Uno stato di polizia nel Corno d’Africa. Paese dimenticato e abbandonato a se stesso, l’Eritrea. Il livello di isolamento internazionale in cui è attualmente confinata l’ex colonia italiana non è mai stato così severo. La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu 1907 del 23 dicembre 2009, approvata con 13 voti favorevoli su 15, ha imposto all’Eritrea rigide sanzioni. La Cina, che sta estendendo la propria rete di relazioni e interessi in Africa orientale si è astenuta, mentre l’unico voto contrario è stato quello della Libia, che intrattiene con Asmara rapporti economici e di cooperazione relativamente buoni. La principale accusa mossa dal Consiglio di sicurezza al Governo eritreo è quella di destabilizzare la regione del Corno d'Africa appoggiando con armi e uomini le milizie islamiste Al-Shabab somale (ritenute legate ad al-Qaeda) e rifiutando di abbandonare una striscia di territorio conteso a Gibuti. Il ritiro era stato imposto dalla risoluzione 1862 (2009), voluta dal Consiglio di sicurezza in risposta a una serie di incidenti di confine, verificatisi per i ripetuti sconfinamenti dell'esercito eritreo nel giugno del 2008. Le sanzioni Onu sembrano puntare a colpire il regime socialista di Isaias, imponendo un embargo sul commercio di armamenti sia verso che dall'Eritrea, il congelamento delle risorse finanziarie riconducibili al governo o ai suoi principali esponenti e il blocco dei viaggi all'estero di alcuni membri dell’esecutivo. Di fatto, il paese si trova in una posizione di totale isolamento, aggravatasi progressivamente a partire dal 2005, con l'espulsione dei caschi blu Onu di nazionalità occidentale, seguita dalla chiusura della maggior parte delle ong internazionali.

Parallelamente al progressivo isolamento internazionale il regime del presidente Isaias Afewerki ha inasprito le misure di controllo della popolazione e dell'economia, conducendo tragicamente il paese ai primi posti nelle classifiche mondiali per quanto concerne la violazione dei diritti umani. Il report 2009 di Human rights watch (Hrw) descrive la repressione statale crescente a partire dal 2001, denunciando arresti arbitrari e detenzioni indiscriminate, torture ed omicidi extragiudiziari, severe restrizioni alla libertà di espressione, di culto e di movimento. Migliaia di prigionieri politici sono detenuti in prigioni e celle sotterranee, i media indipendenti sono stati eliminati e non esiste una società civile indipendente. Il governo di Asmara si definisce laico ma di fatto conduce una durissima repressione nei confronti di tutte le confessioni: lo stesso patriarca della chiesa ortodossa è in stato di detenzione e i cristiani evangelici sono regolarmente sottoposti ad abusi e torture. In risposta alle sanzioni Onu il 22 febbraio 2010 si sono svolte a Ginevra, Melbourne, San Francisco e Washington manifestazioni promosse dal governo per richiedere l'annullamento della risoluzione 1907 dell'Onu e bloccare quelle che il ministro dell'Informazione di Asmara definisce “vergognose e ingiuste sanzioni statunitensi adottate nel nome del Consiglio di sicurezza contro l'Eritrea”. In questa fase la preoccupazione è ancora maggiore per la popolazione, già vittima delle devastanti condizioni economiche e politiche in cui versa il paese. L'intera regione sta attraversando una pesante siccità e in Eritrea, secondo le stime Onu dello scorso ottobre, due persone su tre soffrirebbero di malnutrizione. La situazione è resa ancora più pesante dalle limitazioni imposte da Asmara all'attività delle organizzazioni umanitarie e alla sua tendenza a nascondere la gravità dell’emergenza alimentare presente nel paese. In contrasto con le preoccupanti previsioni degli esperti analisti e contro ogni evidenza lo scorso novembre il presidente Isiaias aveva dichiarato: “Non ci sarà la fame in Eritrea nel 2010”. Nel frattempo il tragico esodo del popolo eritreo continua, sotto silenzio.