Il Friuli, come altri territori della Terza Italia, è stato investito a partire da metà degli Sessanta del secolo scorso da un processo di sviluppo della manifattura caratterizzato da una forte prevalenza di imprese di piccole e piccolissime dimensioni a proprietà familiare. L’entità del processo e la sua rapidità hanno capovolto la precedente situazione di arretratezza economica che contraddistingueva l’area. In relazione agli insediamenti produttivi, la loro localizzazione si è propagata all’esterno della città di Udine: la fabbrica dispersa nella campagna, i distretti industriali, le aree attrezzate industriali. Ma anche il fattore imprenditoriale ha avuto poco a che fare con la borghesia urbana del capoluogo. In definitiva, Udine ha svolto un ruolo passivo nel modello di sviluppo che ha trasformato il Friuli, di «città-platea» che osservava (pigramente) lo spettacolo che aveva luogo al suo intorno.

Il modello d’industrializzazione diffusa è entrato in crisi da oltre un quindicennio, con l’incedere dapprima lento e poi impetuoso della globalizzazione della produzione e dei mercati. La grande crisi recessiva che ha preso avvio alla fine del 2008 si è sovrapposta e ha aggravato la crisi strutturale di competitività che la concorrenza su scala globale aveva in precedenza innescato, mettendo a dura prova la capacità di resistenza delle imprese friulane. I contraccolpi di questi processi sul piano della demografia aziendale e dei livelli occupazionali sono stati di notevole portata. Al contempo, ha preso avvio un mutamento profondo del «paesaggio» (non solo) industriale dell’area friulana e di altre parti del Paese, messo in atto da imprese resilienti come pure da imprese di nuova formazione. Con riguardo a queste componenti dinamiche dell’economia del Friuli ci si chiede allora se Udine riuscirà a svolgere un ruolo attivo o rimarrà nella sostanza ancora città-platea. Alcuni rivendicano per la città-capoluogo una supremazia gerarchica nei confronti del territorio tale da ri-concentrare qualsiasi tipo di funzione purché di rango elevato. Ma una tale prospettiva risulta semplicemente improbabile, mentre l’osservazione di ciò che è sicuramente cambiato in questo primo scorcio di secolo e alcuni segnali deboli fanno pensare a qualcosa di decisamente diverso. Proviamo a riassumerlo con riferimento a tre ambiti: la produzione di conoscenza, le risorse turistiche, gli eventi culturali.

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Udine come motore cognitivo dello sviluppo locale. Un sistema regionale dell’innovazione, come osservato nelle regioni europee più dotate di capacità innovativa, è formato da due sottosistemi che interagiscono tra loro: da un lato, le imprese di una regione con i loro clienti, fornitori, partner e concorrenti co-localizzati; dall’altro, le organizzazioni e le istituzioni di vario tipo che risultano impegnate-specializzate nella produzione e diffusione di conoscenze e competenze. I due insiemi di soggetti devono essere compresenti e interagire perché si possa parlare di sistema regionale dell’innovazione. Poiché le organizzazioni e istituzioni della conoscenza hanno una connotazione elettivamente, per quanto non esclusivamente, urbana, vediamo quale posizione occupa Udine sotto questo profilo.

Un attore la cui rilevanza è senza dubbio cresciuta nel tempo è l’Università di Udine, nata dopo il sisma del 1976 che oggi conta più di 15 mila studenti. L'Università funziona da interfaccia tra i circuiti globali in cui si producono e circolano conoscenze e l’ambiente locale. Filtra e rielabora queste conoscenze, le utilizza per produrne di nuove, le trasferisce in vari modi: la formazione del capitale umano, le relazioni inter-istituzionali, i progetti di ricerca, i servizi alle imprese, gli spin-offs accademici e (decisamente più numerose) le nuove imprese create da laureati, in genere dopo un periodo di esperienza professionale da dipendenti e spesso mantenendo qualche rapporto con docenti conosciuti durante gli studi universitari. Ma sono anche altre le istituzioni udinesi che svolgono un ruolo di knowledge gatekeeper: dal Parco scientifico e tecnologico Lino Danieli a scuole come l’ex Istituto tecnico industriale Arturo Malignani: sarebbe difficile comprendere fino in fondo lo sviluppo manifatturiero del Friuli senza considerare il ruolo di «fucina» di competenze tecniche svolto da questa scuola (un fattore che mitiga l’immagine di città-platea di cui si è detto). Infine, va ricordato il terziario innovativo, ossia le imprese che offrono servizi ad alta intensità di conoscenza. È una componente ben presente nella città di Udine, che ospita anche casi di eccellenza come GLP, uno tra gli studi più importanti in italia nel campo dell'assistenza brevettuale alle imprese.

