Ci sono tre visioni dell’Europa oggi in campo. Tre idee diverse su cosa dovrebbe essere l’Unione e su quale ruolo può giocare nello scacchiere mondiale. Ciascuna è europeista, ciascuna si contrappone alle chiusure nazionaliste, ripiegate sulle antiche sovranità. Ma queste tre visioni vanno in altrettante, diverse direzioni. Giacché la divisione è non solo ideale, filosofica e culturale, ma pragmatica: sulle politiche da seguire, nel concreto. Come tale si riflette anche nelle formazioni che si presentano alle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Dalle sponde italiane, qui dove le forze nazional-populiste mietono i più alti consensi, può sembrare che la partita sia semplicemente fra europeisti e sovranisti. Ma è un’approssimazione a uso del nostro dibattito interno, che nasconde la vera partita. Probabilmente l’ampio e variegato schieramento europeista uscirà ammaccato da queste elezioni, ma ancora nel complesso maggioritario. Proprio per questo, dovrà decidere come organizzare la riforma e il rilancio dell’Europa, scegliendo fra posizioni ideali e interessi divergenti. E qual è il posto che il Vecchio continente potrà occupare nel mondo.

Vi è anzitutto l’idea di un’Europa liberista, e liberale, quella che nella sostanza è risultata prevalente dagli anni Ottanta in poi. A essa si contrappongono due diverse visioni che rivendicano una possibile Europa sociale: la prima aperta al mondo, e inclusiva, che potremmo definire social-liberale; la seconda chiusa, e identitaria, dunque un’Europa social-conservatrice. Chiariamo che «sociale» qui è aggettivo che si riferisce principalmente alla sfera economica, all’auspicabilità di un intervento pubblico che riduca le disuguaglianze, governi l’impatto dell’innovazione tecnologica e favorisca la transizione ambientale. Si oppone quindi all’aggettivo «liberista», anch’esso prettamente economico e che predilige, al contrario, le virtù di efficienza e auto-regolazione del mercato. «Liberale», invece, è termine che attiene alla sfera politica (la divisione dei poteri propria del liberalismo, che poi ha trovato forma nella democrazia liberale) e culturale (l’umanesimo liberale).

L’ascesa dei sovranismi ha messo in crisi l’idea dell’Europa che si era andata strutturando fra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, e che ha forgiato, in parte maggiore benché non esclusiva, anche le istituzioni comuni.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/19, pp. 287-295, è acquistabile qui]