisposta nell’elettorato democratico. Mentre tra aprile e settembre del 2019 la quota di elettorato grillino che ritiene il Pd una opzione realistica è passata dal 7% al 21%, ciò non è avvenuto tra gli elettori dem. Solo il 2% degli elettori Pd considera la possibilità di votare per il Movimento in futuro.

Dall’altro lato, anche la fiducia nei leader dei partiti alleati (Figura 3) resta bassa. Durante il primo governo Conte, per il M5S la fiducia in Salvini era seconda solo a quella in Di Maio e Conte, mentre la simpatia per i due leader del Pd in questo periodo (Martina e Zingaretti) è sempre stata minima. Questo senso di avversione era ben ricambiato dagli elettori del Pd. Solo il 5% degli elettori dem, infatti, aveva fiducia in Di Maio. Nel corso degli ultimi due mesi lo scenario è solo parzialmente mutato. Da una parte registriamo una crescita importante della fiducia in Zingaretti tra gli elettori del M5S. Tuttavia, la maggiore fiducia nel leader del Pd tra i pentastellati non è ricambiata dagli elettori dem: a settembre solo il 10% degli elettori del Partito democratico dichiara di aver fiducia in Di Maio.

Una terza ragione di potenziale instabilità per la nuova coalizione M5S-Pd è la struttura valoriale su cui poggiano i rispettivi elettorati. Questo è quanto emerge dalla tabella seguente.

Tab. 1. Preferenze degli elettori su macro-tematiche 

Pd

M5S

Lega

L’ antifascismo è un valore

78%

47%

15%

Il capitalismo dovrebbe essere completamente cambiato/dovrebbe essere riformato

86%

81%

78%

La globalizzazione ha un effetto negativo

25%

59%

58%

Fonte: Dati Swg. Domanda su antifascismo (luglio 2019), su globalizzazione e capitalismo (agosto 2019)

Le differenze più rilevanti tra gli elettori del Pd e del M5S emergono in relazione agli atteggiamenti sull’antifascismo e sulla globalizzazione. Il primo rappresenta un valore irrinunciabile per gli elettori del Pd, mentre la questione è decisamente più divisiva per il M5S e un ricordo del passato per gli elettori della Lega. Per quanto riguarda la globalizzazione, gli elettori del M5S e del Pd sono chiaramente distanti: il 59% degli elettori M5S pensa che la globalizzazione abbia portato più svantaggi che vantaggi, mentre gli elettori Pd sono meno preoccupati. Più vicine sono invece le posizioni sul capitalismo e sulla possibilità di cambiarlo. Circa l'80% degli elettori dei tre partiti ritiene che sia necessaria una sua riforma. Tuttavia, mentre un terzo dell'elettorato M5S ritiene che il capitalismo debba essere completamente modificato, solo il 16% e il 15% degli elettori del Pd e della Lega condividono questa opinione.

Le politiche sono la quarta fonte di attrito tra gli elettori del Pd e del M5S (Tabelle 2 e 3). Immigrazione, economia e politica estera sono i dossier più divisivi all'interno dei due elettorati. Se poco meno del 50% dell’elettorato Pd si dice preoccupato dell’immigrazione verso l’Italia, tra i pentastellati questa quota sale di quasi venti punti. Il reddito di cittadinanza, inoltre, continua a trovare l’elettorato del Pd decisamente freddo (così come quello della Lega), a fronte di un chiaro supporto pentastellato. Senza dimenticare le grandi opere, con supporto plebiscitario tra Pd e Lega (attorno al 90%) ed elettorato M5S più freddo (62%), e la riforma delle pensioni con il mantenimento di quota 100, che trova ampi consensi tra M5S e Lega e netta opposizione nel Pd. L'elettorato del M5S e della Lega vedono positivamente i rapporti con la Russia, mentre la proporzione scende all'8% tra gli elettori del Pd. Altri temi potenziali di scontro sono l’Ue e la moneta unica, dove si registrano timidi accenni di convergenza con una moderazione degli elettori pentastellati (Tabella 2). Se nell’ottobre 2018 il 39% e il 34% degli elettori del M5S ritenevano che l’Italia avrebbe dovuto lasciare l’euro e l’Unione, le proporzioni sono scese nel settembre 2019 al 25% e 20% rispettivamente. Gli elettori Pd rimangono comunque decisamente più eurofili, con percentuali irrisorie di supporto per un’Italexit.

