Martin Heidegger sosteneva che non fosse possibile «introdurre l’uomo alla filosofia» poiché ogni individuo, in quanto tale, in quanto «storicamente» determinato, vi è già dentro. Ogni essere umano, a suo parere, è così immerso in quella dimensione di domanda di senso, sull’essere, sulla realtà e su chi siamo, da non aver bisogno di oltrepassare alcun confine. Già vi abita nella filosofia. Serve solo, piuttosto, imparare a fare le domande.

Di tutt’altro avviso è Giuseppe Cambiano che ha scritto il suo Sette ragioni per amare la filosofia (Il Mulino, 2019), con l’intento di accompagnare, prendere per mano i non addetti ai lavori proprio per intro-durli (letteralmente condurli dentro) all’amore per il sapere. Di fatto, anche secondo Cambiano, nella vita di tutti i giorni ci troviamo già costantemente circondati da miriadi di domande, come spiega in maniera emblematica prendendo a prestito un racconto di Gianni Rodari. Rodari, infatti, immagina un luogo in cui si è aperta la caccia al «perché», a causa della sua insistenza nel fare domande e della sua insaziabile curiosità che recava disturbo alle persone. Una caccia spietata che si conclude, però, con un nulla di fatto, in quanto «si è nascosto tanto bene il nostro Perché: un po’ qui e un po’ là, in tutte le cose. In tutte le cose che vedi c’è un Perché». Il padre di Cipollino e di tanti altri personaggi di libri per bambini è solo uno dei tanti che l’autore cita nel delineare il suo percorso. 

È lo stesso Cambiano, del resto, ad affermare che per intraprendere questo viaggio intellettuale, che porta all’amore per la filosofia, bisogna trovare un metodo, una strada, così da incamminarsi nella selva oscura dei nostri tempi e riscoprire le ragioni per cui è non solo fondamentale ma anche urgente farsi domande. L’autore una strada ce la propone, presentando sette motivi attraverso i quali mostra come sia utile, e sicuramente anche affascinante, mettere in gioco il pensiero. Sette motivi che vengono indagati attraverso una grande varietà di riferimenti e di rimandi che certamente riescono già nell’intento di suscitare la curiosità verso libri non ancora letti o film non ancora visti. Un accostamento avvincente di spunti di riflessione, capace non solo di proporre riferimenti tra i più vari, ma anche di accostare in modo armonico citazioni dal tono differente: a volte comico, a volte drammatico. Come l’accostare il citato Rodari alla testimonianza, poche righe più avanti, di Primo Levi e della vita nel lager dove fare domande è proibito, un «inutile tormento» in cambio del quale – purtroppo – accade di ricevere come risposte solo strattoni. Il fare domande da subito assume l’importanza di una dichiarazione d’amore per la vita, è metafora dell’uomo che cerca e continua a cercare, non pago di alcuna certezza.

D’altronde sarebbe proprio questa la prima ragione per amare la filosofia. E non ci sorprende se ad aprire il libro sia proprio quello stupore, tanto caro ad Aristotele e alla filosofia greca, che sappiamo essere l’incipit di ogni discorso filosofico: il fare domande, dunque, ma anche il trovare le parole giuste per porle e per cercare le risposte in grado di soddisfarci e portare i nostri interrogativi a un livello superiore. L’esercizio del pensiero si rivela, così, come la possibilità di un continuo addentrarci sempre più profondamente e in maniera autentica nella realtà. Ma la filosofia è anche quella scienza che permette di avere gli strumenti per lasciarci toccare da chi non la pensa allo stesso modo, per apprezzare l’opinione altrui senza la paura di confrontarci con il diverso. L’amore per il sapere ha, inoltre, per sua natura, confini labili, segno della sua capacità di adattarsi e avvicinarsi agli altri rami della conoscenza. In ultima analisi, ci aiuta a comprendere chi è vissuto in altri tempi e chi vive in altri spazi, mostrandoci come l’uomo sia, in fin dei conti, rimasto sempre lo stesso nonostante il trascorrere del tempo. Ed ecco che la sophia è pronta anche a spalancarci le porte per interrogarci su temi quali la dignità umana e i diritti umani, come spiega in alcune tra le pagine più dense e significative del libro. Così, Cambiano accompagna il lettore a scoprire i motivi per cui vale la pena lasciarsi appassionare dall’amore per il sapere.

