Il crepuscolo dello Yokozuna. Il 4 febbraio 2010 ha annunciato il proprio ritiro dal sumô il ventinovenne campione Asashôryû Akinori, diventato nel marzo del 2003, ad appena ventidue anni, dopo poco più di 3 anni dal suo debutto, il 68° yokozuna (grande campione), il grado più alto nella piramide gerarchica dei rikishi, ossia i sumotori professionisti.Una posizione privilegiata (che un lottatore può raggiungere se vince due tornei di fila e possiede le qualità morali necessarie al titolo, valutate da un apposito comitato nazionale), che dà diritto a un assegno mensile di quasi 3 milioni di yen, oltre a bonus, premi speciali e a un generoso vitalizio a fine carriera. Lo yokozuna non può essere retrocesso se ottiene in seguito cattivi risultati, ma ci si attende allora il ritiro. Primo yokozuna della storia di nazionalità mongola, Asashôryû ha scalato molto rapidamente il vertice della piramide dei rikishi, vincendo 25 yusho (i trofei che premiano il vincitore di ognuno dei 6 tornei ufficiali dell’anno), accumulando record e divenendo il terzo più titolato nell’intera storia del sumô dopo Taihô (32 trofei) e Chiyonofuji (31).

Il suo ritiro è maturato al termine di una lunga riunione col comitato direttivo dell'Associazione Nihon Sumô Kyôkai, al quale doveva rispondere delle accuse di aver, ubriaco, ferito seriamente un uomo rompendogli il setto nasale, in un night-club di Tôkyô. Di regola, i sumotori si attengono a precise regole comportamentali, Asashôryû invece ha violato spesso le tradizionali norme etiche del sumô, con atteggiamenti poco consoni (contestando i verdetti dei giudici; atterrando il lottatore rivale prendendolo per i capelli, gesto assolutamente vietato ecc.) a quello che dal 1909 è lo sport nazionale giapponese, strettamente associato alla cultura nipponica, di cui è parte integrante sin dai tempi remoti. Secondo il mito, riportato dal Kojiki (il documento storico più antico del Giappone, 712 d.C.), il dio Take-mikazuchi stabilì la supremazia della popolazione nipponica sulle isole dell’arcipelago vincendo un incontro di sumô. Praticato regolarmente dall’VIII secolo presso la Corte imperiale, nei secoli il sumô si è evoluto da rito religioso a favore della prosperità nazionale ad attività d’addestramento militare, fino alla connotazione attuale di sport. Tuttavia l’area circolare entro la quale si svolgono gli incontri (sormontata da una struttura di legno che ricorda i tetti dei templi shintoisti), è considerata un luogo sacro, che deve essere purificato prima d’ogni torneo mediante antichi rituali. Asashôryû si è ritirato volontariamente poiché l'espulsione a vita minacciata dall’Associazione Sumô gli sarebbe costata il premio di pensionamento che è normalmente concesso ai campioni che si ritirano (nel suo caso l’Associazione ha proposto l’ingente cifra di 1.200.000 dollari, seconda solo ai 1.300.000 ricevuti dall’ex yokozuna Takanihana, provocando l’ira di alcuni fan, soprattutto in tempi difficili per tanta gente in Giappone).

Molti giornali mongoli hanno accusato l’Associazione Sumô di cospirazione contro Asashôryû (che non ha la cittadinanza giapponese e non può ora rimanere nell’Associazione neppure come allenatore): avrebbe fatto pressioni per il ritiro solo per paura che il fiero yokozuna infrangesse la leggenda del sumô e il record di 32 titoli vinti dall’ex yokozuna nipponico Taihô. Del resto, nessun rikishi giapponese di nascita ha vinto un titolo nell’antica lotta del Sol Levante dal gennaio del 2006. Tra i 42 rikishi che occupano i 5 gradi più alti della piramide, 16 sono stranieri, tra cui lo yokozuna mongolo Hakuho, tanto che l’Associazione ha emanato a febbraio nuove norme per limitare il numero degli stranieri ad uno per scuderia. Ma questo è solo l’ultimo dei problemi che affliggono il sumô, sconvolto negli ultimi anni da numerosi scandali (uso di stupefacenti; minacce di morte e la condanna a 6 anni di prigione al capo di una scuderia per maltrattamenti fisici fino alla morte di un sumotori di 17 anni) che ne hanno compromesso l’immagine.