«Supernova, alla fine, non racconta nulla più che pettegolezzi e sgradevoli sensazioni dei due autori. Qualche aneddoto più o meno divertente, molte incoerenze di Grillo, ma certo nessun reato, nessun illecito». Chiude così, con un’ode alla mentalità del «Fatto Quotidiano», una delle poche recensioni che siano state riservate a Supernova,il libro che Nicola Biondo e Marco Canestrari hanno definito «un gesto d’amore per il Movimento 5 Stelle», dedicandolo a «quelle persone, moltissime, che hanno creduto tanto a quello che poi si è rivelato un grande inganno». Un libro male introdotto dalla copertina – il sottotitolo, più grillino del Grillo, è Storia vera di una nuova casta che si pretendeva anticasta – e, per giunta, penalizzato dal timing, perché in formato cartaceo è uscito nelle settimane della formazione del governo Conte, quando nessuno poteva avere voglia di farsi scuotere dalle «sconvolgenti rivelazioni» – insiste orribilmente la quarta – sulla storia della prima forza politica del Paese, giunta finalmente a Palazzo Chigi.

Nella struttura e nello svolgimento, Supernova è un libro bitorzoluto. La prospettiva, gustosa, è quella di due ex insider: persone che c’erano e che hanno visto, e che con il senno del poi ripercorrono in ordine sparso le tappe della «degenerazione» della creatura cui hanno sacrificato anni centrali della loro vita politica e professionale. La prima parte è scritta dallo sviluppatore informatico Marco Canestrari, dipendente della Casaleggio Associati dal 2007 al 2010, che potremmo chiamare gli anni della «start-up»: dal blog all’organizzazione dei due V-Day fino alle prime liste civiche. La seconda parte sgorga dalla memoria di Nicola Biondo, giornalista giudiziario che nel 2013, all’indomani dell’«apertura della scatoletta di tonno», Casaleggio vuole come capo comunicazione degli eletti alla Camera dei deputati. L’ultimo capitolo – «L’omicidio» – è scritto a quattro mani e tira le fila di quello che gli autori, da diverse angolazioni, hanno voluto presentare in chiave poliziesca, come «delitto politico».

Sta in questa scelta la principale fragilità argomentativa del libro. Un giallo che non traccia la fisionomia della vittima: di quale M5S stiamo parlando? Se la cronaca dei delitti copre tutto il decennio di crescita del Movimento, la sensazione è che il M5S, che gli autori descrivono come «tradito», sia esistito soltanto nella loro mente. Un giallo, inoltre, che non chiarisce l’identità dell’assassino: l’indiziato numero uno sembra essere Luigi Di Maio, mediocre scalatore di un partito divenuto personale; ma in fondo è il libro stesso a sminuirne il ruolo, talvolta facendo luce sull’arrivismo dell’intero gruppo parlamentare, emancipatosi per convenienza dalle regole e dai «portavoce» della prima ora, talaltra evidenziando per converso lo strapotere della Casaleggio Associati e il peso di un’altra, cruciale, scalata: quella di Davide Casaleggio, figlio mai indicato da Gianroberto, la persona che attraverso la piattaforma Rousseau controlla la selezione degli eletti e da questi pretende fedeltà e ritorni.

Insomma, la sensazione è che Supernova sia un libro poco pensato, una sorta di diario terapeutico, nato dall’urgenza tutta personale di raccontare il prima possibile quanto visto e vissuto in anni incredibili. Prendendo sul serio e ribaltando la logica dei detrattori che non si sono degnati di leggerlo, possiamo dire che se l’obiettivo dell’opera fosse stata la vendetta nei confronti dell’ex amante, lo stesso materiale poteva essere gestito in maniera molto più scaltra e avveduta; al contrario, questo mal controllato desiderio di condivisione rende il volume meritevole di un lettore laico, che non lo derubrichi a «diario del rancore» e non lo sublimi a «tutta la verità sul M5S». Due tentazioni peraltro pienamente «grilline».

Entrando in contatto con le memorie personali del lettore, Supernova le mette in discussione, le integra e talvolta le spolvera. In estrema sintesi, la soggettiva di Canestrari e Biondo aiuta a spostare il focus da Grillo a Casaleggio, dal partito all’azienda, dal nazionale all’internazionale. Riflessioni trascurate per troppo tempo.

Negli anni della conquista del consenso, illustri analisti hanno descritto e raccontato il M5S come Il Partito di Grillo, una scelta che ebbe il demerito di credere al giornalismo, dedito all’inseguimento del comico e incapace di collegare i fatti. In controtendenza con tutto ciò, Supernova ci racconta un mondo 5 Stelle in cui Giuseppe Piero Grillo porta carisma e spettacolo, ma non ha in mano l’organizzazione, non ne plasma l’ideologia e non ne governa le scelte fondamentali. L’esordio online del blog è uno spartiacque (16 gennaio 2005), ma ancora oggi sono pochi gli italiani che hanno chiaro che il primo autore di www.beppegrillo.it è stato Gianroberto Casaleggio, imprenditore milanese proveniente da Webegg (azienda del gruppo Telecom Italia) e fondatore di una piccola agenzia di comunicazione, tra le prime in Italia a occuparsi di servizi di consulenza per il web. La testimonianza di Canestrari non svela chissà quale scoop, ma ci aiuta a ricordare che il primo cliente politico di Casaleggio fu l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e che l’avventura di Grillo comincia per diversificare il portafoglio.