Tab. 2. Preferenze degli elettori sull'Ue e sull'euro (sett. 19  vs. ott. 18)

 

 
 

Pd

M5S

Lega

Pd

M5S

Lega

L'Italia dovrebbe uscire dall'euro

5%

25%

56%

2%

39%

35%

L'Italia dovrebbe uscire dall'Unione europea

2%

20%

50%

6%

34%

37%

Fonte: Dati Swg.

I due elettorati sono invece più in sintonia sui temi legati all'ambiente e ai diritti civili e sociali. Entrambi i partner di governo (e in maggior misura il M5S) inglobano all’interno del proprio elettorato una forte componente "green" e maggioranze forti sostengono una maggiore libertà di espressione per la comunità Lgbt. Inoltre, una maggioranza assoluta dei due elettorati (più entusiasti gli elettori del Pd, meno i grillini) supporta il pieno riconoscimento di diverse forme di famiglia.

Tab. 3. Preferenze degli elettori su varie tematiche

Pd

M5S

Lega

Preoccupazione per immigrazione verso l'Italia

49%

69%

90%

Supporto per relazioni più strette con la Russia

8%

36%

48%

Supporto per Reddito di cittadinanza

21%

65%

25%

Supporto per riforma pensioni con quota 100

29%

75%

79%

Rafforzare lo stato sociale invece di abbassare le tasse

76%

68%

51%

Supporto per maggiore spesa pubblica nell'economia 'Green'

25%

31%

17%

Supporto per grandi opere anche a costo alto impatto ambientale

90%

62%

81%

Supporto per il pieno riconoscimento di diverse tipologie di famiglia

81%

64%

42%

Supporto per la libertà di espressione della comunità Lgbt

84%

78%

54%

Fonte: Dati Swg. Welfare (giugno 2019); pensioni, libertà di espressione sessuale, green economy, accettazione ogni tipo di famiglia, Russia (luglio 2019); immigrazione, reddito di cittadinanza e grandi opere (settembre 2019).

È presto per dire se questo nuovo matrimonio di ‘convenienza’ durerà più (o meno) di quello giallo-verde. Se è ipotizzabile che nel tempo i due elettorati troveranno una maggiore sintonia – come è accaduto con la Lega – è improbabile che gli elettori cambino il loro universo valoriale di fondo. Il governo Lega-M5S si consolidò soprattutto sulla base di forti componenti affettive tra i due elettorati, salvo poi restare impantanato su divergenze di carattere politico. La relazione tra M5S e Pd sarà quanto meno più sobria e disincantata.

In questo quadro di molte ombre e poche luci, la figura del presidente del Consiglio emerge come un significativo collante. Se nel precedente governo, a dispetto dei proclami da “avvocato del popolo”, il ruolo di Conte è stato oscurato da quello dei due vicepremier, in questa nuova coalizione il premier sembra assumere, almeno agli occhi dell’elettorato, un ruolo di garante del patto di coalizione. Come riporta la Figura 4, il gradimento di Conte tra gli elettori Pd è significativamente cresciuto con la formazione del suo secondo esecutivo, passando dal 10-20% del precedente governo ad oltre il 60% ad agosto e settembre. Speculare l'andamento tra gli elettori leghisti, mentre tra quelli pentastellati il gradimento resta alto. Tutto lascia quindi suppore che il premier giocherà un ruolo importante nel tener insieme la coalizione.

Come in ogni relazione, tuttavia, il successo dipenderà anche da un pizzico di fortuna. Da questo punto di vista, paradossalmente, l'incombente recessione e le difficili condizioni economiche tedesche, combinate con le forti inclinazioni "green" di entrambe i partiti, potrebbero favorire una convergenza di interessi e garantire una certa stabilità delle relazioni tra due partiti che fino ad ora hanno provato poca attrazione l'uno verso l'altro.