Udine nella rete turistica regionale. Tralasciando il polo balneare di Lignano (capace di vita autonoma), tutto il resto della provincia è formato da una pluralità di luoghi di grande interesse per i segmenti del turismo culturale, dell’ecoturismo, del cicloturismo e del turismo enogastronomico: cittadine di grande pregio come Cividale del Friuli e Palmanova, luoghi ricchi di storia come Aquileia e Villa Manin a Passariano, aree di alto valore naturalistico come la laguna di Marano, l’area del fiume Stella o il Parco delle Dolomiti Friulane, i vigneti e ciò che li circonda nei Colli orientali, e ovviamente il patrimonio monumentale e artistico-culturale della città-capoluogo. Un insieme di eccellenze da mettere in rete: non perché oggi è di moda dire così, ma perché molte delle presenze turistiche che formano la domanda nei segmenti citati sono generate da persone interessate ad acquistare un «prodotto-vacanza» di durata media limitata che consenta loro di visitare e vivere esperienze positive in un insieme di luoghi tra loro vicini. Quello che cercano deve essere facile da individuare, accessibile dall’esterno ma anche al suo interno, reso comprensibile da una comunicazione adeguata prima dell’acquisto del prodotto e durante il suo consumo. Insomma, ciò che questi consumatori vogliono comprare è un prodotto-rete in cui ciò che rende attrattivi i nodi è messo in valore dalle relazioni che li collegano. In Friuli, di nodi potenzialmente attrattivi ce ne sono in gran numero, ma manca la rete. È in questo gap che gli osservatori e gli operatori più attenti pensano si dovrebbe inserire Udine. La città, infatti, non solo rappresenta una tessera importante del mosaico di offerta, ma potrebbe anche costituire un nodo strategico, nel senso di attivatore, della rete turistica del «suo» territorio.

Udine, città-vetrina o meta-contesto di esperienza? L’idea di Udine come città-vetrina delle eccellenze prodotte nel territorio emerge spesso nel dibattito sul futuro di questa città. Per l’agri-food Udine già svolge un tale ruolo con la presenza della manifestazione Friuli Doc. Va però detto che la città-vetrina è solo un passo in avanti rispetto alla città-platea. La direzione su cui si è mossa una certa imprenditorialità culturale della città è più impegnativa e consiste nel pensare a Udine come contesto di esperienza. Da ricordare, in particolare, la presenza a Udine di due festival culturali di grande qualità: il Far East Film Festival e Vicino/Lontano. Attraverso iniziative di questo tipo Udine e altre città italiane di non grande dimensione hanno cercato di modificare la propria immagine, associando alla bellezza del patrimonio monumentale e artistico la presenza nel contesto locale di una spiccata sensibilità e capacità di innovazione in campo culturale. Sempre nell’ottica dell’esperienza, i musei rappresentano luoghi con grandi potenzialità, che vengono valorizzate nel passaggio dal museo tradizionale (un insieme di vetrine) al museo relazionale, dove i visitatori-consumatori interagiscono, apprendono e provano emozioni, e su questa base assegnano valore al prodotto-esperienza che acquistano. Ma su questo i musei udinesi hanno ancora molta «polvere» da scrollarsi di dosso.

Quanto più Udine riuscirà a diventare nodo della rete turistica del Friuli e a venire percepita – da chi proviene dall’esterno e dai residenti – come luogo in cui immergersi in contesti di esperienza gratificanti, tanto maggiori saranno le possibilità del commercio cittadino, che vive nella fase attuale una profonda crisi in relazione soprattutto ai centri commerciali di nuova pianificazione nati per iniziativa della grande distribuzione organizzata all’intorno della città. Va precisato che gli imprenditori urbani di questo settore devono fare qualcosa di più perché i loro negozi riconquistino un più deciso appealing nei confronti dei consumatori, e devono collaborare di più tra loro e con altri attori per rendere maggiormente attrattivo il contesto urbano che li ospita.

 

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