Tutto scontato per il centrodestra francese? Alain Juppé viaggia verso un’agevole vittoria e si prepara già per la corsa all’Eliseo? E Sarkozy sta fallendo il suo ritorno sulla scena? E gli outsiders Fillon, Copé e Le Maire sono destinati a restare tali solo in teoria, senza grandi possibilità di incidere in questa primaria?

Gli ultimi sondaggi, e in particolare quello più autorevole realizzato dal Cevipof (Sciences Po) per «Le Monde», sembrano delineare un quadro di questo genere. Juppé ha ripreso quota e distanzia di 11 punti l’ex presidente Sarkozy (41% a 30%). Fillon e Le Maire si collocano tra l’11% e il 12%, dunque non così determinanti in vista del ballottaggio e gli altri (Copé, Poisson, Kosciusko-Morizet) si dividono le restanti briciole.

Una precisazione è d’obbligo. Se il sondaggio sulla contesa elettorale (nazionale o locale che sia) seppur spesso criticato ha una sua valenza, quello su un’elezione primaria va davvero maneggiato con grande cautela. E questo essenzialmente perché l’incognita maggiore resta la partecipazione. Sia in valore assoluto, cioè quanti saranno davvero gli elettori che si recheranno alle urne il 20 novembre per scegliere il candidato del centro e della destra. Sia in valore relativo, e cioè quanti tra questi saranno gli iscritti al partito, quanti i simpatizzanti, quanti i centristi e infine quanti gli elettori delusi dal Ps e da Hollande.

Tenuto conto dunque della cautela con la quale giudicare gli attuali sondaggi, non ci si può esimere dall’affermare che a tre settimane dal primo turno le notizie da commentare sono essenzialmente due. La prima riguarda il flop di Sarkozy e la seconda concerne la tenuta di Juppé.

Sarkozy sul finire di agosto e per tutto il mese di settembre era riuscito a creare una dinamica a lui favorevole. Come si spiega la costante «caduta libera» nel corso del mese di ottobre? L’impressione è che le ragioni dell’attuale impasse siano da cercare nella scelta dei temi e nel tono della sua campagna. Da una parte egli ha optato per riproporre un approccio identitario simile a quello della campagna elettorale per il voto presidenziale 2012. A questa insistenza sui temi della sicurezza, della lotta all’Islam radicale e della necessaria rivisitazione delle regole su immigrazione e libera circolazione in Europa ha poi aggiunto il discorso anti-elitario e di empatia nei confronti delle classi medio-basse in difficoltà per la crisi economica.

L’effetto sembra essere doppiamente negativo. Da una parte l’aumento dell’ansia quando il Paese sembra cercare sicurezza ma anche serenità da opporre alla tremenda ondata di attacchi terroristici dell’ultimo anno e mezzo. Dall’altra poca credibilità, legata agli anni trascorsi all’Eliseo senza incidere più di tanto sui temi della disoccupazione e del potere d’acquisto e scarsa coerenza, considerato il tenore di vita tutt’altro che morigerato e il profilo di uomo che ama il denaro, insomma poco credibile quando si rivolge agli abitanti delle banlieues e alla cosiddetta «France qui se lève tôt». A tutto ciò infine si è aggiunto il richiamo azzardato a referendum futuri su temi delicati, per non dire potenzialmente esplosivi, come l’abolizione del ricongiungimento famigliare per gli immigrati o l’obbligo di incarcerazione per i soggetti sospettati di legami con il terrorismo, i famosi casi indicati dalla «fiche S». L’impressione è quella di un Sarkozy che fatica a trovare una linea innovativa per la sua campagna e di conseguenza finisce per alzare i toni ed adottare una postura offensiva e aggressiva, potenzialmente ancor meno utile in un voto come quello delle primarie che rimane comunque interno ad uno spazio politico-ideologico almeno teoricamente omogeneo.

Juppé ha fatto scelte specularmente opposte rispetto a Sarkozy, convinto di alcune costanti. La prima è che le primarie 2016 si vinceranno al centro, sia catalizzando il voto della parte più moderata dei Républicains, sia ottenendo tutto il sostegno dei centristi (anche quelli di Bayrou) e dei delusi di Hollande. La seconda scommessa riguarda direttamente Sarkozy. L’elettorato di centro-destra nella sua maggioranza non desidera nuovamente un «agitatore» all’Eliseo, così come si era dimostrato Sarkozy nel periodo 2007-2012. Ecco l’immagine della France heureuse proposta da Juppé. Non una Francia imbelle e passiva, ma una Francia che vuole tornare ad essere un modello: economico, sociale e in termini di integrazione. E infine la scommessa forse più impegnativa: evitare la candidatura di Sarkozy per scongiurare il danno maggiore e cioè una nuova sfida Hollande-Sarkozy. Quest’ultima considerazione poggia in realtà su una profonda e attenta (ma si vedrà quanto pregnante) analisi dei trend elettorali passati e sull’ipotesi che sia in atto una complessiva ricomposizione del quadro politico, tale da mettere in discussione il tradizionale clivage destra-sinistra e, almeno in parte, la logica bipolare. Se la previsione dovesse rivelarsi corretta, Juppé si candiderebbe come uomo del rassemblement da opporre allo scontro destra-sinistra, rappresentato dalla coppia Hollande-Sarkozy e alla loro supposta inefficacia nel contrastare l’emergere del terzo polo frontista. In definitiva non solo la primaria si vincerebbe al centro, ma anche la competizione presidenziale si vincerebbe alla guida di un ampio aggregato centro-destra/centro-sinistra da contrapporre alla destra del Fn e a una sinistra dominata dall’ultra-gauche, con il Ps intento ad assorbire le ferite del post Hollande.

Basterà tutto ciò a Juppé per vincere la primaria? Probabilmente sì. Che tale lettura possa essere riproposta anche nella campagna per l’Eliseo qualche dubbio permane. A maggior ragione se dovesse decollare, nello spazio di centro-sinistra, la candidatura Macron… Ma tutto ciò si vedrà a partire dai primi giorni di dicembre. Ora c’è la primaria da vincere e per Sarkozy sarà necessario il cosiddetto mezzo miracolo, mentre per Juppé potrebbe bastare evitare il classico autogoal.