Mi pare impossibile che l’intervento del cardinale Bagnasco sulla necessità di votare nelle regionali contro candidati conosciuti “morbidi” in tema di “interruzione volontaria di gravidanza” sia finalizzato ad aiutare il centrodestra a contenere le temute perdite astensioniste, di cui hanno parlato molti sondaggi. Credo che la recente dichiarazione del presidente Cei sia stata resa in buona fede, al fine di cercare di contenere il numero molto alto di aborti legali e medicalmente securizzati, praticati ogni anno in applicazione della legge n. 194. Penso però che questa finalità sia molto ingenua e destinata a restare largamente delusa: gli aborti clandestini sono indubbiamente diminuiti in applicazione della legge n. 194, ma così non avviene per le “interruzioni volontarie” consentite ai sensi e con le modalità previste da questa legge. La quale sostanzialmente ha preso atto che non si può garantire la vita ad un bambino che la madre, e spesso anche l’ambiente familiare di questa, preferiscano “non nasca”. Per giudizi familiari i cui “criteri” sono profondamente culturali e ben poco politico-elettorali. Non a caso, da molti anni gli aborti medicali sono stabili oltre i centomila annui, in presenza di nascite che ormai (per la diffusione di anticoncezionali anche nelle abitudini coniugali), in Italia, non superano che raramente il mezzo milione annuo. Contro una trasformazione del costume così larga e profondamente assimilata, il carattere dell’argomento usato da Bagnasco esprime un aspetto “ideologico” che forse è ancora più debole e irrilevante di quello che molti avvertono come “politicistico” a favore del centrodestra: non a caso proprio lo schieramento maggioritario è esposto a critiche ad esso pertinenti, secondo molte voci del “repertorio” citato da Bagnasco in vista di promuovere un voto responsabile che sia conforme a un reale “bene comune”.
Il prossimo voto regionale, interessante e importante sotto molti aspetti, contribuirà a misurare anche realtà e apparenza del “voto cattolico”, e in entrambi i casi l’autorità ecclesiastica mi pare corra un pericolo notevole: o di subire l’amarezza di una scoperta irrilevanza di alcuni aspetti dell’attuale suo magistero, se i risultati, specie del Lazio e del Piemonte, dovessero parlare a favore di due donne ideologicamente temutissime come Bonino e Bresso; oppure, al contrario, subire una sollecitazione illusoria a credere i vescovi culturalmente più forti della realtà, se Berlusconi, con le sue comparse propagandistiche fosse riuscito a sanare anche questa volta le delusioni inflitte ai suoi elettori con la confusione esibita nelle ultime settimane dal Pdl, e magistralmente negate con straordinaria spregiudicatezza delle sue dichiarazioni televisive supertrasmesse.
Per fortuna, resterebbe più modestamente vero che solo una reale politica sociale, dello stato e delle regioni, può aiutare una ripresa di vitalità familiare e di fecondità femminile; e una capacità di parlare in chiesa, non astrattamente di elezioni, ma di esperienze coniugali cristiane, di tradizioni domestiche antichissime, di gioia dei figli ancora conosciute in molte case, dove la vita spirituale esiste pure oggi, anche se contrastata da troppi esempi distruttivi e degradati della presente vita pubblica. Premesse che anche il presidente Bagnasco – ne siamo certi - sa molto importanti per riavere, in un prossimo futuro, una vita politica in grado di fare cose utili per sostenere i genitori ad avere fiducia nel proprio ruolo coniugale, domestico e familiare, fattore imprescindibile di un rinnovamento molecolare della nostra cittadinanza democratica.

[L'autore è presidente dell'Associazione di cultura e politica "il Mulino"]