Il nuovo movimento di Sahra Wagenknecht, Aufstehen, è partito. La sobria (persino ingessata) conferenza stampa di ieri non ha riservato particolari novità rispetto a quanto preannunciato nelle interviste degli ultimi mesi. Molte frasi di circostanza: non si tratta di un nuovo partito ma di un movimento, l’obiettivo è recuperare elettori che hanno scelto Alternativ für Deutschland, il programma del movimento sarà scritto collettivamente anche grazie a una piattaforma online.

Wagenknecht ha glissato sul suo doppio ruolo (capogruppo al Bundestag per la Linke e fondatrice del movimento) e ha continuamente ripetuto il proprio verso i mantra, sintetizzato in un breve documento Insieme per un Paese giusto e pacifico): la Germania vive da anni una profonda disillusione dei ceti più bassi partiti storici della sinistra. Questa disillusione mista a insoddisfazione ha allontanato gradualmente i cittadini dal campo progressista (dal documento: «Mandiamo i nostri bambini in scuole che cadono a pezzi, nelle quali mancano insegnanti e le lezioni vengono annullate. Il governo salva le banche e i gruppi industriali ma non è pronto a proteggere le persone dalla povertà»).

Foto: Bernd von Jutrczenka / Dpa

Il caso ha voluto che la crisi dei migranti sia scoppiata proprio quando questa insoddisfazione cominciava a tradursi politicamente nella proposta di AfD, che ha tratto enorme vantaggio dall’arrivo dei Flüchtlinge. I suoi elettori non sarebbero, quindi, tutti nazisti. Più semplicemente, elettori insoddisfatti dalle politiche che, pur non essendo mai state nominate direttamente, sono quelle realizzate dalla coalizione rosso-verde

“La distruzione della coesione sociale, la crescente insoddisfazione e il sentimento di impotenza creano il terreno fertile per odio e intolleranza. Anche se la crisi dello Stato sociale e l’instabilità e i problemi globali sono la ragione principale per l’ansia verso il futuro, lo sviluppo della questione dei migranti ha prodotto ulteriore insicurezza […] problemi esistenti già da tempo come la mancanza di case popolari, scuole strapiene e insufficienti posti negli asili si sono aggravati”.

Esiste quindi una maggioranza (a favore del «disarmo e della pace, di salari più elevati, pensioni migliori, tasse eque e maggiore sicurezza»), non silenziosa ma certamente spaesata, che vuole cambiare le politiche di Merkel e della Grande coalizione ma che non ha trovato nei partiti una risposta.

Perché, chiede Wagenknecht, se la Spd in crisi, perde iscritti e voti, la Linke non intercetta di questi che una sparuta minoranza? La risposta è un movimento che si ponga come obiettivo il rinnovamento radicale della democrazia, intesa innanzitutto come redistribuzione verso il basso, tramite interventi finalizzati a migliorare la scuola e la sanità o ad abbassare il prezzo degli affitti: «vogliamo ridare la politica alle persone. E riportare le persone nella politica. Di questo siamo convinti: solo così la democrazia ha un futuro».

Su tutto pende una ipotesi che ha i toni della minaccia: se i partiti cambiano le loro politiche nel senso prospettato dal nuovo movimento, la sua missione può dirsi conclusa; per ora non è dato sapere cosa accadrebbe in caso di insuccesso.

Al netto delle dichiarazioni di circostanza, la conferenza stampa non ha dato risposta a quanti avevano espresso dubbi sull’opportunità di questo movimento. Anzi, conferma tutte le preoccupazioni. Il movimento non ha chiarito il suo ruolo per le prossime elezioni europee, non ha indicato una sola campagna da realizzare insieme alle altre forze organizzate (non solo quelle di partito), si è appellato direttamente ai cittadini che dovrebbero lasciar perdere la retorica di AfD e della destra estrema per avvicinarsi al campo prospettato da Wagenknecht.

La sua analisi non convince perché è praticamente la stessa degli ultimi quindici anni: il “tradimento” della Spd di Schröder, il “neoliberismo” dell’Agenda 2010, il paese distrutto e la necessità di politiche “radicali”. Addirittura i fatti del 2015 (l’arrivo di quasi un milione di rifugiati per il collasso siriano) sono derubricati a mero scoperchiamento del vaso di Pandora. Ma se fosse davvero così, perché la reazione alle riforme di Schröder del 2003 sono arrivate solo oggi? Perché le percentuali di AfD hanno iniziato a raggiungere la doppia cifra solo a partire dagli ultimi anni? Ma soprattutto il rischio è di voler ripetere l’opposizione degli ultimi vent’anni senza avere un’idea della società attuale, delle sue paure e dei suoi bisogni, del cambiamento da imprimerle e di un nuovo socialismo democratico.

Non solo: il giudizio sulla Spd non chiarisce quale sia la critica rivolta da Wagenknecht al proprio partito. Avendo scelto di non rispondere alle domande sulla questione migranti, non è davvero chiaro cosa venga imputato alla Linke e quali siano le alternative che avrebbe dovuto percorrere. Tutto rischia di apparire come una operazione di vertice, da parte di minoranze che hanno deciso di organizzare la lotta politica al di fuori dei rispettivi partiti: la Wagenknecht ha di fatto perso il congresso pochi mesi fa a Lipsia, pur non avendo presentato documenti alternativi.

C’è un altro punto del documento, che è stato toccato solo marginalmente in conferenza stampa e che racchiude, ad avviso di chi scrive, la natura del movimento: ”’Germania europea in un’Europa unita di democrazie sovrane’. L’Unione europea deve essere uno spazio di rifugio e di progettazione ma non il catalizzatore di una globalizzazione del mercato radicale e dell’erosione della democrazia. La politica europea ha bisogno di una legittimazione democratica”.

Cosa significa l’espressione democrazie sovrane? È possibile che gli estensori del documento siano convinti che l’attuale conformazione europea (intesa come prevalenza del diritto dell’unione e nelle modifiche istituzionali realizzate quantomeno a partire dell’Atto unico) sia in grado esclusivamente di accelerare lo sviluppo delle tendenze più radicali del mercato. Il rinnovamento della democrazia, di cui parla Wagenknecht – la capacità di promuovere diritti individuali declinati nella cornice del bene comune – si può realizzare solo all’interno di una dimensione statuale: l’uso del plurale “democrazie come base di una unità europea sembra far riferimento a questa interpretazione.

La democrazia, quindi, nella sua versione radicale potrebbe essere realizzata, perlomeno nelle condizioni attuali, soltanto a livello statuale o nazionale.

Questa impostazione dovrebbe costituire la vera spina dorsale del nuovo movimento: una accentuata lotta all’attuale processo di integrazione europea, nemico principale sia per via della sua origine “neoliberale” sia perché portato avanti da una sorta di grande coalizione europea sostenuta da conservatori e socialdemocratici. E l’esistenza di questa coalizione darebbe maggiore senso e prospettiva all‘idea che serve una forza radicale.

Ad oggi le risposte di Aufstehen non sembrano davvero all’altezza delle imminenti sfide, ma del tutto rinchiuse in se stesse. Una chiusura che potrebbe determinare il collasso definitivo di quanto resta del campo progressista tedesco.

 

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