Si tratta innanzitutto di un libro rivolto, come detto, a chi la filosofia non la conosce, non l’ha mai studiata o, anche, la considera una semplice astrazione per chi abbia tempo da dedicare a inutili passatempi. Questo non toglie che Sette ragioni per amare la filosofia sia un libro piacevole anche per chi questa forma di sapere la mastica quotidianamente. Gli spunti sono molteplici e vanno tutti nella direzione di difendere e argomentare perché la filosofia sia così importante nella nostra società e in questo particolare momento storico. Cambiano è autore conosciuto in ambito scolastico per i suoi manuali: questo rivela la sua inclinazione a spiegare la filosofia e – mi verrebbe da dire – il perché della filosofia ai più giovani. Per questo motivo il suo libro mi sembra uno strumento adatto per essere utilizzato nei licei, così da rendere questa materia più vicina ai ragazzi e più attuale, grazie ai numerosi punti di vista che possono trovare all’interno del testo (e, magari, anche meno ostica agli occhi dei più).

L’ultimo giorno di scuola, mi è capitato di chiedere ad alcuni miei studenti di una quarta liceo linguistico a cosa servisse, secondo loro, la filosofia. Le risposte, varie, andavano dallo sviluppare il senso critico, al guardare la realtà con occhi diversi, a far sorgere dubbi e curiosità, all’aprire la mente. Qualcuno ha sottolineato anche il suo legame con i tanti ambiti del sapere e la capacità di stimolare la mente in modo nuovo. Come a dire che forse l’errore della bassa reputazione di cui spesso gode la filosofia nella scuola non sia tanto da imputare agli studenti. Sono stati anni di riforme scolastiche ad averla relegata ai margini. Basti pensare che in un liceo classico, in uno scientifico o liceo delle scienze umane tradizionali, le ore settimanali dedicate al suo insegnamento sono tre, ma nei restanti indirizzi liceali si parla di sole due ore. Un numero decisamente esiguo se si pensa alla vastità di temi e argomenti che si potrebbero affrontare in classe, e se si considera che fare filosofia presupporrebbe anche la possibilità di far esercitare i ragazzi al dibattito, a migliorare le tecniche argomentative, a formarsi adeguate opinioni sull’attualità, in un continuo dialogo con gli autori «canonici», se così li vogliamo chiamare, della tradizione filosofica. Inoltre, con l’abolizione della terza prova dall’Esame di Stato, la filosofia ha assunto ancora minor rilievo agli occhi della popolazione scolastica, essendo diventata materia da studiare per la sola prova orale, quest’ultima basata, ormai, su percorsi costruiti autonomamente dagli studenti.

Sempre per restare nell’ambito dell’attualità, si pensi al Manifesto per la filosofia, firmato da Marco Ferrari e Gian Paolo Terravecchia e sottoscritto da docenti universitari, professori delle scuole secondarie di secondo grado e altri esponenti del mondo della cultura: il documento, diffuso in primavera e indirizzato al Miur per riportare l’attenzione sulla progressiva marginalizzazione cui va incontro la filosofia, si appella al ruolo centrale che la disciplina dovrebbe avere nell’istruzione, considerata l’importanza dello sviluppo del pensiero nella società, e richiede che venga «inserita in tutti i curricula scolastici, riguardando anche gli istituti tecnici, e che sia valorizzata nella formazione universitaria e nelle pratiche formative professionali del mondo del lavoro». Perché essere d’accordo con questo manifesto, lo spiega per l’appunto molto bene Cambiano, argomentando quelle «sette ragioni» di cui abbiamo parlato. Degna di nota, a tal proposito, è anche l’opinione che a riguardo aveva la scrittrice Virginia Woolf, la quale – dopo aver sottolineato la difficoltà insita nell’approcciarsi alla filosofia – riconosce come, alla fine del percorso, si sarà spinti all’amare ancor più la conoscenza. E lo spiega con parole bellissime: «A tutti è dato provarlo – l’indomita onestà, il coraggio, l’amore della verità che spingono Socrate, e noi nella sua scia, su verso la vetta dove, se ci arriviamo anche noi per un solo istante, godremo della più grande felicità che si possa provare». 

La speranza dell’autore è che i giovani possano assaporare questa felicità, tanto da rivolgersi esplicitamente a loro, spiegando l’importanza di tenere in vita e leggere i testi filosofici. «Il destino della filosofia – scrive – è affidato oggi ai giovani e a quanti vorranno ancora provare interesse, se non proprio amore, per essa».