Transitare per la stazione della Spezia ed essere sommersi da turisti curiosi e disorientati è una scena consueta. Si tratta di turisti in transito, quasi tutti stranieri. Stanno per dirigersi alle Cinque Terre o verso località della riviera, Santa Margherita ligure o Portofino. Una scena inimmaginabile fino a dieci o quindici anni fa. Nessun esponente della Marina è presente in stazione in quella che per tutto il Novecento è stata una città militare per eccellenza.

Accanto agli ambiti più tradizionali (portuale e militare in primis, oltre alle residue presenze industriali), La Spezia sta cercando di guidare un processo di ridefinizione della propria base produttiva verso un’economia diversificata, incentrata sul nuovo ruolo di settori quali il turismo e la cultura. Un percorso lungo, travagliato, complesso. Metabolizzata la crisi dell’industria, dalla fine degli anni Ottanta La Spezia è stata attraversata da due “scommesse” che ancora oggi sono decisive per il suo futuro. La prima è la realizzazione del nuovo fronte mare nell’area portuale nel cuore della città; la seconda riguarda la riconversione delle aree militari maggiori e la riorganizzazione dell’Arsenale (che comprende una superficie di 85 ettari), in modo da conservare un ruolo nel settore militare e della difesa, ma impegnando parte dell’area per destinazioni diverse.

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Il Piano regolatore portuale – approvato nel 2006, dopo un iter durato sei anni – prevede innanzitutto un aumento degli spazi a favore dei traffici commerciali, più aree per la nautica da diporto (settore in forte espansione in quegli anni nell’area spezzina) e una riorganizzazione complessiva della cantieristica militare e civile. In attesa di queste progettualità, nel settembre del 2015 è stato inaugurato il nuovo terminal crociere in ambito portuale per migliorare l’accoglienza di un settore in continua crescita (con il relativo indotto economico), opere effettuate nel bacino portuale permettono l’attracco di mega-navi di nuova generazione. Chi sbarca alla Spezia può poi proseguire verso le Cinque Terre, Lerici, Portovenere o l’isola Palmaria: un ricco patrimonio paesistico che si combina con una grande eredità artistico-culturale e tanti musei.

Nel 2006 è stato indetto un concorso internazionale vinto da José Llavador con un progetto ambizioso che ha riacceso il dibattito su nuovi scenari di sviluppo della città, per ripensare e ridisegnare, oltre all’area di Calata Paita, la storica passeggiata Morin. Il progetto, contenuto nel masterplan elaborato nel 2010 dallo stesso architetto, prevedeva di realizzare un terminal crociere, un bacino per la nautica da diporto con nuovi pontili e 500 posti barca, spazi commerciali, strutture ricettive, un polo sportivo, un polo culturale. Dopo una fase di concertazione e partecipazione tra gli stakeholders della città, nell’approvare il nuovo Piano urbanistico comunale, nel febbraio 2016, è emersa tuttavia l’esigenza di rimodulare il progetto di trasformazione in una chiave più sobria e più direttamente orientata a consentire la riappropriazione da parte della città degli spazi del primo bacino, con una riduzione sia in relazione ai volumi edilizi complessivi, sia al loro sviluppo in altezza (realizzazione ora temporaneamente accantonata a causa della crisi finanziaria che ha travolto il settore immobiliare).

Per quanto riguarda la seconda scommessa, l’evoluzione del modello di difesa e di reclutamento e il mutato assetto geopolitico internazionale consentono oggi di ripensare il rapporto tra aree militari e città. In città, per molti anni, non è esistito un vero e proprio dibattito sul tema delle dismissioni militari. La radicalizzazione di alcune posizioni ha spesso prodotto immobilismo, veti incrociati, paralisi e ha precluso opportunità e nuovi scenari di sviluppo. Attualmente, per le aree militari comprese tra Marola e Cadimare, ora in condizioni di sottoutilizzo o di forte degrado, il Comune prevede la riqualificazione ambientale e il recupero a fini turistici, produttivi e di servizio pubblico, consentendo così anche un migliore accesso al mare dalla città. Per il momento si parla di forme di collaborazione nell’uso di spazi, oltre ad alcune vere e proprie dismissioni, ma già s’intravedono i primi segnali di un’inversione di tendenza vera e propria; aree e spazi con elevatissime potenzialità che non possono più rimanere bloccati o sottoutilizzati.

