A oltre un mese dalle primarie milanesi, le polemiche tra i diversi elettorati di centrosinistra non si sono spente. Al contrario, si riaccendono ancor di più dopo i proclami da parte della formazione di sinistra, che non intende fare alcun genere di accordo con Giuseppe Sala, nemmeno in vista di un eventuale ballottaggio.

Cerchiamo di far luce su due degli aspetti che si rifletteranno presumibilmente anche in occasione delle prossime consultazioni cittadine. E lo facciamo avvalendoci delle risposte fornite dagli stessi elettori del 6 e 7 febbraio: si tratta di circa 3.000 interviste, raccolte dagli studenti della Facoltà di Scienze politiche economiche e sociali, che hanno perfettamente stimato il risultato finale della competizione e ben rappresentano quindi gli umori dei cosiddetti “selettori” (cioè gli elettori che partecipano alle primarie) milanesi.

Primo aspetto. Nelle primarie milanesi la domanda che si poneva il popolo di centrosinistra era: chi vogliamo diventi il nuovo sindaco di Milano? Per rispondere a questa domanda, occorre innanzitutto distinguere tra i cittadini e gli attivisti politici. I primi non si curano (molto) delle conseguenze delle loro scelte. Guardano le facce, sentono le parole, decidono chi piace di più e votano di conseguenza. Alle primarie milanesi del 2010 il candidato del Pd era Boeri, quello di Sel era Pisapia. La maggioranza dei votanti era ovviamente legata al Pd (ed era il partito di Bersani, non scordiamolo). Molti, fra studiosi e attivisti politici, ritenevano che una vittoria di Pisapia sarebbe stata esiziale per la competizione successiva, contro Letizia Moratti. Pisapia sta troppo a sinistra, può non farcela contro il sindaco uscente. Una moltitudine di osservatori si impegnava a sottolineare che le chance di Boeri sarebbero state infinitamente superiori.

Ciononostante, gli elettori di quelle primarie scelsero il candidato tendenzialmente più debole, contro il candidato del Pd. Perché lo fecero? Era un segnale diretto contro il Pd? Era la manifestazione che il popolo delle primarie era più a sinistra del Pd di Bersani? Probabilmente, e semplicemente, scelsero Pisapia, anche quelli che poi avrebbero votato Pd alle comunali, perché piaceva di più, dava maggior affidamento per il governo di Milano, era più simpatico, lo sentivano più vicino. Tutte queste ragioni insieme portarono alla scelta dell’avvocato contro l’architetto.

Gli elettori delle primarie votano uno o l’altro per simpatia, non per fare un dispetto o un favore al Renzi (o Bersani) di turno. E non si sentono né più di sinistra se votano Pisapia né più di destra se votano Sala. Semplicemente, Sala in questa occasione è piaciuto di più, come Pisapia era piaciuto di più nel 2010. I votanti delle primarie di allora sono, tra l’altro, quasi gli stessi di oggi. Oltre l’80% di chi è andato a votare il 6 e 7 febbraio a Milano era andato anche nelle precedenti primarie, votando in prevalenza Pisapia. Sala, secondo una buona fetta di “selettori”, è più adatto a guidare Milano, rispetto a Balzani o Majorino. Così come, cinque anni fa, Pisapia era considerato un miglior sindaco rispetto a Boeri o a Onida. La realtà è semplice: gli “agitatori” politici cercano di renderla più complessa, ma sono loro a essere confusi, non gli elettori.

Come nella “barzelletta” delle due sinistre, che continua a circolare in queste settimane: Balzani con Majorino, o viceversa, avrebbero fatto vincere la sinistra contro la destra di Sala e Renzi. In un sondaggio effettuato da Ipsos a poche ore dal voto, è stato chiesto ai votanti di Balzani chi avrebbero votato in assenza dell’attuale vice-sindaco. Risultato? Il 51% avrebbe scelto Sala, il 37% Majorino, gli altri incerti. Tra i votanti di Majorino, la situazione è paragonabile perfino ai modelli di equidistanza della scelta razionale: un terzo per ogni possibile scelta. Ecco: il “selettore” ragiona così. Non ha in mente dimensioni precostituite. Sebbene più attento alla politica, preferisce il voto per chi gli piace di più. Figuriamoci allora l’elettore generico milanese. Dimenticherà più facilmente ancora gli schieramenti e le appartenenze così care a studiosi e attivisti politici.

Secondo aspetto. Quale logica di voto hanno adottato i cittadini che si sono recati alle urne? Come sempre avviene in occasione delle primarie, la logica prevalente è quella del voto sincero, cioè la scelta del candidato che, sulla base di una forma di identificazione, si ritiene più vicino ai propri valori. Come già nelle precedenti occasioni, il voto sincero è ancora la motivazione principale della scelta del candidato votato (per circa il 40% dei selettori). La decisione di voto “sincero” è quella del 57% di chi ha votato Balzani, del 24% degli elettori di Sala e del 79% degli elettori di Majorino. Laddove quest’ultimo dato conferma l’elevata congruenza (ideologica ma non solo) esistente fra Majorino e chi lo ha votato alle primarie.

La seconda motivazione nelle scelte dei selettori è quella del voto utile (32%), rispetto al quale la preferenza viene indirizzata verso il candidato che si ritiene possa essere più efficace per il futuro della città. Una logica presente in larga maggioranza fra coloro che hanno votato Sala (il 61%), ma parecchio diffusa anche fra i selettori di Balzani (38%), mentre fra quelli di Majorino soltanto il 19% risponde a questa logica, che del resto risulta assai poco conciliabile con l’idea di un elettorato che è mosso da un forte riconoscimento valoriale con il proprio candidato.

Il panorama complessivo del voto può dunque ricondursi soprattutto a queste due logiche: il voto sincero e il voto utile, laddove il primo esprime la personale vicinanza ideologica e valoriale dell’elettore al candidato che ha deciso di votare, mentre il secondo starebbe a significare una valutazione più distaccata e impersonale delle capacità che l’elettore riconosce al candidato rispetto alla guida della città. Nei manuali si fa spesso riferimento a un terzo tipo di voto, quello strategico, cioè la preferenza a favore del candidato che l’elettore ritiene abbia maggiori possibilità di vittoria alle elezioni secondarie, cioè – in questo caso – alle elezioni comunali. Alla prova dei fatti, questa logica non sembra rivestire grande importanza: un tipo di motivazione che non ha avuto una presa significativa su coloro che hanno partecipato alle primarie milanesi.

E alle elezioni comunali, quale sarà l’approccio dei cittadini che si recheranno alle urne? Con le analisi uscite dai sondaggi effettuati ai seggi campione, c’è da aspettarsi che anche le logiche degli elettori “normali” siano solo parzialmente legate alla dimensione politico-ideologica. Ci saranno molti che ubbidiranno al cuore, al voto che rispecchia i propri ideali (e saranno soprattutto quelli di sinistra e di destra), ma in particolare penseranno all’area politica di appartenenza. Anche se la fedeltà è diventata più leggera, oltrepassare la barricata, andando nell’altro schieramento, non è ancora così facile. E poi si penserà al domani della città, e si cercherà nei volti dei candidati, nei loro programmi, nelle loro squadre, chi potrà meglio assolvere al duro compito di traghettare la Milano di oggi verso la futura città metropolitana.