Inizialmente il comico non credeva nel blog e non vi investì in prima persona, limitandosi a cedere alla Casaleggio i diritti di vendita del suo spettacolo. Solo quattro anni più tardi, dopo i Vaffa Day di Bologna e Torino che consacrarono la centralità mediatica del «portavoce», il Movimento divenne partito politico. Canestrari lavorò in prima persona alla svolta del 2009, e questo è quello che vide lui: «Il programma, come la Carta di Firenze, è scritto da Casaleggio. Il logo lo disegna un dipendente della Casaleggio, e lo approva Casaleggio. Il cosiddetto non-statuto non è frutto della collaborazione online degli attivisti, ma del lavoro di Casaleggio. Le slide che presentano il futuro portale sono di Casaleggio». Insomma, il M5S di Supernova non è un network orizzontale di meet-up (mito fondativo) e non è una dittatura governata da un comico irascibile e fuori controllo (mito avversario): è più semplicemente il partito di un imprenditore. I nostri autori attribuiscono ai pregi e ai difetti di Casaleggio, che entrambi hanno stimato come capo, gli alti e i bassi di una vicenda che sfugge di mano dopo l’ingresso in Parlamento – l’indole e il riserbo del «Samurai» (così Nicola Biondo chiama Gianroberto) è inadatta alla gestione dell’armata brancaleone degli eletti – per deflagrare con la sua morte e l’ascesa non pianificata del figlio. Insomma, una monarchia ereditaria di cui Grillo sarebbe solamente il giullare, per giunta sempre più solo.

Il merito della seconda parte del libro, dedicata al Movimento nelle istituzioni, non sta nell’aneddotica su Renzi, Di Maio e la loro reciproca ascesa, ma nella critica al concetto di «antipolitica» applicato al M5S, un progetto pienamente politico perché finalizzato alla sostituzione della classe dirigente al potere. Per usare le parole di Biondo: «Non un contropotere, non antipolitica – altra parola abusata dal giornalismo che non stava capendo nulla – ma una concentrazione di potere alternativa e speculare. Che non avrebbe avuto bisogno delle televisioni, che non avrebbe pagato i giornalisti, ma avrebbe concesso loro visibilità, follower e abbonati; che non avrebbe avuto bisogno del finanziamento di grossi gruppi imprenditoriali, potendo contare sull’attivismo di centinaia di persone che cercavano riscatto sociale ed erano state messe da parte dal sistema dei partiti». Insomma, un «ascensore sociale» che ha consentito l’avvicendamento al potere, ma senza preparare una classe dirigente idonea e rimanendo permeabile alle scalate, interne e internazionali – le oscillazioni del M5S sugli Esteri, dalla Nato alla Brexit, dall’euro all’Unione europea, dall’Ucraina alla crisi venezuelana, da Israele alla Siria – raccontano un partito a rischio di «noleggio» internazionale.

In conclusione, il partito di Casaleggio prometteva democrazia diretta e ha mantenuto economia di relazione; predicava il contrasto ai poteri forti e ne ha creati di altrettanto opachi; diceva di mettere in rete la spontaneità degli attivisti ma oggi profila utenti e seleziona maschere televisive, ammiccando alle destre eversive ogni volta che si affaccia fuori dai confini nazionali. La cocente delusione di chi ha scritto Supernova si spegne così nel mare del risaputo e della cronaca, prestando il fianco a infinite obiezioni. Il M5S non è, sin dal primo giorno, un «asset aziendale» della Casaleggio? La deleteria confusione dei piani dell’informazione, della politica e della comicità non era già tutta lì nel 2005, prima che aprissimo i nostri profili Fb? Davvero non era chiara la natura del progetto a cui stavate prestando le vostre professionalità? Sono domande che accompagnano la lettura di chi nel M5S non ha mai sperato (o di chi non ammetterebbe di averlo fatto), ma essendo personali non ha senso porle.

Il valore autobiografico di Supernova sta oltre le intenzioni e le capacità dei suoi autori, poiché nelle sue pagine riecheggia – involontaria, e quindi autentica – la viva e drammatica testimonianza, umana prima che politica, di una generazione culturalmente stremata dal berlusconismo, che ha vissuto il picco del proprio impegno nella cosa pubblica contribuendo a un’oscura macchina del consenso, cresciuta nella problematica affermazione del paradigma Internet, lontanissimo dalla parola democrazia. Supernova va letto perché è un libro che non è finito e perché i suoi autori siamo tutti noi.