Dal 2007 in poi, tra il ministro della Difesa e il Comune della Spezia sono stati avviati vari tavoli di lavoro per cercare di migliorare l’attuale contesto di degrado delle aree militari. L’obiettivo dell’amministrazione è quello di farsi carico, almeno in parte, del processo di riuso e razionalizzazione delle strutture militari in cambio del prezioso patrimonio storico della Marina. Tali forme di collaborazione prevedono la piena disponibilità dei beni per il Comune, come nel caso dell’area verde di Marola o del parcheggio di via XV giugno.

Nel 2013 è stato acquisito da parte del Comune il compendio militare “Ex fusione tritolo” in località Pagliari, denominato “Le Casermette”: 65 mila metri quadri da destinare alla filiera della nautica, come previsto dal Piano urbanistico comunale. Quest’area – inutilizzata dal dopoguerra e limitrofa alla Darsena Pagliari, acquisita dall’amministrazione al prezzo di 2 milioni di euro – costituisce la seconda fase per il completamento del progetto nato con la Darsena (inaugurata a metà luglio del 2009) e con i primi capannoni degli insediamenti produttivi già realizzati. Il 7 aprile 2014 è stato poi firmato il Protocollo d’intesa relativo alla cessione al Comune del comprensorio dell’ex ospedale militare “Bruno Falcomatà” per la realizzazione del nuovo campus universitario, nonché del Distretto ligure delle tecnologie marittime. L’accordo prevede anche la gestione ventennale del centro sportivo Marina militare “Montagna”.

La possibilità di ripensare una nuova fase di riqualificazione urbana a partire dalle aree militari dismesse o sottoutilizzate porta La Spezia ad avviare una stagione che si preannuncia promettente. In particolare, per il futuro delle aree centrali dell’Arsenale, oltre alla realizzazione di una struttura turistico-culturale destinata alla nautica subacquea, potrebbe scaturire un accordo tra le autorità locali, l'università e il settore industriale-portuale per riutilizzare alcuni spazi come luoghi di formazione per il comparto navalmeccanico, ma anche per l’affitto dei bacini di carenaggio e di capannoni a società private o dell’industria della difesa (benché sia incerta la permanenza di Oto Melara dopo l’incorporazione nella società Leonardo-Finmeccanica). Un’altra questione rilevante riguarda la centrale a carbone Enel di cui è prevista la chiusura entro il 2021: un gruppo di cittadini ha proposto un referendum comunale consultivo sulla trasformazione dell’area in un grande parco tematico o dei divertimenti già denominato SpeziaLand. Secondo i promotori la soluzione potrebbe rappresentare un tassello strategico per il futuro della città incentrato su turismo e tempo libero, anche in connessione con le Cinque Terre e con altre zone di pregio ambientale della riviera ligure di Levante.

Il dialogo intrapreso tra il Comune della Spezia e la Marina militare apre le porte a un percorso in cui sembra ancora prevalere la difesa di rendite di posizione, ma in cui non sono più ammissibili temporeggiamenti. I futuri interventi dovranno auspicabilmente innescare processi duraturi di rigenerazione e di miglioramento della qualità urbana, andando a favorire anche la partecipazione di operatori privati e alimentando una valorizzazione e un cambiamento di immagine che permettano la riscoperta della città da parte degli stessi spezzini, una rivitalizzazione del mercato immobiliare, nonché la creazione e il progressivo incremento dei flussi turistici. La possibilità di intercettare, almeno in parte, le ingenti quantità di turisti che affollano le Cinque Terre dovrebbe essere un obiettivo primario, anche in un’ottica di migliore distribuzione territoriale delle presenze. I celebri paesini a picco sul mare della riviera spezzina soffrono infatti di “troppo turismo”: i flussi sono diventati ormai ingestibili (basti pensare alla congestione delle piccole stazioni ferroviarie ricavate fra gallerie e pareti rocciose, in un territorio che non può assorbire un turismo di massa troppo invadente) e si è ipotizzato, come per altre celebri località turistiche italiane (ad esempio Venezia), di sperimentare un “numero chiuso” per i visitatori. Convogliarli anche in altre realtà vicine, come La Spezia, potrebbe essere un'alternativa.

 

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